I seminari cattolici sono istituzioni educative dedicate alla formazione dei futuri sacerdoti della Chiesa cattolica. È il Codice di Diritto Canonico che al canone 232 stabilisce: «La Chiesa ha il dovere e il diritto proprio ed esclusivo di formare coloro che sono destinati ai ministeri sacri». Il canone successivo afferma: «È dovere di tutta la comunità cristiana promuovere le vocazioni affinché si possa convenientemente provvedere alla necessità di sacro ministero in tutta la Chiesa; hanno questo dovere specialmente le famiglie cristiane, gli educatori, e in modo particolare i sacerdoti, soprattutto i parroci. I Vescovi diocesani, ai quali spetta in sommo grado curare la promozione delle vocazioni, rendano consapevole il popolo loro affidato dell'importanza del ministero sacro e della necessità di ministri nella Chiesa, suscitino e sostengano le iniziative atte a favorire le vocazioni, soprattutto mediante le opere istituite a tale scopo. I sacerdoti e soprattutto i Vescovi diocesani si impegnino inoltre perché coloro che in età più matura si ritengono chiamati ai ministeri sacri siano prudentemente aiutati con la parola e con l'opera e preparati nel debito modo». I seminari, presenti in tutto il mondo, hanno una storia secolare e continuano a svolgere un ruolo cruciale nella preparazione spirituale, teologica, culturare ed umana di coloro che sono in cammino verso il sacerdozio.

Origine e Funzione

Il termine "seminario" deriva dal latino seminarium, che significa "vivaio" o "luogo di semina". Questo perchè i seminaristi sono come un seme piantato, destinato a crescere spiritualmente e intellettualmente per diventare guide della comunità cristiana. La fondazione dei seminari moderni risale al Concilio di Trento (1545-1563), quando la Chiesa istituì questi istituti per garantire una formazione uniforme e adeguata ai sacerdoti, contrastando le lacune educative che avevano contribuito alla Riforma protestante.

Il primo seminario al mondo ad essere istituito fu il seminario di Larino, aperto il 26 gennaio 1564, a soli 53 giorni dalla chiusura del Concilio di Trento, su iniziativa del Vescovo Monsignor Belisario Balduino. San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, emanò un esemplare regolamento per gli istituti fondati nella sua diocesi, ed intraprese la costruzione di diverse realtà dedicate alla formazione presbiterale.

Struttura e Formazione

La formazione è strutturata in diverse tappe che abbracciano vari aspetti:
1. Formazione spirituale: La vita di preghiera è il cuore del percorso seminariale. I seminaristi partecipano quotidianamente alla Santa Messa, alla Liturgia delle Ore, e hanno momenti dedicati alla meditazione e alla direzione spirituale.
2. Formazione umana: nel percorso di preparazione al sacerdozio viene offerta una attenzione particolare alla maturità umana, relazionale del candidato. Questo punto è particolarmente importante e delicato e la nuova Ratio ha posato la propria attenzione su alcuni aspetti in modo particolare.
3. Formazione intellettuale: I seminaristi studiano filosofia, teologia, Sacra Scrittura, diritto canonico e altre discipline necessarie per poter conoscere meglio il Signore Gesù e la Sua Chiesa.
4. Formazione pastorale: I futuri sacerdoti acquisiscono esperienza pratica attraverso esperienze pastorali nelle parrocchie, in ospedale ed altri contesti pastorali. Questa fase li aiuta a conoscere meglio la comunità pastorale alla quale saranno affidati, a gioire e soffrire con il Popolo di Dio

La Vita nel Seminario

La vita nei seminari è caratterizzata da una routine che combina preghiera, studio, momenti comunitari spirituali e di svago. Ogni seminarista vive in un contesto comunitario, condividendo spazi e responsabilità con altri confratelli. Questo ambiente favorisce la crescita personale e la costruzione di legami di fraternità.

Sfide e Cambiamenti Recenti

Negli ultimi decenni, i seminari cattolici hanno affrontato diverse sfide, tra cui la diminuzione delle vocazioni sacerdotali in molte parti del mondo e il bisogno di adattare la formazione alle esigenze di una società in rapida evoluzione. Nel 2016 il Dicastero per il Clero ha promulgato la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis. Il documento aggiornava la Ratio sulla formazione dei sacerdoti del 1970, alla luce del Magistero pontificio. Tale testo è vincolante per tutte le diocesi del mondo e prevede «sarà cura di ogni Ratio nazionale provvedere ad ampliare gli elementi essenziali esposti in questa Ratio Fundamentalis relativi alla formazione intellettuale, tenuto conto delle specificità storiche e culturali di ogni Paese». 

