The Pope received priests and seminarians living in Rome. Silere non possum reflects on some worrying issues.

🇬🇧 Pope Francis speaks to seminarians and priests. Shocking speech.

L’incontro che il Papa ha avuto con un gruppo di seminaristi e presbiteri ci offre l’occasione per riflettere su alcune tematiche molto importanti per la vita della Chiesa oggi. Non possiamo nascondere tutta la preoccupazione che ci ha pervaso ascoltando alcune risposte, motivo per cui speravamo non fossero pubblicate. 

Papa Francesco, ricevendo alcuni sacerdoti e giovani in formazione ha risposto ad alcune domande che riguardano in particolare la vita presbiterale e seminariale. All’incontro era presente anche S.E.R. il Sig. Cardinale Lazarus You Heung-sik, Prefetto del Dicastero per il Clero. Come abbiamo sottolineato in altre occasioni, il Dicastero purtroppo non ha ancora il Segretario per i seminari, figura di rilevante importanza.

La direzione spirituale

Il primo tema affrontato da don Dominique è stato quello della direzione spirituale. Il giovane presbitero chiede consigli al Pontefice per la direzione spirituale, dice: “è difficile per i sacerdoti cercare una direzione spirituale da parte di altri confratelli. Come consiglierebbe ai presbiteri, soprattutto a quelli giovani, di cercare questo aiuto spirituale per la loro formazione?”

Francesco non ci pensa due volte e dice: “La direzione spirituale non è un carisma clericale, è un carisma battesimale. I preti che fanno direzione spirituale hanno il carisma non perché preti, ma perché laici, perché battezzati”. Il Papa, quindi, equipara i laici con i battezzati. Il che è già abbastanza grave. Poi dimentica completamente coloro che per natura sono chiamati ad essere Padri dello spirito: i monaci. 

Ora, tralasciando il fatto che non è assolutamente sostenibile che la direzione spirituale possa essere fatta da un laico e da un presbitero allo stesso modo, qui c’è in gioco la natura stessa della guida e dell’accompagnamento spirituale. I grandi padri del deserto, i monaci, sono coloro che hanno sempre guidato le anime proprio a motivo della loro vicinanza a Dio. Sulla base di questo presupposto allora si può sostenere che non è indispensabile il sacramento dell’ordine per poter accompagnare spiritualmente una persona. Se il monaco o la monaca sono giorno e notte a contatto con Dio, ogni giorno ne fanno reale esperienza; allora possono certamente guidare spiritualmente un fedele, a maggior ragione un presbitero. Oggi si è dimenticato proprio questo: l’importanza dei monasteri come luoghi di ristoro per l’anima. Il fatto che il Papa non dica ad un presbitero che il luogo dove potrà trovare una guida spirituale saggia è il monastero, questo è preoccupante.

Nella risposta di Francesco però emergono altre problematiche che sono davvero allarmanti. Pensiamo al fatto che il Papa equipara il direttore spirituale all’amico. La guida spirituale non può essere un amico, non si può fare l’errore che oggi spesso si compie: genitori/amici, insegnanti/fratelli e così via. Dirigere, non significa come fa intendere il Papa, un qualcosa di autoritario ma significa avere responsabilità di quell’anima. Mostrare la via. Questo compito, più che mai, viene svolto dai monaci, saggi che hanno esperienza reale dell’amicitia christi. Il sacerdote secolare deve approfittare di questo dono immenso che la Chiesa ha ricevuto da Dio Padre, attingere al monastero per poter “ricaricare le batterie”.

Il servizio pastorale

Al Papa viene rivolta una domanda sul servizio pastorale, quella espressione tanto cara a Francesco, viene ripresa da un seminarista: “In questo tempo di preparazione a Roma, come possiamo vivere il nostro ministero senza perdere quell’ “odore delle pecore” proprio del nostro ministero sacerdotale?”.

Il Papa risponde: “Per questo credo che sia importante – direi necessario, anzi, obbligatorio – che ognuno di voi abbia un’esperienza pastorale settimanale, almeno. In una parrocchia, in una casa di ragazzi o ragazze, o di anziani, qualunque sia, ma il contatto con il popolo di Dio. Mi raccomando. E dico ai Prefetti: vedete se c’è qualcuno che non lo fa..”

Il Papa ancora una volta confonde le strutture gerarchiche, ecclesiali perchè offuscato dal pregiudizio.  Ogni presbitero è incardinato nella propria diocesi e come tale ha un ordinario. Il servizio che compie nella Curia Romana è limitato a quel compito. Fine. Non spetta al prefetto valutare l’attività pastorale del presbitero.

