The Italian bishops are in Assisi and will decide the future of seminarians.

La figura e il ministero del prete sono decisivi nella Chiesa di oggi e nella Chiesa del futuro”, sono queste le parole che il cardinale Matteo Maria Zuppi ha rivolto ai vescovi italiani riuniti ad Assisi per la 78ª Assemblea Generale Straordinaria.

All’ordine del giorno un tema centrale per la Chiesa stessa e i suoi ministri:  la Ratio per la formazione dei seminaristi. 

Il tema è di fondamentale importanza per quanto riguarda la Chiesa del futuro, la Chiesa del domani ma soprattutto per la Chiesa di oggi. All’interno dei seminari, dei luoghi di formazione religiosa, ma anche degli stessi presbiteri,  si percepisce sempre più la necessità di mettere in atto delle “politiche” volte a garantire il benessere psicologico e spirituale dei singoli e, di conseguenza, di tutta la comunità.

Fra i vescovi, in queste ore, si percepisce un certo sconforto in merito al tema.  Molti hanno paura di parlare, di prendere posizione seppur si rendano conto che è fondamentale la formazione affettiva e sessuale per i sacerdoti.

Non c’è il bisogno di “caccia alle streghe” o di “giudizi sommari” ma, piuttosto, la Chiesa ha il dovere morale di offrire ai preti di domani tutti gli strumenti per poter affrontare una vita sana e che offra loro un elemento in più per svolgere il proprio ministero con umanità. Il prete non è qualcuno di estraneo al mondo. È chiamato a vivere nel mondo e a vivere la propria umanità. Solo questo passo avanti, contro l’ipocrisia, ci può garantire un futuro.

Il cardinale Zuppi, nell’apertura ha rivolto parole di gratitudine verso i presbiteri: ”  Il popolo cristiano lo sa e ci tiene ai suoi preti e li cerca, come constato tante volte. Il prete è l’uomo del futuro, ispirato dal Vangelo e dal modello di Gesù: vive per gli altri, per la sua comunità, per i poveri, ma anche per coloro che sono lontani ed estranei al suo ambiente. La mia non è un’esaltazione retorica del prete, ma l’espressione della convinzione profonda della Chiesa, vorrei dire di popolo, sulla necessità del prete e sulla positività del suo ministero nella Chiesa in Italia, pur essendo tutti noi persone limitate e peccatrici”.

Nel pomeriggio, S.E.R. Mons. Manetti ha offerto una riflessione sul nuovo testo della  Ratio ed ha illustrato le novità. Poi sono stati aperti i lavori che continueranno fino a mercoledì mattina dove il testo dovrà essere approvato.

All’inizio del proprio discorso, inoltre, il presidente CEI ha ricordato gli Ecc.mi Membri che hanno terminato il loro pellegrinaggio terreno. Fra questi è stato ricordato anche il Rev.mo Abate Dom  Pietro Vittorelli.

d.M.R

Silere non possum

PRESENTAZIONE DELLA

NUOVA RATIO NATIONALIS PER I SEMINARI D’ITALIA

S.E.R. MONS. STEFANO MANETTI

a) Il percorso di elaborazione della Ratio Nationalis.

La nostra Conferenza Episcopale Italiana dopo aver ricevuto, nel maggio 2021, l’invito da parte dell’allora Prefetto della Congregazione (ora Dicastero) per il Clero, card. Beniamino Stella, ad “apportare un nuovo documento nel quale siano recepiti i principi e le istanze offerti dalla Ratio Fundamentalis Istitutionis Sacerdotali del 2016”, conciliando le peculiarità del contesto ecclesiale italiano con il modello proposto dalla Chiesa universale (Lettera al card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, del 19.05.2021), si è mossa per comporre la nuova Ratio Nationalis per i Seminari d’Italia, quarta edizione elaborata dall’Episcopato italiano dopo quelle del 1972, 1980 e 2006.