Veniva, inoltre, proposto un iter: «innanzitutto la Conferenza Episcopale, tramite appositi incaricati, potrebbe consultare direttamente i Seminari e, ove fosse presente, anche l'Organizzazione nazionale dei Seminari; essa potrebbe poi affidare alla Commissione Episcopale per il Clero e per i Seminari l'elaborazione di un testo base; infine, nel segno della collegialità e con spirito di collaborazione, la medesima Conferenza Episcopale deve procedere alla stesura finale del testo». 

Tale percorso è durato diversi anni ed è giunto al termine il 13 - 16 novembre 2023 quando ad Assisi, durante la 78a Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, è stato votato dai presuli italiani il testo definitivo della Ratio Nationalis.

«È bene che non manchi il supporto di uno o più esperti nelle scienze pedagogiche e psicologiche, capaci di garantire un apporto competente: la supervisione dell’équipe, la consulenza per gli interventi educativi, la proposta di percorsi formativi per i ragazzi e per gli educatori» hanno scritto i vescovi.

Un elemento di novità su cui Silere non possum ha più volte richiamato l’attenzione è l’adesione libera e volontaria a percorsi di psicoterapia. Sono numerosi, infatti, i casi di abuso psicologico e di coscienza che si consumano all’interno dei seminari. Uno dei casi più emblematici, e che è stato portato innanzi al Consiglio dell’Ordine degli Psicologi competente, è stato quello di padre Amedeo Cencini, ovvero colui che fu consultato come “esperto” al fine di far adottare, alla Congregazione per l'Educazione Cattolica, l’Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri dell’anno 2005.  Questo religioso, iscritto anche all’ordine degli psicologi del Veneto, ha più volte abusato della sua professione mescolando foro interno e foro esterno e affermando delle teorie sull’omosessualità che non hanno alcunché di scientifico. Si tratta, ancora una volta, di uno di quei presbiteri che hanno problemi con “l’argomento” e nascondono le proprie idee dietro al titolo professionale di psicologo.

Solitamente si tratta di persone che non hanno affrontato la questione in età adolescenziale e ancor oggi vedono omosessuali dappertutto, probabilmente perché proiettano qualche insoddisfazione personale e non hanno risolto qualche parte di sé. Nella Chiesa, purtroppo, abbiamo messo le mani in testa a diversi personaggi del genere. Basti pensare a quei presbiteri che sono stati ordinati in diocesi diverse da quella d’origine, hanno falsificato addirittura lettere, hanno subito condanne penali per diffamazione proprio perché sui propri social network insultano “oves et boves”etichettando tutti come omosessuali quando, evidentemente, gli unici ad esserlo sono loro.

Al fine di prevenire questi abusi di coscienza
, messi in atto da persone come Amedeo Cencini, Enrico Parolari, ecc.., la Conferenza Episcopale Italiana ha ritenuto di dover aggiungere alcune specifiche importantissime: «Al termine della valutazione o in qualsiasi momento durante il percorso formativo può determinarsi da parte del candidato l’esigenza e la richiesta per un accompagnamento psicologico sotto forma di psicoterapia. Qualsiasi ricorso alle scienze umane richiede comunque che i seminaristi prestino la loro cordiale e convinta collaborazione e che siano rispettate due condizioni fondamentali:
- il libero consenso dell’interessato prima di promuovere qualsiasi intervento; nel caso in cui il consenso non fosse dato, gli educatori, senza ricatti o pressioni, dovranno operare il discernimento in base alle conoscenze di cui dispongono altrimenti;
- la garanzia del diritto all’intimità: l’opportuna comunicazione al Vescovo, al Rettore e al Direttore Spirituale degli esiti della consulenza psicodiagnostica o del cammino psicologico va fatta, in forma scritta o verbale, preferibilmente dal candidato stesso o, con il suo consenso scritto, dai consulenti. In ogni caso, ogni informazione acquisita attraverso la consulenza psicologica avrà carattere riservato». 