Ma facciamo una riflessione ulteriore: quanti sono i preti che non fanno attività pastorale? Ben pochi. Quasi nessuno. Tutti hanno una rettoria, una parrocchia, un monastero o una chiesa dove vanno a celebrare l’Eucarestia, dove confessano e poi hanno ovviamente una serie di fedeli che gli gravitano attorno, per amicizia e i rapporti spirituali, appunto, anche di direzione spirituale.

Perchè il Papa non parla della bellezza del presbiterato? Perchè non incoraggia questi giovani nel ministero, piuttosto che bacchettarli in continuazione? Perchè Francesco non offre esempi positivi di vita sacerdotale?

La formazione presbiterale

Il Papa continua e risponde ad una domanda sulla formazione nei seminari. È incredibile come Francesco non affronti i reali problemi della formazione presbiterale: affettività, spiritualità e pastorale.

Si torna a parlare dei numeri. Ci sono alcune diocesi che non hanno neppure un seminarista e il Papa parla di “seminario con un numero – 25, 30 – un numero moderato”. La questione dei seminari, delle strutture, è un problema molto serio. I seminari interregionali, interdiocesani e regionali hanno dimostrato che non sono assolutamente utili.

La Chiesa oggi deve fare i conti con diverse problematiche. Il prete deve formarsi nella diocesi in cui andrà a svolgere il suo ministero, di questo spesso si è dimenticato di parlare. La presenza in diocesi permette ai seminaristi di entrare nel presbiterio e iniziare a conoscere quella realtà destinata ad accoglierli. Senza dimenticare che il ritorno in diocesi solo il sabato e la domenica non è sufficiente e rischia di creare sacerdoti che non conoscono la realtà pastorale in cui dovranno poi vivere. Se si creano seminari regionali, poi, i numeri per fortuna non sono 25-30, o non dovrebbero essere, e così si rischia di perdere il rapporto con il formatore. Poi vi sono tutte una serie di problematiche che riguardano i campanilismi ecc, di cui qui non parleremo qui.

Guardare ai numeri è importante, poi, per comprendere come sicuramente qualcosa non sta funzionando. La Chiesa non è una azienda, per fortuna potremmo dire, altrimenti ci vorrebbe il curatore fallimentare. Bisogna necessariamente fare i conti anche con i numeri. I seminaristi, oggi, sono un numero troppo basso rispetto alle parrocchie e alle anime da curare. La soluzione non è quella di affidare i medesimi compiti ai laici, ma è necessario fare un esame di coscienza. Non si tratta neppure di discutere sul cambiamento della società perché questo non farebbe altro che confermare quanto, oggi, la Chiesa non sia all’altezza del suo compito. 

Per quale motivo ci sono alcune realtà rigogliose? Cosa le distingue dalle altre? Girando, girando si torna sempre al solito problema: la serietà di vita e la carenza di una di una offerta formativa seria, radicale. 

Preti per acclamazione? 

Questa mancanza di serietà nella formazione emerge dalle parole stesse del Papa, il quale ammette di essersi affidato ad una laica per valutare se ordinare diacono un giovane candidato al sacerdozio oppure no. Ora, è evidente che qualcosa non funziona. Guardiamo a cosa ha detto il Papa: «Ricordo un caso, un bravo ragazzo, intelligente, che doveva essere ordinato diacono, questo lo ricordo bene. Una donna della parrocchia mi disse: “Io lo farei aspettare un po’ perché è bravo, ha tutte le qualità, ma c’è qualcosa che non mi convince”. Basta. E un fratello coadiutore mi ha detto: “Padre, lo faccia aspettare un anno, non gli farà male”. Gli altri, a tutto incenso. Ho seguito quella strada, e dopo quattro mesi se n’è andato di sua volontà: era scoppiata una crisi».

Alcune domande: in primo luogo, né laici né chierici potranno mai avere il dono della preveggenza e comprendere che qualcuno potrà entrare in una crisi. In secondo luogo, le crisi non sono motivi per interrompere il cammino verso il sacerdozio, le crisi si affrontano. Terzo, come è possibile che il formatore non riesca a fare qualcosa per cui sarebbe più competente una persona laica esterna alla comunità educante? Forse si è scelto male il formatore? 

PsicoloGHE nei seminari

Bisogna soffermarsi sulla questione dei laici nella formazione sacerdotale. Questa tematica è emersa anche recentemente all’interno della struttura della Conferenza Episcopale Italiana che sta lavorando alla stesura della nuova Ratio Fundamentalis. Non è una novità che vi siano dei formatori che scelgono di utilizzare coppie di sposi o donne laiche nel cammino seminariale.

