“Il vero omosessuale, l’omosessuale DOC, è quello affamato di sesso”, “l’omosessualità può essere curata”. – Amedeo Cencini, sacerdote canossiano, psicologo, formatore

Ci sono parole che non si possono ignorare. Non quando sono pronunciate da chi forma, orienta, giudica e talvolta stronca la vocazione di giovani in cammino verso il sacerdozio.

O, peggio ancora, cerca di manipolare sacerdoti già ordinati, imponendo l’idea che l’unico modo per essere “preti a posto” sia obbedire ciecamente a ciò che lui dice. Non quando si trasformano in stigmi, pregiudizi e diagnosi arbitrarie. Non quando a pronunciarle sono uomini che godono della protezione di un ordine professionale, che li difende persino quando vengono segnalati per la gravità delle affermazioni pronunciate in un’aula universitaria.

Nelle scorse ore Amedeo Cencini ha avuto anche il coraggio di commentare la morte di un giovane prete italiano parlando di speranza e fede e affermando che quello sarebbe il problema. In sostanza, se il prete è in crisi è colpa sua: non è capace di trasformare la crisi in crescita, non ha fede e non è capace di sperare. Non si può più tacere. La morte di tanti giovani sacerdoti non è solo una tragedia personale, è il frutto amaro di una narrazione distorta, promossa – con ostinazione – da uomini che avrebbero dovuto prendersi cura, e invece hanno giudicato, semplificato, schiacciato. E ciò che più ferisce è che proprio loro, invece di tacere e farsi da parte, trovano ancora il coraggio – o l’arroganza – di parlare, perfino davanti alla morte. Quando dovrebbero solo scomparire nel silenzio, se non per chiedere perdono.

Amedeo Cencini è stato per decenni il riferimento della cosiddetta “formazione permanente” del clero,influenzando – spesso senza alcun vero controllo – l’approccio adottato da diocesi, ordini religiosi, case di accoglienza e seminari. È lui ad aver promosso una certa idea di affettività nella Chiesa e i risultati sono evidenti. E, da buon codardo qual è, quando è stato chiamato a rispondere delle sue affermazioni davanti all’Ordine degli Psicologi del Veneto, si è giustificato dicendo: “Ho solo detto ciò che dice la Chiesa”. Peccato che molte delle cose che “dice la Chiesa” siano basate proprio su quello che ha scritto lui. E questo dovrebbe farci riflettere su quali siano state, in realtà, le “grandi fonti” usate dalla Chiesa cattolica per trattare temi come sessualità e affettività.

Ma non è finita qui. Perché certe affermazioni che Cencini continua a fare non compaiono neppure nel Catechismo o nei documenti ufficiali della Chiesa: “sono state tagliate, censurate”. Lo dice lui stesso in una lezione rivolta agli studenti, ancora disponibile online. Del resto, dice Cencini, “oggi c’è molta ignoranza e purtroppo queste cose non le segue nessuno”. Chissà perché. Tuttavia, l'Ordine degli Psicologi del Veneto, anziché analizzare in modo approfondito le dichiarazioni e gli scritti, ha concentrato i propri sforzi nel proteggere il proprio iscritto che gode di “potenti protettori”.




Le terapie di conversione

Mentre in molti Paesi le terapie di conversione sono vietate per legge, riconosciute come forme di abuso e manipolazione prive di ogni fondamento scientifico, in Italia l’Ordine degli Psicologi continua a proteggere chi le promuove pubblicamente, ignorando le segnalazioni e le evidenze del danno prodotto.

Questo vuoto normativo ha favorito, soprattutto in ambienti ecclesiastici e para-clinici, la sopravvivenza di pratiche camuffate da percorsi di accompagnamento spirituale o vocazionale, che in realtà mirano a “correggere” l’orientamento sessuale, presentato come patologia o ferita da guarire. Spesso imposte a seminaristi e giovani consacrati, queste esperienze si svolgono in seminari, comunità religiose, comunità laicali (Nuovi Orizzonti), studi privati o realtà legate alla Chiesa Cattolica. La loro diffusione è sostenuta da un’ambiguità istituzionale e dal silenzio complice di ordini professionali che, pur a conoscenza delle derive di certi operatori, tollerano violazioni gravi della deontologia. Le conseguenze non sono solo teoriche: molte vittime raccontano anni di colpevolizzazione, isolamento e crisi psicologiche profonde, fino a pensieri suicidari.

Diversi Stati hanno invece scelto la via della tutela giuridica. Malta, nel 2016, è stato il primo Paese al mondo a vietare completamente queste pratiche, anche per gli adulti. In Germania, una legge del 2020 ne proibisce l’applicazione sui minori, con pene fino a un anno di carcere. Francia e Canada hanno introdotto norme ancora più severe: nel primo caso, fino a due anni di reclusione e 30.000 euro di multa; nel secondo, reato federale con pene che arrivano a cinque anni di carcere, anche solo per la promozione. In Spagna, varie comunità autonome – tra cui Madrid, Valencia e Andalusia – hanno già legiferato, mentre una norma nazionale è in discussione. Negli Stati Uniti, oltre venti Stati – tra cui California, New York, Illinois e Colorado – hanno vietato le terapie di conversione sui minori, pur senza una legge federale. Anche la Corte Suprema del Brasile ne ha vietato la promozione da parte degli psicologi, ritenendole contrarie ai diritti umani.

