In questi giorni, il Collegio Cardinalizio ha deciso di affidare una delle meditazioni previste in questo periodo di sede vacante a Dom Donato Ogliari, attuale abate di San Paolo fuori le mura. Sarà lui, domani, a predicare a coloro che dovranno eleggere il Successore di Pietro. Una scelta che, a dir poco, lascia perplessi chi conosce bene il percorso e l’operato di quest’uomo.
Donato Ogliari è tristemente noto per aver trasformato l’abbazia di Montecassino, una delle istituzioni monastiche più importanti al mondo, in un deserto spirituale. Non solo: il suo operato ha causato gravi danni anche alla diocesi di Sora Cassino Aquino Pontecorvo. Proprio in un momento storico delicato per quella realtà territoriale, fu scelto un uomo che aveva già dimostrato gravi carenze nel suo curriculum ecclesiastico. Durante il suo abbaziato a Montecassino, Ogliari non solo non ha accolto alcun nuovo monaco, ma ha contribuito ad alimentare l’idea, del tutto falsa, che l’aridità spirituale fosse dovuto a chi lo aveva preceduto. In realtà, lo svuotamento del noviziato è una delle conseguenze del suo arrivo. Più che prendersi cura dell’abbazia, Ogliari ha sempre pensato a garantirsi un futuro migliore, trascorrendo più tempo a Roma che a Montecassino. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la madre di tutti i monasteri oggi è retta da monaci anziani, incapaci di onorare quella tradizione millenaria. Non a caso, quando si trattò di nominare un nuovo priore, il suo successore ha dovuto ricorrere a un monaco esterno, dato che Ogliari in anni di servizio non aveva formato nessuno all’altezza del compito.
Eppure, le sue frequentazioni romane gli hanno garantito premi e riconoscimenti, come la nomina a membro del Dicastero per i Vescovi e la guida del Monastero di San Paolo fuori le mura. “Passa più tempo a prendere il caffè nei corridoi del dicastero che nell’abbazia di San Paolo”, commenta amaramente un prelato. Anche fra le sacre mura il religioso è conosciuto e molti sono a conoscenza di quanto ha seminato nei missionari della Consolata, nell'abbazia della Madonna della Scala a Noci, a Montecassino ed ora a San Paolo.
La travagliata storia di Donato Ogliari
Nel 1982 Donato Ogliari fu ordinato sacerdote nei Missionari della Consolata, congregazione che però lasciò perché non voleva partire per la missione. Curiosamente, entrò in un ordine missionario per poi dichiararsi contrario alla missione stessa. In seguito si trasferì a Praglia per il noviziato, ma trovò una comunità profondamente divisa, che finì per spaccarsi. Quando Padre Pievano, maestro dei novizi, si trasferì a Vertemate, si portò con sé Luca Fallica e altri confratelli. Anche Donato Ogliari avrebbe dovuto unirsi a questo nuovo progetto, ma si tirò indietro all’ultimo momento e, su indicazione della comunità di Praglia, fu inviato a Noci.
A Noci fece la professione monastica e proseguì gli studi, trascorrendo anche un periodo all’estero. In seguito fu eletto abate, succedendo all'Abate Guido al termine del suo mandato. Quando si dovette decidere chi inviare a Montecassino, una sua amicizia all’interno del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica lo presentò come candidato al Papa. Tuttavia, questa “raccomandazione” proveniva da una figura piuttosto controversa: Orazio Pepe. Pepe era stato cacciato dal Dicastero per il Culto Divino, dove il suo atteggiamento era divenuto insostenibile. Successivamente approdò al Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, da dove fu nuovamente allontanato. Per non lasciarlo completamente senza incarichi, gli venne creato un posto ad hoc — mai esistito prima — nella Segreteria di Stato. Anche da lì, però, fu rimosso, su decisione di Pietro Parolin e del Sostituto che oggi non vogliono nemmeno sentir nominare il suo nome. Alla fine, Orazio Pepe ha trovato rifugio nella “Fabbrica di Mauro Gambetti", nota come il “refugium peccatorum” dello Stato della Città del Vaticano.
La comunità monastica di Montecassino però fu privata della facoltà di votare e non votò affatto per Donato Ogliari: fu imposto dal Papa, dopo una radicale ristrutturazione dell’Abbazia e della diocesi a essa collegata. Attualmente, sempre grazie alle sue amicizie, Ogliari è stato trasferito a San Paolo fuori le Mura, dove guida una comunità di una decina di monaci. Questi ultimi lamentano che l’abate sia quasi sempre assente, poco interessato alla vita della comunità e completamente sordo alle loro esigenze.