Queste scelte, oltre ad essere stucchevoli, non hanno alcun senso. Si è parlato dell’inserimento di una psicologa (necessariamente donna) all’interno del seminario. Ora ci domandiamo una cosa: a che pro? Abbiamo già parlato del problema degli psicologi nei seminari e a queste problematiche nessuno guarda perché chiaramente non fanno notizia. Oggi l’intento non è quello di promuovere la vita sacerdotale ma demonizzarla.

Nei seminari e nelle strutture di formazione religiose gli psicologi vengono utilizzati solo e soltanto per individuare gli omosessuali. Su questo tema Silere non possum ha interpellato anche l’Ordine degli Psicologi della Repubblica Italiana ed ha inviato comunicazione a tutti gli ordini regionali evidenziando che “qualora si evidenziasse una partecipazione di qualche professionista ad attività di questo genere, si procederà ad avviare i procedimenti disciplinari del caso ed anche ad accertare i profili penalistici”. Diversi ordini hanno mostrato collaborazione affermando che questo sarebbe una violazione dei doveri deontologici. Per questo motivo invitiamo tutti i seminaristi, o presbiteri, che si trovassero in questa situazione a segnalarcelo. Assicuriamo, come sempre, la tutela dell’anonimato. 

Fatta questa premessa, per quale motivo la psicologa deve essere donna? Vi sono due questioni che non tornano e fanno sorgere dubbi sulle buone intenzioni di alcuni giornalisti (peraltro, sempre il solito soggetto piazzato da Padre Antonio Spadaro). In primo luogo, ci vorrebbe una professionista necessariamente donna perché nei seminari ci sarebbe bisogno di una figura femminile? Una figura materna? No, perché questi sono i medesimi giornalisti che sostengono non essere necessarie figure di sesso femminile per avere figure materne nelle famiglie. Cosa, peraltro, che noi crediamo fermamente, ma è evidente che questi soggetti sbandierano certi temi solo perché portano like al momento e non lo credono effettivamente. Se così fosse, se si tratta di mancanza di figure femminili, dovremmo ipotizzare che nelle case formative manchino figure maschili. Allora perché non proporre lo psicologo uomo nella comunità formativa femminile? Qual è la differenza? Seconda questio: la professionalità si definisce dal sesso? Una donna è più brava di un uomo? L’uomo non può dare ciò che dà la donna? Qui siamo completamente fuori di testa e se nella Ratio verranno inserite norme del genere sarebbe il momento che tutti prendessero i propri bagagli e se ne andassero. L’intento, peraltro, sembra essere proprio questo.

Coppie di sposi in seminario

Fra gli altri, ci sono anche alcuni formatori che, già oggi, portano le coppie di uomini e donne sposati, perché, sostengono, "loro possono dare testimonianza sulle realtà che il prete affronterà in parrocchia e possono fornire un giudizio sulla vocazione". Questi sono i soliti formatori che agiscono sulle ideologie che si sono ripetuti per anni come mantra all’interno della loro stanza di seminario quando fuori si celebrava il Concilio. Il Concilio non ha mai detto nulla su queste cose, ma loro ancora ne sono convinti. Oggi, un prete che va in parrocchia quante coppie sposate si ritrova? 5 o 6? Se va bene. 

Una coppia di sposi cosa può dire sul seminarista? Se potrà diventare prete? Hanno particolare discernimento sull'argomento? Vivono la vita presbiterale? Avete mai visto un prete andare in una famiglia e dire: "No, tu non puoi sposarti con questa; sposati piuttosto con quell'altra" oppure "il matrimonio no, vattene in monastero"? 

Una chiesa cieca che cammina a tentoni

L’immagine della Chiesa oggi è quella di un uomo bendato che gira a zonzo cercando di individuare la propria meta. I laici vogliono fare i chierici e i chierici vogliono imitare i laici. Il risultato è il caos più assoluto. La formazione presbiterale non può dipendere dal consenso di una laica che riferisce al vescovo o rettore che sia, che a lei quel ragazzo piace o non piace. La gente deve imparare a tornare all’essenza e vedere nel sacerdote un alter Christus, non il loro aforismario di riferimento. Uomo con tutte le sue debolezze, come tutti. Il giudizio dei formatori non si può basare sulla percentuale di apprezzamento del popolo. Non siamo a Tu si che vales. Il Signore può chiamare al sacerdote persone differenti: timidi, estroversi; grandi predicatori, uomini di preghiera. Se un soggetto è più timido, non significa che ha un problema e non può essere sacerdote. Significa che il suo ministero sarà differente dal candidato estroverso. Non si può continuare a fare l’errore dei seminari lombardi: sei bravo in oratorio? No. Allora, ciao. La Chiesa non è una organizzazione sociale di intrattenimento. L’oratorio lo possono fare benissimo i laici, appunto.