Mons. Paolo Martinelli, in qualità di Presidente della Commissione Episcopale per il Clero e la Vita Consacrata, presentò all’Assemblea del novembre 2021 il programma dei lavori, prevedendo un ampio coinvolgimento dei formatori dei Seminari italiani, successivamente interpellati, nel marzo 2022, tramite un questionario, consegnato anche a una parte di seminaristi, di giovani preti, di religiosi/e e ai responsabili diocesani della pastorale vocazionale, mentre l’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni pubblicava i risultati di una ricerca compiuta sui Seminari. I risultati di questa ampia consultazione furono oggetto della seconda relazione di Mons. Martinelli nell’Assemblea del maggio dello stesso anno. Essa provocò numerosi interventi da parte dei vescovi presenti, che hanno orientato l’impostazione della Ratio. Emerse nettamente la dimensione della missione e della comunione come orizzonte di fondo della formazione al presbiterato, fu indicato come centrale per la pastorale vocazionale la formazione spirituale dei ragazzi e degli adolescenti, si sottolineò l’importanza della comunione episcopale e del dialogo fra le diocesi, il nesso tra formazione permanente e formazione iniziale, la domanda su chi sarà il prete e per quale Chiesa dovrà essere formato, l’indispensabile servizio del presbitero alla comunione ecclesiale e alla ministerialità, la fondamentale importanza della formazione teologica come fede vissuta che educa al pensiero e al dialogo, la formazione alla fraternità, la collaborazione del Popolo di Dio con la comunità educante, l’attenzione alle vocazioni adulte, la necessità della formazione dei formatori, l’ascolto del cammino sinodale, l’apertura a nuove sperimentazioni. L’altra importante fonte di indicazioni per l’elaborazione del testo è stato l’incontro nazionale dei rettori e dei responsabili dei percorsi propedeutici svoltosi a Siena dal 25 al 28 luglio 2022. Su questi fondamentali momenti di ascolto la Commissione Episcopale per il Clero e la Vita Consacrata ha cominciato a lavorare sul testo della Ratio Nationals, intesa come un aggiornamento del precedente documento CEI del 2006 (La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana), per la cui stesura ha nominato una equipe di esperti. Una prima bozza fu presentata al Consiglio Permanente del settembre 2022, cui seguirono altre due versioni, ogni volta modificate e arricchite dai numerosi suggerimenti da parte dei suoi membri, durante la discussione sui testi esaminati nelle successive sedute, nel novembre 2022 e nel gennaio 2023. Ne è scaturita la bozza inviata a tutti i vescovi perché poteste offrire eventuali contributi in vista della stesura del testo da sottoporre alla valutazione del Consiglio Permanente in vista della presentazione a questa Assemblea che dovrà deciderne l’approvazione. Per dare tempo sufficiente alla ricezione delle osservazioni e riservare il dovuto spazio a tale importante riflessione, si è convenuto di convocare questa Assemblea straordinaria nella data odierna. Nella seduta del 26 settembre u. s. il Consiglio Permanente ha approvato il testo che oggi viene sottoposto alla vostra valutazione.

b) I contributi delle Conferenze Episcopali Regionali.

Sulla base delle osservazioni raccolte dai Presidenti delle Conferenze Regionali, sono stati eliminati i box dal titolo “con audacia ed equilibrio”, è stata confermata la validità del Seminario Minore come forma, seppur non unica, di accompagnamento vocazionale degli adolescenti, si è data più forte sottolineatura alla dimensione spirituale e alla lectio divina nella formazione dei seminaristi, si è ampliata la proposta dell’anno missionario in una “esperienza pastorale, caritativa e missionaria”. Generale è stata la richiesta di asciugare il testo, a tratti “pletorico e vaporoso”, come è stato opportunamente osservato, a causa dell’inserimento di parti nuove nel documento CEI del 2006, mantenuto come base da aggiornare, e dell’assemblaggio dei tanti e vari suggerimenti raccolti nella fase iniziale. Si è suggerito inoltre di dare più omogeneità alla proposta formativa e di inserire la propedeutica nel capitolo delle tappe della formazione. Preziose sono state le note che hanno permesso di correggere l’uso dei termini, di risolvere le incongruenze del testo e di orientare la sottolineatura di certi aspetti rispetto ad altri.