Anche in merito al tema dell’omosessualità i vescovi italiani hanno ritenuto di dover meglio argomentare i punti 199,200 e 201 della RFIS. Scrivono: «Nel processo formativo, quando si fa riferimento a tendenze omosessuali, è anche opportuno non ridurre il discernimento solo a tale aspetto, ma, così come per ogni candidato, coglierne il significato nel quadro globale della personalità del giovane, affinché, conoscendosi e integrando gli obiettivi propri della vocazione umana e presbiterale, giunga a un’armonia generale. L’obiettivo della formazione del candidato al sacerdozio nell'ambito affettivo-sessuale è la capacità di accogliere come dono, di scegliere liberamente e vivere responsabilmente la castità nel celibato. Infatti, essa «non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui». Inoltre, «il celibato per il Regno dovrebbe essere inteso come un dono da riconoscere e verificare nella libertà, gioia, gratuità e umiltà, prima dell’ammissione agli ordini o della prima professione». Questo non significa solo controllare i propri impulsi sessuali, ma crescere in una qualità di relazioni evangeliche che superi le forme della possessività, che non si lasci sequestrare dalla competizione e dal confronto con gli altri e sappia custodire con rispetto i confini dell’intimità propria e altrui. Essere consapevole di ciò è fondamentale e indispensabile per realizzare l’impegno o la vocazione presbiterale, ma chi vive la passione per il Regno nel celibato dovrebbe diventare anche capace di motivare, nella rinuncia per esso, le frustrazioni, compresa la mancata gratificazione affettiva e sessuale». 

I vescovi italiani non possono sorpassare quello che è il testo universale, altrimenti non avrebbero neppure ottenuto il nulla osta dal Dicastero per il Clero. I quotidiani nazionali e internazionali hanno preso questo testo e lo hanno utilizzato per fare titoli clickbait. In realtà permangono alcune criticità: in primo luogo si continua a vedere l’orientamento omosessuale come una “tendenza” e questo abbiamo visto che la scienza psicologica non lo condivide affatto. Si tratta di orientamento sessuale. Queste teorie della “tendenza” derivano proprio dalle ideologie ascentifiche proposte da Amedeo Cencini, il quale sostiene che vi sono “tendenze omosessuali radicate” e “tendenze omosessuali passeggere”. Non solo si tratta di affermazioni false ma negli anni hanno dato adito ad interpretazioni che hanno fatto soffrire diverse persone che, con animo sincero, si accostavano ai formatori.

Abusi di potere e di coscienza

Il documento appena approvato parla di “consegna di sé nella trasparenza” e “nella sincerità e trasparenza, nella fiducia reciproca” e “relazionandosi in modo sincero e trasparente con i formatori”. Come possiamo chiedere ai giovani candidati queste qualità, questo sforzo, questo atteggiamento, se ciò che trovano è una formazione giudicante, volta a “modificare il loro pensiero, il loro stile” e, addirittura, ad entrare nella loro intimità per scoprirne piaceri e desideri. Per questo motivo i vescovi hanno sentito la necessità di ribadire che non bisogna “ridurre il discernimento solo a tale aspetto”. 

Non sono sconosciute, infatti, storie di giovani seminaristi che hanno subito vere e proprie persecuzioni. La soluzione, quindi, qual è? Quella di sostenere che “la tendenza passeggera è passata”. Questa caccia alle streghe ancor oggi continua per seminaristi e preti ordinati, fomentando un clima irrespirabile che nulla ha a che vedere con la fraternità. Questo accade quando i vescovi o i formatori sono più preoccupati di dare spazio a maldicenze, illazioni e chiacchiericci piuttosto che coltivare una sana preoccupazione per la felicità e maturità dei propri presbiteri.

 L’orientamento sessuale, non nascondiamocelo, è divenuto ormai un modo per colpire chi è etichettato come nemico. Questo aspetto, invece, dovrebbe riguardare la sfera intima delle persone e non dovrebbe interessare i superiori. Negli anni si è erroneamente, sempre su spinta di Cencini, fatta passare l’idea che il seminarista omosessuale non poteva accedere al sacerdozio perché incapace di vivere la propria sessualità in modo maturo. Con questa scusa si è cercato di “scovare” coloro che, ad insindacabile giudizio del formatore di turno, erano omosessuali. 