Il Papa e il pallino del sesso

Un seminarista domanda: “Santo Padre, l’odierna generazione di sacerdoti e seminaristi è immersa nel mondo digitale e dei social media. Come possiamo imparare a usare questi strumenti come opportunità per condividere la gioia di essere cristiani, senza dimenticare la nostra identità o essere troppo esposti e arroganti?

Il giovane in formazione chiede al Papa come utilizzare positivamente gli strumenti social del momento. Il Papa risponde dicendo: “E su questo c’è anche un’altra cosa, che voi conoscete bene: la pornografia digitale. Lo dico a chiare lettere. Non dirò: “Alzi la mano chi ha avuto almeno un’esperienza di questo”, non lo dirò. Ma ognuno di voi pensi se ha avuto l’esperienza o ha avuto la tentazione della pornografia nel digitale. È un vizio che ha tanta gente, tanti laici, tante laiche, e anche sacerdoti e suore. Il diavolo entra da lì”. 

Ora, non sappiamo il Papa quali esperienze abbia avuto ma dire a dei chierici che “conoscono bene” la pornografia digitale è abbastanza grave. Per quale motivo dovrebbero conoscere bene la pornografia? La psicologa di Jorge Bergoglio chissà cosa direbbe, certamente alcuni professionisti che abbiamo contattato parlano di “proiezione”. Qual è il filo logico che porta a parlare di pornografia quando la domanda è “come usare gli strumenti social?”

Questo ci porta a fare una riflessione. Francesco, come tutti i gesuiti, ha il pallino del sesso. Per questo motivo Silere non possum inorridisce sempre quando alcuni giornalisti vogliono ricamare un abito che su Bergoglio non sta. Papa Francesco non potrà mai essere colui che “apre” su argomenti che riguardano la morale. Il motivo è uno solo: è gesuita. I gesuiti sono famosi nella storia della Chiesa, argomento che i giornalisti non conoscono neppure col binocolo, per essere “bacchettoni” e fissati sulle questioni della morale. Questo momento, in cui il Papa parla a braccio, ne è la dimostrazione. Immaginate se questa domanda fosse stata formulata a Giovanni Paolo II o a Benedetto XVI. Probabilmente non avrebbero neppure lontanamente pensato alla pornografia, la quale , peraltro, sui social media è quasi sempre censurata.

Senza dimenticare che il Papa ha comunque perso l'occasione per sottolineare come il problema della pornografia si colleghi ad un problema molto ampio nella questione dell'affettività anche del presbitero: l'egoismo. Il rischio è cercare, poi, solo relazioni volte a soddisfare il proprio ego, a darci piacere. Su questo il Papa avrebbe potuto riflettere.

I gesti del Papa

Un altro seminarista si concentra sui gesti compiuti dal Papa. Ancora una volta si confonde quello che è il carattere e la personalità dell’essere umano e quella che è la missione del Papa. I gesti di cui parla Francesco, e in effetti lui lo evidenzia, sono cose spontanee che vengono dal cuore. Appartengono quindi alla sfera della personalità, non si possono imporre. Altrimenti si rischia di essere finti, cosa che oggi molti si sforzano di fare, appunto, per piacere al Papa o al superiore di turno.

Sottolineare l’importanza dei gesti è emblematico in una società che, appunto, punta molto su ciò che appare. Eppure, quella altissima forma di evangelizzazione che è la liturgia, oggi è completamente lasciata al caso e vilipesa. La bellezza della celebrazione eucaristica, la bellezza di tutti i gesti che la tradizione ci ha tramandato, vengono quotidianamente derisi. È chiaro, quindi, che si rischia di essere contraddittori e portare avanti una retorica che ha nauseato i giovani. Proprio guardando alla liturgia e alla serietà della vita vissuta per Cristo, il Papa avrebbe presto risposto all’altra domanda di un giovane seminarista: “Come noi giovani seminaristi possiamo uscire dal nostro “comodismo” per evangelizzare gli altri giovani?”.