Oltre le osservazioni sulla forma, sono state avanzate talvolta proposte di un ripensamento radicale della struttura attuale del Seminario, ritenuta antiquata rispetto alla formazione dei nuovi presbiteri nelle odierne condizioni socio-culturali ed ecclesiali, ponendo anche la domanda se convenga mantenere “il Seminario di sempre mentre è in atto un profondo mutamento ecclesiale”. Inoltre, secondo alcuni, i nostri Seminari assomiglierebbero troppo a dei collegi, iperprotettivi nei confronti dei seminaristi che verrebbero estraniati dalla realtà e viziati dalle comodità. A tal proposito bisogna considerare che un ripensamento radicale del modello di Seminario esige tempi più ampi rispetto a quelli che ci siamo dati per l’elaborazione di questa Ratio e una riflessione più profonda e condivisa (la Pastores dabo vobis fu il frutto di un Sinodo). Tuttavia, gli elementi raccolti nella iniziale fase di ascolto, benché insufficienti per andare oltre un aggiornamento del sistema formativo vigente, permettono di avviare un significativo processo di rinnovamento, pur nei limiti delle condizioni di partenza. Dobbiamo infatti muoverci all’interno della Ratio Fundamentalis Istitutionis Sacerdotalis del 2016 dove sono comunque possibili nuove sperimentazioni nel rispetto delle norme generali. Inoltre, l’elaborazione della nostra Ratio capita nel bel mezzo del cammino sinodale, un percorso gravido di aspettative per un rinnovamento importante nella Chiesa, ma la cui fisionomia non è stata ancora definita (in teoria le decisioni finali potrebbero decretare la non attualità della nostra Ratio). Giova anche ricordare che l’attuale struttura dei nostri Seminari mantiene potenzialità formative efficaci e presenta notevoli margini di perfezionamento mediante il confronto con le nuove sfide educative.

c) Il contesto in cui stiamo elaborando la nuova Ratio Nationalis.

Ci troviamo pertanto a adeguare la nostra Ratio Nationalis alla Ratio Fundamentalis in un tempo in cui si avvertono forti esigenze di ripensamento del modello formativo seminaristico, e a dover dire quale prete formare per quale Chiesa, mentre è in atto un importante rinnovamento ecclesiale. Questo particolare contesto in cui ci muoviamo ci indurrebbe a guardare alla nostra Ratio come a un documento, per così dire, di passaggio. Già mons. Martinelli nel suo intervento nell’Assemblea del maggio 2022 aveva evocato un’immagine suggestiva, quella del quaderno ad anelli, un supporto aperto a continui aggiornamenti. In un tempo di veloci cambiamenti, anche la formazione seminaristica dovrà rimanere aperta alle provocazioni che interpelleranno il vissuto ecclesiale impegnato nel cammino sinodale e chiederanno di porre in atto soluzioni nuove e diverse, corrispondenti ai bisogni formativi delle comunità ecclesiali e dei candidati. Sarà importante, a questo proposito, la composizione della Consulta nazionale dei Seminari in seno alla Commissione episcopale per il Clero e la Vita consacrata, come luogo per un confronto permanente e per l’accompagnamento delle sperimentazioni in atto.

d) Le caratteristiche dominanti della Ratio Nationalis.

Le considerazioni sopra esposte non tolgono alla Ratio Nationalis la funzione normativa che le è propria e che deve essere assolutamente mantenuta: il nostro documento, coniugando l’adeguamento alla Ratio Fundamentalis con i contributi offerti dai Vescovi e dai formatori, delimita il perimetro in cui possiamo muoverci e in cui rimanere uniti camminando insieme, presentando gli orientamenti comuni e le indicazioni condivise dai Vescovi per la formazione dei propri presbiteri. Queste dovranno essere riportate nei Progetti Formativi che ogni Seminario diocesano, interdiocesano o regionale, è chiamato a redigere per declinare, anche in forme più cogenti, nel contesto specifico e sotto la responsabilità dei Vescovi, la propria proposta formativa.

