Città del Vaticano - Un’emozione evidente, trattenuta a fatica, ha accompagnato Leone XIV nel suo primo Natale da Vescovo di Roma e Pontefice della Chiesa Cattolica. A mezzogiorno, dopo aver presieduto la Santa Messa, dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana, il Pontefice ha pronunciato il tradizionale Messaggio natalizio e quindi ha impartito la Benedizione “Urbi et Orbi” ai fedeli raccolti in Piazza San Pietro e a quanti seguivano attraverso radio, televisione e piattaforme digitali.

Quella di oggi è stata la seconda Urbi et Orbi del suo pontificato: la prima risale alla sera dell’elezione, 8 maggio 2025, quando Leone XIV si affacciò per la prima volta sulla Piazza come nuovo Vescovo di Roma. A distanza di 231 giorni, la scena è cambiata: non più l’inaspettata elezione iniziale, ma la solennità del Natale. 

Il Messaggio: Betlemme come criterio per leggere la pace

Leone XIV ha costruito la sua riflessione rivolta a Roma e al mondo intero attorno all’annuncio liturgico della notte di Natale e alla concretezza della nascita di Gesù: il Figlio di Dio viene al mondo nella povertà, «perché non c’era posto per Lui nell’alloggio», deposto in una mangiatoia. Leone ha spiegato che Dio sceglie la via dell’umiltà e del rifiuto, identificandosi con gli esclusi e gli scartati. Prevost ha legato direttamente la Natività alla traiettoria dell’intera vita di Cristo, fino alla croce: una scelta di assumere su di sé il peso del peccato dell’uomo. Ma accanto all’iniziativa di Dio ha posto la responsabilità personale di ciascuno, richiamando il santo padre Agostino: Dio non salva l’uomo senza la sua libertà. Per Leone XIV la pace non nasce da un automatismo, ma da un cuore che accetta di lasciarsi cambiare.

La via indicata: responsabilità, perdono, solidarietà

Il passaggio più operativo del Messaggio ruota attorno a una parola chiave: responsabilità. Il Pontefice ha affermato che il mondo cambierebbe se ognuno, a tutti i livelli, riconoscesse le proprie mancanze, chiedesse perdono e si mettesse nei panni di chi soffre, scegliendo la solidarietà verso i più deboli e oppressi. La pace, in questa prospettiva, è un itinerario morale e spirituale che attraversa i conflitti interpersonali e internazionali: senza un cuore liberato dal peccato e capace di perdono, la costruzione della pace resta fragile.

«Se ognuno di noi – a tutti i livelli –, invece di accusare gli altri, riconoscesse prima di tutto le proprie mancanze e ne chiedesse perdono a Dio, e nello stesso tempo si mettesse nei panni di chi soffre, si facesse solidale con chi è più debole e oppresso, allora il mondo cambierebbe» ha detto.

Lo sguardo sul mondo: Medio Oriente, Europa, conflitti dimenticati

Come da tradizione, nell’Urbi et Orbi il Papa amplia lo sguardo ai principali scenari di crisi. Ha rivolto un saluto speciale ai cristiani del Medio Oriente, ricordando di averli incontrati nel suo primo viaggio apostolico e riconoscendo il sentimento di impotenza dinanzi a dinamiche di potere che superano le persone. Ha invocato giustizia, pace e stabilità per Libano, Palestina, Israele e Siria, richiamando il profeta Isaia: «Praticare la giustizia darà pace».

Il Messaggio ha poi toccato l’Europa, con l’invito a custodire uno spirito comunitario fedele alle radici cristiane e con una preghiera esplicita per l’Ucraina, perché si arresti la violenza e maturi il coraggio di un dialogo sincero. Non sono mancati riferimenti alle guerre e alle sofferenze spesso dimenticate: Leone XIV ha ricordato in particolare Sudan, Sud Sudan, Mali, Burkina Faso e Repubblica Democratica del Congo, includendo anche la situazione di Haiti in questi ultimi giorni del Giubileo della Speranza.

Il Santo Padre ha esteso l’appello anche ad altre aree del pianeta: dall’America Latina, dove ha chiesto spazio per il dialogo e il bene comune, all’Asia, con un riferimento al Myanmar, e infine alle popolazioni dell’Asia meridionale e dell’Oceania colpite da calamità naturali, invitando a rinnovare l’impegno nel soccorrere chi soffre.

Una “pace selvatica” contro l’indifferenza

In un passaggio centrale, Leone XIV ha messo in guardia dall’indifferenza verso chi soffre, ricordando che Dio non è indifferente alle miserie dell’uomo. Qui ha inserito la citazione poetica di Yehuda Amichai, poeta e scrittore israeliano che sosteneva la pace con i palestinesi, sulla “wildpeace”, una pace che non si riduce a formule diplomatiche o a tregue provvisorie, ma irrompe come necessità vitale nei campi della storia, dove la stanchezza e le ferite chiedono riposo e futuro.

Il ritorno alla tradizione: saluto in molte lingue, fino al latino

Dopo la Benedizione, Leone XIV ha salutato in inglese, francese, spagnolo, portoghese, cinese, tedesco, arabo e anche in lingua latina, ribadendo la dimensione universale del suo ministero petrino.

La seconda Benedizione Urbi et Orbi del pontificato ha segnato il primo Natale di Leone XIV da Papa: un gesto solenne, attraversato da un’emozione evidente, e un Messaggio che ha ricondotto la pace alla sua radice più esigente, là dove il dono di Dio e la responsabilità dell’uomo si incontrano. Dal luogo più simbolico di questa piccola Città-Stato, il Pontefice ha ribadito per la seconda volta che la Pace passa dalla conversione dei cuori - anzitutto dei nostri.

s.B.T.
Silere non possum