Il procedimento penale a carico di Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo di Modena-Nonantola e Vescovo di Carpi, è stato ufficialmente archiviato con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari Andrea Scarpa. A processo sono stati chiamati anche un presbitero ed alcuni laici. Dopo mesi di dibattimenti e un dispendio di risorse nelle aule di giustizia, il presule e il sacerdote della diocesi vengono sollevati da un peso nato da accuse infondate e diffamatorie. Questo caso è stato alimentato da fazioni interne alla Chiesa che, con atteggiamenti divisivi e dannosi, contribuiscono a creare tensioni anziché promuovere la comunione ecclesiale. Nonostante alcuni blog abbiano ampiamente diffuso attacchi e insinuazioni nei confronti del vescovo e della diocesi, la notizia dell'archiviazione non ha ricevuto la stessa risonanza sui loro portali.

L’intera vicenda era nata a seguito dell’esposizione di un'opera controversa, sicuramente inopportuna e discutibile, ma che – come chiarito dal giudice nell'ordinanza – non costituiva un atto blasfemo. Piuttosto, essa si inseriva in un più ampio dibattito tra le diverse sensibilità presenti nella Chiesa, tra correnti conservatrici e progressiste, senza che vi fosse una reale intenzione di offendere il sentimento religioso.

Le motivazioni dell'archiviazione

Secondo quanto riportato nell’ordinanza che Silere non possum ha ricevuto, il GIP ha sottolineato che sebbene l’autore dell’opera possa aver avuto l’intento di provocare il pubblico, questo non si traduce automaticamente in una volontà di vilipendere il sentimento religioso. Inoltre, la sede dell’esposizione, pur essendo un luogo di arte sacra, viene utilizzata anche per attività civili, tra cui mostre ed eventi culturali. Un altro elemento determinante nella decisione del giudice è stata l'interpretazione stessa dell’opera contestata. Secondo la lettura fornita dall’artista, la raffigurazione non aveva intenzioni sessualmente esplicite o denigratorie nei confronti della religione cristiana, ma voleva piuttosto stimolare una riflessione su temi di carattere esistenziale. Infine, l’ordinanza evidenzia che il ruolo di monsignor Castellucci nella vicenda è stato marginale e che non può essergli attribuita alcuna responsabilità per omessa vigilanza, dato che l'organizzazione della mostra non richiedeva il suo diretto controllo.

Alcune riflessioni

Sono numerose le sentenze nelle quali, negli ultimi tempi, anche i giudici statali si ritrovano a scrivere, nero su bianco, ricostruzioni dell'ambiente ecclesiale che sono "imbarazzanti". "Compito dello scrivente - ha affermato il Giudice - non è né quello di valutare artisticamente l’opera contestata (sulla quale, pertanto, non si esprime alcun giudizio di valore) né quello di addentrarsi in una diatriba tra settori conservatori/tradizionalisti e settori riformatori/progressisti esistenti all’interno della Chiesa Cattolica, sottolineandosi soltanto, con riferimento agli eventi in discussione, che l’autonomia della Chiesa rispetto allo Stato nel valutare i fatti in esame, per la natura degli stessi, non richiede certo che debba essere attesa la valutazione del Giudice per assumere eventuali provvedimenti: si intende affermare, in sostanza, che mentre in caso di contestazione, ad esempio, di delitti quali la corruzione, il furto, il peculato, è lecito attendersi che una presa di posizione della Chiesa attenda l’esito di un procedimento penale per determinarsi – più o meno - di conseguenza, nel caso in esame le autorità ecclesiastiche avrebbero ben potuto assumere, se lo avessero ritenuto necessario o almeno opportuno, determinazioni in qualche modo “punitive”: ciò non è avvenuto – almeno a quanto risulta dagli atti – e di conseguenza tutti i riferimenti ai commenti e alla prese di posizione di soggetti aventi anche ruoli gerarchicamente significativi all’interno della Chiesa non appaiono, ai fini della presente decisione, particolarmente rilevanti, essendosi risolte, peraltro, nell’espressione di opinioni e di affermazioni di principio". 

La vera domanda che dovremmo porci come Chiesa è quanto questo modo di agire contribuisca realmente alla comunione e quanto, invece, possa risultare dannoso. Dovremmo chiederci se alcuni gruppi che si definiscono "tradizionalisti" e sono più inquadrabili come "moralisti con la pelle altrui" operino davvero per il bene della Chiesa e per la gloria di Dio, oppure se il loro intento sia semplicemente quello di alimentare divisioni e polemiche faziose con un particolare riguardo verso preti e vescovi. Da tempo assistiamo alla presenza di realtà che, pur rivendicando un presunto diritto di opinione, si muovono all'interno della Chiesa come la zizzania in mezzo al grano. Certamente, la libertà di parola è un diritto fondamentale, ma questo non significa che chiunque possa definirsi "cattolico" senza coerenza con la fede e il magistero della Chiesa.