Pedofilia - Omosessualità

Grazie alle deliranti teorie di Amedeo Cencini – e del suo collega Tony Anatrella, prete francese che ha dedicato la vita a combattere l’omosessualità salvo poi essere trovato a letto con dei ragazzi – nella Chiesa c’è ancora chi sostiene l’esistenza di un legame tra omosessualità e pedofilia. Entrambe, ovviamente, definite come malattie.

Si tratta di una equazione falsa, infondata, eppure ancora viva nei discorsi di molti cosiddetti “psicologi ecclesiali” e vescovi. Ma si può ancora chiamarla ignoranza, o non è piuttosto ideologia travestita da cura?

Due realtà diverse, confuse ad arte

La pedofilia è un disturbo psicologico riconosciuto, classificato nel DSM-5 come “Paraphilic Disorder” (302.2), ovvero una parafilia che comporta fantasie, impulsi o comportamenti sessuali ricorrenti verso bambini prepuberi (generalmente sotto i 13 anni), che causano disagio clinicamente significativo o difficoltà nel funzionamento sociale.

L’omosessualità, al contrario, non è una malattia, né un disturbo della personalità. È stata rimossa nel 1973 dal DSM-IIcome patologia psichiatrica dall’American Psychiatric Association (APA), e nel 1990 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), che nel suo International Classification of Diseases (ICD-10, e ora ICD-11) non la include tra i disordini mentali o comportamentali. Eppure, nei discorsi di alcuni formatori ecclesiastici come Cencini, la confusione è sistematica. Anche l’omosessualità è vista come una “incapacità di alterità” e in diverse occasioni Cencini ha parlato di pedofilia come “ricerca di compensazione”.

Del resto, questi personaggi come Cencini hanno studiato in Università Pontificie che basano i loro studi su ideologie religiose e moralisticheggianti ma di scientifico non hanno proprio nulla. Si tratta di una tecnica di discredito, che non si limita a rigettare l’omosessualità come “inaccettabile” sul piano morale, ma la accosta subdolamente alla devianza criminale.

L’effetto: colpevolizzare e depistare

Questa confusione produce vittime. Non solo tra persone omosessuali che vengono trattati come deviati, ma anche nell’intera comunità ecclesiale, che viene privata di strumenti reali per contrastare gli abusi. Chi parla in questi termini di omosessualità sta distogliendo l’attenzione dalle vere cause degli abusi sessuali nella Chiesa. Sono molti gli studi che hanno sottolineato che “non vi è alcun nesso causale tra l’orientamento omosessuale e gli atti pedocriminali”. Come sono molti gli studi che smentiscono le “teorie di conversione” ma, anzi, evidenziano chiaramente come a determinate persone venga fatto il lavaggio del cervello e vivano la loro vita da repressi.

Le responsabilità istituzionali

Se le cose stanno così, perché queste teorie circolano ancora indisturbate? Perché ordini religiosi, seminari, diocesi e persino Conferenze episcopali si affidano ancora a figure che non hanno titoli accademici seri, o che esercitano in modo ibrido e non deontologicamente controllabile?

Un punto critico è l’ambiguità di figure come i “preti-psicologi” o “religiose-psicologhe”, che confondono piani diversi: spirituale, psicologico, disciplinare. In assenza di una vera supervisione, possono distruggere la vita interiore e vocazionale di una persona, lasciandola nella colpa, nella solitudine, nella disperazione. In diverse occasioni, Amedeo Cencini ha parlato di “omosessuali strutturali che credono che la loro omosessualità sia normale, comportandosi come mancini del sesso”. Affermazioni tanto grottesche quanto pericolose, che avrebbero dovuto comportare la sua radiazione dall’Ordine degli Psicologi. E invece, l’Ordine ha scelto di proteggerlo.

Il vero dramma è che il “prete-psicologo” in realtà si impegna a “controllare” e a “giudicare”, piuttosto che aiutare il paziente a crescere ed individuare gli strumenti per migliorarsi. E fa un miscuglio fra psicologie e spiritualità che non apporta alcun beneficio al fedele e al paziente.

La Chiesa ha una scelta da compiere

O la Chiesa continua a tollerare – per convenienza o per timore – un’ideologia che si maschera da pastorale, oppure sceglie con coraggio una via di riforma autentica, fondata sulla giustizia e sulla verità. Un vero cambio di rotta significa anche acquisire maggiore credibilità nella lotta contro gli abusi reali – psicologici, spirituali, di coscienza, di potere e sessuali – e nell’impegno a formare sacerdoti sereni, maturi e consapevoli della propria identità. Il fatto che un uomo che diffonde simili assurdità sieda all’interno del Servizio Tutela Minori della Conferenza Episcopale Italiana rivela molto del suo approccio: confondere patologie con orientamenti, ridurre il dramma dell’abuso a un problema di “compensazione” affettiva. Una distorsione grave, che mette a rischio proprio ciò che si pretende di voler proteggere.

La posta in gioco non è solo la credibilità pubblica, ma la salute psichica e spirituale di migliaia di consacrati e consacrate. Una Chiesa che confonde il peccato con la malattia, la malattia con il crimine, e il crimine con il peccato, non è una Chiesa in discernimento. È una Chiesa in delirio.

d.R.A.
Silere non possum