Città del Vaticano – Nella Basilica Vaticana, questo pomeriggio, Papa Leone XIV ha presieduto la Celebrazione Eucaristica con il Rito di Ordinazione Episcopale di S.E.R. Mons. Mirosław Stanisław Wachowski, Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare e Nunzio Apostolico in Iraq.
Una cerimonia solenne, densa di significato ecclesiale e diplomatico, durante la quale il Pontefice ha delineato, con parole di intensa spiritualità e chiarezza teologica, la fisionomia del vescovo secondo il cuore di Cristo: un uomo di preghiera e di umiltà, pastore che non possiede, ma custodisce; che non domina, ma serve.
Un diplomatico a servizio del Papa
Mons. Mirosław Stanisław Wachowski, nato a Pisz (Polonia) l’8 maggio 1970, è stato ordinato sacerdote nel 1996 per la diocesi di Ełk. Laureato in Diritto Canonico, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 2004, prestando opera presso le rappresentanze pontificie in Senegal, alla Missione Permanente di Vienna (presso l’A.I.E.A., l’O.S.C.E. e le Nazioni Unite), in Polonia e successivamente nella Segreteria di Stato. Il 18 settembre 2025, Papa Leone XIV lo ha nominato Nunzio Apostolico in Iraq, elevandolo alla dignità arcivescovile. Fino ad allora, Mons. Wachowski aveva ricoperto il ruolo di Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali. Parla correntemente italiano, inglese, francese, spagnolo e russo.
L’omelia di Leone XIV: il vescovo come uomo di umiltà e di comunione
Nel corso dell’omelia, Papa Leone XIV ha tracciato con chiarezza la sua visione del ministero episcopale, presentandolo come servizio radicato nell’umiltà e nella preghiera. Il Pontefice ha commentato il Vangelo del fariseo e del pubblicano, spiegando che “il primo dovere di un vescovo è essere uomo umile, servo e non padrone, pastore e non proprietario del gregge”. L’immagine evangelica diventa così chiave di lettura per l’intera missione episcopale: il vescovo non si misura per ciò che realizza, ma per quanto si lascia trasformare dalla grazia. Rivolgendosi direttamente al neo-arcivescovo, Leone XIV ha ricordato le sue radici polacche - “terra di laghi e foreste, dove il silenzio è maestro” - sottolineando come proprio da quella terra Wachowski abbia imparato “la sobrietà, la forza, la fedeltà al lavoro e alla speranza”. Queste qualità, ha detto il Papa, devono ora divenire tratti distintivi del suo ministero: “Il vescovo è chiamato a seminare con pazienza, a coltivare con rispetto, ad attendere con speranza. È custode, non proprietario; uomo di preghiera, non di possesso”.
Il Nunzio come volto della Chiesa che accompagna
Leone XIV ha poi riflettuto sul ruolo del Nunzio Apostolico, citando san Paolo VI: il rappresentante pontificio è segno della sollecitudine del Successore di Pietro per tutte le Chiese. Non è, ha spiegato, “un diplomatico qualunque, ma il volto di una Chiesa che accompagna, consola e costruisce ponti”. In un contesto complesso come quello dell’Iraq, il Papa ha affidato a Mons. Wachowski la missione di essere “padre, pastore e testimone della speranza in una terra segnata dal dolore e dal desiderio di rinascita”, ricordando la ricchezza delle tradizioni cristiane locali: caldea, siro-cattolica, armena, greco-cattolica e latina.
Infine, Leone XIV ha invocato su di lui la protezione di Maria Regina della Pace e dei santi Tommaso, Addai e Mari, testimoni della fede in Mesopotamia: “Sii sempre uomo di comunione e di silenzio, di ascolto e di dialogo. Il popolo ti riconoscerà non per ciò che dirai, ma per come amerai.”
Il caso Campisi: un’ordinazione negata
Secondo quanto viene riferito in Terza Loggia inizialmente si era valutata la possibilità che anche Mons. Roberto Campisi, Sotto-Segretario della Sezione per i Rapporti con gli Stati, potesse ricevere l’ordinazione episcopale in questa stessa circostanza. Campisi - che aveva espresso questo desiderio per non lasciare la Segreteria di Stato privo di zucchetto - non ha però ottenuto il risultato sperato. Il Santo Padre ha deciso di nominarlo Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’U.N.E.S.C.O., con l’incarico di seguire anche le Organizzazioni Internazionali Cattoliche, ma senza la dignità episcopale.
Una decisione che appare come una punizione al metodo di lavoro che il sacerdote siciliano aveva contribuito a instaurare all’interno della Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato durante il pontificato di Francesco.
Le parole conclusive dell’omelia del Papa racchiudono l’intera visione ecclesiale: “Che la gloria di Dio illumini il tuo cammino e che la pace di Cristo abiti dove tu porrai il tuo passo. Gloria Deo, Pax Hominibus.” In questa benedizione si delinea il modello di vescovo che Leone XIV desidera per la Chiesa: un uomo che non alza la voce ma prega, che non conquista ma accompagna, che non impone ma ama.
d.I.A.
Silere non possum