L’impianto generale della nostra Ratio riprende il concetto guida della Ratio Fundamentalis che considera il prete come un discepolo permanentemente in cammino sulle orme del Maestro, per il quale la formazione è un processo che inizia in Seminario e continua per tutta la vita. Pur trattandosi di un documento per i Seminari, la formazione permanente vi è sovente richiamata nell’intento di rivalutarla, tentando di colmare il divario esistente fra i due momenti dell’unica formazione, iniziale e permanente. Rifacendoci ai numerosi contributi giunti dalle Regioni alla Commissione Episcopale, è emerso con chiarezza che, se è vero che il cuore del nostro testo riguarda la formazione dei seminaristi, i punti più deboli del sistema formativo riguardano quanto viene prima e quanto segue il Seminario: la pastorale vocazionale e la formazione permanente dei presbiteri, che necessita di essere maggiormente coordinata con quella iniziale. L’auspicio è che la formazione proposta in Seminario, su cui le Chiese d’Italia investono molte risorse, non si disperda in un’esperienza ministeriale che, se non vissuta nella prospettiva della formazione permanente, ben indicata anche nel nostro testo, rischia di venire travolta dalle tempeste del vissuto ordinario.

Così, nel primo capitolo, per rispondere alla domanda quale prete per quale Chiesa, da una parte si assume la formazione permanente in alcuni suoi elementi ritenuti necessari al presbitero italiano odierno, come paradigma della formazione in Seminario; dall’altra si accentuano decisamente le due dimensioni della missione e della comunione come orizzonte fondamentale di tale formazione. Secondo questa prospettiva vengono riletti i tria munera del ministero presbiterale, mentre dalla formazione permanente si traggono i principali indirizzi da assumere nella formazione iniziale: il primato della fede; la formazione integrale, che tiene armonicamente insieme le sue quattro dimensioni fondamentali: umana, spirituale, intellettuale e pastorale; la formazione al discernimento per riconoscere l’azione di Dio nella storia, propria e altrui; la formazione alla fraternità presbiterale e alla comunione col Popolo di Dio; la formazione all’unità di vita nell’esercizio del ministero. Mentre nello schema della Ratio qui presentato nel maggio 2022 si era ritenuto non necessario ribadire i contenuti teologici sul ministero ordinato, rimandando per questo al magistero recente, e di concentrarci soprattutto sui punti di riferimento essenziali per tradurre nel contesto delle Chiese che sono in Italia gli orientamenti della Ratio Fundamentalis, abbiamo invece recuperato, su richiesta delle Conferenze episcopali, qualche tratto teologico fondamentale.

Nel secondo capitolo la pastorale vocazionale è presentata come impegno di tutta la comunità ecclesiale rivolto a tutte le vocazioni, passando poi a specificare le modalità di accompagnamento vocazionale dei ragazzi e dei giovani, basato su una seria formazione spirituale. Si conferma la validità del Seminario Minore, si presentano le comunità semi residenziali come nuove modalità di accompagnamento e si parla delle vocazioni adulte. Mentre sono in atto in diverse Diocesi percorsi per attuare le indicazioni emerse dal Sinodo dei Giovani del 2018 e per caratterizzare la pastorale giovanile come pastorale delle vocazioni, nel nostro documento, seguendo le indicazioni pervenute, abbiamo sottolineato il valore antico e sempre nuovo delle esperienze di vita comune per gli adolescenti e i giovani guidate da équipes qualificate, come contesto evangelico fecondo per vivere esperienze di discernimento vocazionale.

Il capitolo terzo presenta le quattro tappe della formazione dell’itinerario formativo proposto dalla Ratio Fundamentalis: propedeutica (un anno), discepolare (due anni), configuratrice (quattro anni) e di sintesi vocazionale (un anno). Lo stile fondamentale della proposta educativa chiede di investire sugli obiettivi formativi senza scandire i tempi in modo rigido e predefinito, favorendo la personalizzazione dell’itinerario ed evitando il rischio che le tappe si appiattiscano rigidamente agli anni previsti dagli studi teologici e da altri automatismi.

Alla propedeutica è dato ampio spazio riconoscendone la valenza formativa e la sua preziosa funzione di attento discernimento previo l’eventuale ingresso in Seminario. Sull’ammissione in Seminario, la parte riguardante la questione dell’omosessualità riprende, su indicazione espressa da varie Conferenze Regionali, la citazione letterale della Ratio Fundamentalis, corredata da un ragionamento che vuole aiutare i formatori nel discernimento in questo particolare campo, puntando sulla capacità di scegliere liberamente e vivere responsabilmente la castità nel celibato.