La divisione del clero e gli scandali
Ma i danni causati da Ogliari non si fermarono a Montecassino. La diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo, già fragile a seguito della riforma voluta con la bolla Contemplationi faventes del 23 ottobre 2014 da Papa Francesco, ha subito ulteriori tensioni e divisioni proprio a causa del clima creato anche da Ogliari. Un clima tossico che ha avuto come principale vittima il vescovo Gerardo Antonazzo, attaccato e diffamato da ambienti clericali corrotti e da "ragazzetti" accusatori tanto cari all'abate.
Il caso più eclatante fu quello delle accuse di abusi sessuali, rivelatesi totalmente infondate, mosse contro Antonazzo da un ex seminarista, allontanato dal seminario "per incompatibilità con la vita sacerdotale". Un copione già visto: giovani repressi che, dopo essere stati respinti, agiscono per vendetta, costruendo accuse calunniose. Silere non possum ha già denunciato più volte questa dinamica, come accaduto in Sicilia a Francofonte, dove i giudici stanno notando tante di quelle contraddizioni che vogliono vederci chiaro e sentire altri testimoni. Ma nella Chiesa dei personalismi e degli interessi personali, si preferisce spesso salvare sé stessi piuttosto che difendere la verità.
Il caso Antonazzo è esemplare: fomentato da questi "ragazzini repressi”, i quali trovavano accoglienza anche a Montecassino, il vescovo venne travolto da accuse infamanti, amplificate da giornali e da presunte associazioni per le vittime di abusi che spesso lucrano sulle disgrazie delle persone.
Nonostante la Procura della Repubblica avesse già osservato incongruenze nel racconto diffuso dalla presunta vittima, il caso fu chiuso sul nascere dal Tribunale per "difetto di querela". Quando il giovane fu invitato a presentarla, infatti, decise di non farlo consapevole che il tutto era falso. Come noto, però nella mentalità comune se una persona viene assolta o scagionata rimane il sospetto e questo esito viene attribuito a “bravi avvocati azzeccagarbugli”.

La storia vero, però, in realtà è diversa. La vicenda nacque quando l’ex seminarista fu convinto a diffondere questa narrazione da un altro ragazzo, noto negli ambienti ecclesiastici romani e milanesi per l’abitudine di inviare messaggi insistenti a preti e prelati. Non solo, ma questo "ragazzetto" è anche colui che ha sempre lanciato invettive contro vescovi ed arcivescovi che non si sono piegati ai suoi desiderata e negli ultimi anni ha iniziato ad osannare Papa Francesco nella speranza di ottenere qualche "zuccherino". Il dramma, però, è che questi personaggi sono simili a Francesca Immacolata Chaouqui, la donna pregiudicata che è stata allontanata dal Vaticano proprio dal Papa. Questo ragazzo, infatti, aveva riferito di aver ricevuto la confidenza di questo “povero ragazzo abusato” ma le cose non stavano affatto così e questa era una chiara manipolazione della realtà al fine di diffamare colui che aveva allontanato il seminarista dal seminario.
A completare il quadro, l’invio di una lettera falsa, su carta intestata della Segreteria di Stato e firmata — falsamente — da monsignor Paolo Borgia. Questa missiva era indirizzata al "Signor Cristian Lanni" ed era stata da lui diffusa ad alcuni preti della diocesi al fine di convincerli a credere che il Papa era grato a lui e addirittura lo voleva incontrare.
In realtà, si trattava di una truffa grossolana, svelata dalla stessa Segreteria di Stato, ma che getta luce su un
sistema marcio di falsificazione e diffamazione di cui sono esperti promotori molti di questi “giovanotti” che amano indossare talari e pizzi seppur non ne hanno alcun diritto.