Solo in questo modo. Serietà nella vita, credere in ciò che si fa. La testimonianza è tutto. Non è poi chiaro cosa sia questo “comodismo” di cui spesso si parla. La vita del sacerdote diocesano, oggi, non è per nulla comoda. Si trova ad affrontare una ingente quantità di attività e in differenti parrocchie. Anzi, il rischio non è affatto il comodismo ma piuttosto l’abbandono della preghiera. Le pratiche di pietà. Quanti presbiteri oggi devono trascurare il breviario perché hanno mille attività? Allora bisogna essere chiari: questi sono i problemi di oggi. Vogliamo un prete che è un operatore sociale oppure un altro Cristo, qualcuno che amministra i sacramenti e si offre per noi? La prima può essere una cosa utile che può fare anche il laico, la seconda no. La confusione regna sovrana e in gioco ci sono questioni fondamentali della fede. In gioco c’è l’identità del presbitero stesso. 

Il carrierismo

Francesco poi parla del carrierismo, altra questione che gli sta molto a cuore. C’è un’altra cosa che accompagna questa comodità, è la dimensione “arrampicatrice”, i sacerdoti arrampicatori, che fanno carriera. Credo che si vedano… In curia no, in curia non succede! Ma da altre parti succede… Quando stai per fare un cambiamento, lì arrivano, dai, dai, dai… l’arrampicatore. Per favore fermatevi, fermatevi” ha detto il Papa.

Ottima teoria, nella pratica ci sono ancora delle lacune. Queste parole sembrano l’identikit di un prete che Francesco si è portato in Vaticano solo perché i suoi libri gli sono piaciuti e il sacerdote gli è stato presentato da un amico di vecchia data. Entrando e uscendo dai diversi seminari è giunto a L’Aquila dove il buon Molinari gli mise le mani in testa. Negli ultimi anni aveva iniziato a trafficare attorno al Preseminario San Pio X, finendo anche in una lotta di potere interna, e alla fine Francesco gli ha dato il contentino. Il Papa, quindi, critica tanto i “carrieristi” ma alla fine sono quelli che lui premia.

E a proposito di questi soggetti, Francesco parla dei candidati all’episcopato: “Anzi, quando vengono le informazioni per i vescovi, subito le informazioni dei compagni: questo è un arrampicatore, questo sta cercando il posto… State attenti, cioè la comodità e l’arrampicamento, far carriera”.  Il problema delle molte facciate che il Papa ha preso negli ultimi anni è proprio questo, Francesco si affida a chiunque e si "innamora" a tempo. Vede un prete che fa due pensieri spirituali interessanti? “Lo faccio vescovo”. Poi arriva il Prefetto dei Vescovi con un dossier alto 20 cm e dice “forse non è il caso Santità!”. Passa qualche mese e coloro che gravitavano attorno a Santa Marta vengono spediti all'altro capo del mondo. Se sei amico di Papa Francesco tutto cambia. Il vescovo argentino gli dice che non ha molestato i seminaristi? “Vieni qui in Vaticano che ti creo un ufficio per te, dai”. Questo è il clima che c'è qui in Vaticano oggi.

Parlando con i seminaristi e i preti, Francesco conferma che se un loro confratello parla male di loro, lui si affida a quello. Il Papa ha cacciato una serie di persone sulla base di lettere anonime e senza mai verificarne la veridicità. Siamo a questi livelli. Però allo stesso tempo dice: “Sì, tutti con un grande sorriso, ma poi se ne vanno e in piccoli gruppetti si spellano l’un l’altro.

Ci siamo mai chiesti perché i preti sparlano? Perché probabilmente hanno chi li ascolta? Se i vescovi non dessero retta alle calunnie, i preti starebbero zitti. Se il Papa non desse retta alle insinuazioni, i “compagni” non parlerebbero. Anche questa è una delle dimostrazioni che se qualcuno è chiamato al discernimento per vocazione, un motivo ci sarà. Non è proprio il caso di affidarsi alla massaia di turno.

Alcune considerazioni

Questi interventi del Papa a braccio sono emblematici. Da un lato ci offrono la figura di Francesco pura, come realmente è; dall’altra non fanno altro che preoccupare. Oggi è evidente che i problemi nella Chiesa non sono l'altezza dei candelieri o quanti ricami ha un rocchetto, ci sono questioni che sono realmente allarmanti e non si può continuare a giocare su tematiche come la potestà e la grazia come piace fare a qualcuno. In gioco c'è tutto. Nonostante c’è chi pensa a come attirare i giovani, quando in realtà questi sono schifati da frati e suore che vanno nelle piazze a ballare il rock e si rendono ridicoli ai loro occhi. Uomini e donne che abbandonano il loro abito per confondersi con gli adolescenti che, invece, sono alla ricerca di figure forti da imitare e da cui ottenere risposte.

 Non ci resta che confidare nel Signore.

L.M.

Silere non possum