La tappa discepolare forma con la propedeutica la fase della costruzione della consistenza interiore, attraverso un forte rapporto educativo con i formatori, la vita spirituale, lo studio, la vita comunitaria, la conoscenza di sé. Il candidato si radica nella spiritualità del discepolo, che segue il suo Signore ovunque vada. La tappa termina con l’Admissio tra i candidati agli ordini.

La tappa configuratrice mira alla conformazione a Cristo servo e Pastore e deve durare quattro anni (CJC, can. 250). Dopo i primi tre anni (1 di propedeutica + 2 della discepolare) dedicati alla costruzione del sé interiore, inizia ora il periodo del graduale inserimento nella pastorale. Il primo anno, oppure, seguendo il criterio della personalizzazione dell’itinerario formativo, in un altro momento della stessa tappa, viene proposta una esperienza pastorale, caritativa e missionaria, un confronto con la realtà per prenderne maggiore consapevolezza e per educarsi alla responsabilità e alla gestione dei tempi. Vengono suggerite varie modalità della sua realizzazione (n. 54). Considerando che la tappa configuratrice dura quattro anni, durante questa esperienza può essere prevista la sospensione del percorso accademico.

I ministeri del lettorato e dell’accolitato, riletti alla luce della Spiritus Domini (Motu Proprio di Papa Francesco del 2021),vengono ricondotti più esplicitamente alla loro radice battesimale anche nelle forme della loro celebrazione, da farsi insieme ai laici, con l’auspicio che, sganciandoli dalla stretta correlazione al curriculum verso il sacramento dell’ordine, venga favorita una maggiore diffusione della ministerialità nella comunità ecclesiale. La tappa configuratrice termina con l’ordinazione diaconale.

La tappa di sintesi vocazionale accompagna l’uscita dal Seminario e l’ingresso nel presbiterio che avviene con l’ordinazione presbiterale. Un paragrafo è dedicato alla formazione permanente che succede a quella iniziale, ribadendo la continuità di un percorso che non si conclude ma prosegue. Viene qui proposto infine un itinerario formativo per candidati adulti.

Nel capitolo quarto si parla della formazione nel Seminario Maggiore. Essa si presenta come unica, integrale, comunitaria e missionaria. Non si esaurisce nell’apprendimento di nuovi contenuti, né si limita ai comportamenti morali o disciplinari ma deve riguardare il campo delle motivazioni e delle convinzioni personali, è formazione della coscienza. Il progetto educativo aiuta i seminaristi a ricondurre a Cristo tutti gli aspetti della loro personalità, così da renderli consapevolmente liberi per Dio e per gli altri: il Seminario si presenta come un cammino di consapevolezza. Si parla di accompagnamento personale e comunitario e dei vari tipi di Seminari, diocesani, interdiocesani e regionali (n.78). Per consentire una vita comunitaria significativa si richiama alla collaborazione stabile tra le Diocesi nelle forme più opportune. Il percorso personalizzato differenzia l’itinerario formativo in base alla progressione della formazione.

Si presentano, quindi, le quattro dimensioni della formazione, integrale e integrata: umana, spirituale, intellettuale e pastorale. Tra le sottolineature e i nuovi inserimenti richiesti dalle Conferenze si ricordano: l’educazione al buon uso dei social media del mondo digitale (n.86), il ruolo degli psicologi e degli psichiatri (n.87), il dono del celibato per il Regno (n.91), l’applicazione allo studio (n.96), la pertinenza pastorale della formazione intellettuale (n.98) la preparazione in vista di una corretta gestione degli aspetti amministrativi e della cura del patrimonio storico e artistico (n.101). Sono stati inseriti infine due paragrafi sul tema della protezione dei minori e delle persone vulnerabili (nn.105 e 106) per invitare i formatori a far uso, nei percorsi educativi, della preziosa pubblicazione La formazione iniziale in tempo di abusi. Sussidio per formatori al presbiterato e alla vita consacrata e per i giovani in formazione (Edd. Cencini-Lassi), 2021, curata dal Servizio Nazionale per la tutela dei minori della nostra Conferenza.