La gendarmeria vaticana fu costretta a intervenire, e il “giurista falsificatore” confessò, inviando persino una lettera di scuse a Monsignor Antonazzo, il 9 luglio 2018 alle ore 10.31 dopo un pontificale, in cui ammetteva tutto, addebitando il fatto a “un gruppo di sacerdoti” che lo aveva “coinvolto”. In realtà, però, nessuno lo aveva coinvolto in nulla ma, come peraltro avviene nella diocesi ambrosiana dove ora ha trovato rifugio, è un sistema che viene usato e riusato in continuo. Questo clima velenoso, frutto di ambizioni frustrate, ipocrisie clericali e gravi connivenze, ha gravemente danneggiato la diocesi di Sora,
privando il vescovo della possibilità di difendersi pubblicamente e di informarne il presbiterio.Purtroppo, ancora una volta, la Segreteria di Stato, guidata dal cardinale Pietro Parolin, scelse di “mettere tutto a tacere”, secondo il ben noto stile del “silenzio” piuttosto che del chiarire.
"Evitiamo scandali, andiamo oltre" furono le parole del cardinale al vescovo Antonazzo. Un atteggiamento che non solo mina la giustizia, ma apre la porta a scandali sempre più gravi.
I ragazzini che minano la fraternità
Proprio alle porte di un nuovo Conclave e raccogliendo le richieste di molti porporati, sarebbe bene riflettere sulla necessità di un Successore di Pietro capace ci mettere fra le proprie priorità la giustizia.
Non fomentare questi circoletti, come ha fatto Donato Ogliari, è fondamentale per custodire la fraternità nel presbiterio.
I "ragazzini" repressi che diffondono veleno, infatti, cacciati da un posto, finiscono in un altro posto e mettono in atto le medesime attività diffamatorie. Anche recentemente non sono mancati, da parte di questi falsificatori seriali, attacchi all'arcivescovo Mario Enrico Delpini il quale, a loro avviso sarebbe stato colpevole di non aver agito contro Maestri di Cappella sprovveduti. Questi mistificatori professionisti amano atteggiarsi a canonisti, riempiendo di articoli rivistine create ad arte, veri e propri ricettacoli di opportunisti in cerca di incarichi, ministeri o ordinazioni. Sono gli stessi personaggi che si spostano dalla Sicilia alle diocesi toscane, sperando di ottenere qualche ministero da vescovi che hanno già devastato le loro Chiese locali accogliendo oves et boves. In queste pubblicazioni trovano spazio anche gli scritti di chi diffama preti e vescovi senza ritegno, o di coloro che, pur assunti da Mauro Gambetti per occuparsi di liturgia, non sono nemmeno in grado di recitare un’Ave Maria in latino, e che trattano come cani i prelati che si recano in basilica per poter celebrare.
Questi mistificatori e falsificatori professionisti ignorano — o fingono di ignorare — che, per esempio, l’Arcivescovo non ha alcuna competenza su una Cappella che dipende esclusivamente dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Ma il loro obiettivo, del resto, è sempre lo stesso: diffamare chi si rifiuta di accogliere ed esaltare personaggi problematici come loro.
L’atteggiamento è quello ben noto di questi personaggi filoclericali che, mossi da pura ipocrisia, cercano in ogni modo di farsi strada e occupare posizioni di rilievo. Solitamente, poi, fanno gruppetto. Si avvicinano ai cardinali — alcuni dei quali, peraltro, sono già stati sorpresi in situazioni tutt’altro che edificanti nelle case dei loro segretari qui in Vaticano in retate anti droga — per adularli, invitarli a celebrare, ottenere biglietti per le celebrazioni o garantirsi l’accesso a luoghi esclusivi.
È un modus operandi più volte denunciato da Silere non possum e che riguarda una folta schiera di individui: impeccabili nell’aspetto, filtrino su Instagram con giacca e cravatta, sempre pronti a farsi fotografare accanto a cardinali, vescovi e altre autorità ecclesiastiche per accreditarsi. Tutti personaggi che, non a caso, gravitano sempre attorno a una certa tipologia di porporati.
La lettera falsa rimase senza conseguenze formali, ma gli effetti devastanti prodotti da questi personaggi sulla diocesi e sul vescovo sono ancora ben visibili. Non solo: questi soggetti sono i “figli carissimi” dell’Abate Donato Ogliari, che li ha sempre custoditi e fomentati, prima dall’alto dell’Abbazia di Montecassino e ora dall’Abbazia di San Paolo fuori le mura.
E allora ci si chiede: può un personaggio simile predicare al Sacro Collegio? Qualcuno, forse ingenuamente, sostiene che questa scelta voglia promuovere la spiritualità benedettina. Ma Donato Ogliari, di autentico spirito benedettino, non ha proprio nulla. Basta ricordare quanto accadde a Noci...
p.E.S.
Silere non possum