Il capitolo quinto presenta gli agenti della formazione: la SS. Trinità, il Vescovo, il presbiterio, i seminaristi, la comunità dei formatori a cui si aggiungono i docenti, gli specialisti (in ambito medico, pedagogico, artistico, delle comunicazioni ecc.), gli esperti in scienze psicologiche, i parroci. Viene recepita la richiesta emersa nel cammino sinodale di allargare la condivisione dell’opera formativa dei seminaristi coinvolgendo la comunità ecclesiale e si invita a pensare creativamente le forme di collaborazione possibili con particolare riguardo alla figura femminile.

Per quanto riguarda l’ Ordo studiorum, in attesa di una complessiva riorganizzazione degli studi teologici per le Chiese che sono in Italia, si rimanda agli Ordinamenti degli studi approvati dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione per le facoltà teologiche o per gli Istituti teologici (ad esse affiliati o aggregati), presso i quali i seminaristi compiono i loro studi. (Cfr. Lettera del Dicastero della Cultura e dell’Educazione del 19 luglio 2023 al Presidente CEI, card. Zuppi: “Venuti a conoscenza dell’attento e serio lavoro di stesura della nuova Ratio istitutionis della CEI e vista la carica di futuro che un simile documento comporta, ci permettiamo di consigliare, per quanto concerne la formazione teologica, un tempo di elaborazione forse più disteso, così che la portata panoramica della questione - ad oggi oggetto di un dibattito appena avviato- possa emergere con nitidezza, contribuendo all’immaginazione ecclesiale. Il Dicastero per la Cultura e l’Educazione è ben disposto a collaborare in tutto quello che da parte vostra venga considerato necessario in questo delicato e promettente passaggio della Chiesa italiana.”).

e) Conclusione

Il compito che adesso spetta a questa Assemblea è di approvare un testo che, senza la pretesa di soddisfare pienamente tutte le aspettative presenti nelle preoccupazioni di ciascuno di noi, quando pensiamo a come formare oggi i presbiteri per le nostre Chiese, offra una base essenziale di contenuti maggiormente condivisi, in cui sono espressi gli orientamenti comuni e le indicazioni che i Vescovi offrono alle Chiese d’Italia per la formazione dei propri presbiteri. Siamo così protetti dal rischio, in questo tempo di rapidi cambiamenti, che le diocesi e i seminari, sentendo l’improcrastinabile esigenza di un ripensamento della formazione, ma privi di un riferimento comune per l’Italia, procedano a riforme in proprio e in “ordine sparso”, in un cammino non condiviso. La nostra Ratio Nationalis Insitutionis Sacerdotalis, elaborata in un vero e proprio stile sinodale, ascoltando e accogliendo i contributi dei vari soggetti interpellati, non è il Progetto Formativo nazionale dei nostri Seminari, ma il documento a cui riferirsi per comporre, da parte delle diocesi, il proprio Progetto Formativo, declinato secondo le caratteristiche e le esigenze locali, nei limiti che il nostro testo stabilisce. La nostra Ratio, giova ripeterlo sinteticamente al termine di questa presentazione, salda fortemente la formazione iniziale (al presbiterato) con la formazione permanente (nel presbiterato), tentando di colmare il divario tuttora presente tra di esse; offre come principio unificante della formazione del presbitero la categoria del discepolo che ama e segue il Maestro insieme agli altri discepoli, attento a discernere la sua volontà nel vissuto quotidiano, lasciandosi guidare dalla fede; pone la comunione e la missione come orizzonte fondamentale della formazione; chiede una profonda formazione spirituale, umana, teologica e accompagna il seminarista nella graduale conoscenza della comunità cristiana perché impari ad amarla, a servirla e a camminare insieme ad essa; privilegia la personalizzazione dell’iter formativo mettendo al centro la persona con i suoi tempi e la sua storia; raccomanda la formazione dei formatori e offre loro gli strumenti per meglio adattare, con libertà e sapienza, il percorso a ciascun candidato; riconosce la possibilità di nuove sperimentazioni entro i limiti da essa posti perché tutto avvenga nella linea comune. Buon lavoro a tutti!