La seconda preoccupazione è anche relativa al posizionamento delle norme. Subito dopo l’omosessualità si parla di tutela dei minori. Ritengo superflua questa specifica, negli anni non abbiamo mai messo le mani in testa a qualcuno consapevoli che era un pedofilo e con la voglia di metterlo a fare danni. Piuttosto, queste gravi patologie scaturiscono da una grave colpa che è quella di non educare le persone all’affettività, un dramma che inizia in famiglia e prosegue in seminario. Posizionare questa norma sotto la questione dell’omosessualità rischia di fomentare una idea, ben radicata in alcuni personaggi discutibili come Cencini ma anche laici legati a orientamenti politici ben definiti, che vedono la pedofilia una conseguenza dell’omosessualità. Teoria che non trova alcun fondamento statistico, anzi i dati ci parlano di numeri maggiori di pedofili con orientamento eterosessuale e padri di famiglia.

Educare alla castità

Il problema, oggi lo vediamo avendone fatto le spese negli anni scorsi, non è quindi l’orientamento sessuale (non la tendenza!) ma è la maturità sessuale ed affettiva. Il sacerdote, omosessuale o eterosessuale, deve essere affettivamente e sessualmente maturo, altrimenti potranno emergere problematiche serie anche durante il ministero. Per questo sarebbe stato utile giungere ad una eliminazione di questa specifica inutile, che ci dice molto di chi continua a volerla (Piacenza-Cencini) e ben poco di chi ne sarebbe l’oggetto, ma piuttosto inserire un bel paragrafo sulla formazione affettiva. Il problema è differente ed è trasversale: i giovani seminaristi devono vivere la castità. Ciò significa che devono essere padri proprio come san Giuseppe. Il Santo Padre Francesco lo spiega molto bene: «Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù». Solo in questo modo riusciremo a formare preti liberi, affettivamente maturi, capaci di relazione ma soprattutto felici.

È bene rammentare, in conclusione, che anche l’Istruzione della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica circa la formazione negli istituti religiosi del 2 febbraio 1990 afferma: «In questo contesto, si esporranno e si comprenderanno le ragioni che giustificano il fatto di scartare dalla vita religiosa quelle e quelli che non giungeranno a padroneggiare le tendenze omosessuali». In particolare, il Documento finale del Congresso sulle Vocazioni al Sacerdozio e alla Vita Consacrata in Europa del 1997 specifica che la raccomandazione del “Potissimum Institutioni” a scartare, circa l'omosessualità, non quelli che hanno tali tendenze, ma “quelli che non giungeranno a padroneggiare tali tendenze”, anche se quel “padroneggiare” va inteso — riteniamo — in senso pieno, non solo come sforzo volitivo, ma come libertà progressiva nei confronti delle tendenze stesse, nel cuore e nella mente, nella volontà e nei desideri». Per questo motivo i titoli di giornale di questi giorni non avevano motivo d’esistere.

Conclusione

Il Codice di Diritto Canonico sapientemente stabilisce: «Gli alunni siano formati in modo tale che, pieni di amore per la Chiesa di Cristo, abbiano un profondo legame di carità, umile e filiale, con il Romano Pontefice successore di Pietro, siano uniti al proprio Vescovo come fedeli cooperatori e collaborino con i fratelli; mediante la vita comune nel seminario e mediante la pratica di un rapporto di amicizia e di familiarità con gli altri, si dispongano alla fraterna comunione col presbiterio diocesano di cui faranno parte al servizio della Chiesa» Can. 245 - §2.

I seminari rappresentano una componente fondamentale della Chiesa. I laici sono tenuti a sostenerli economicamente e spiritualmente. Non dimentichiamo mai la preghiera per le vocazioni sacerdotali, soprattutto l’adorazione eucaristica. Il seminario è un luogo essenziale per garantire che le future generazioni di sacerdoti siano preparate a guidare le comunità con saggezza, compassione e competenza. La sfida più grande, oggi, è quella di creare un presbiterio maturo che sia coeso e sereno. Nonostante le sfide, questi istituti continuano a essere luoghi di crescita spirituale e umana, dove si formano uomini capaci di essere pastori ma anche discepoli. Come afferma Papa Francesco: «Il buon pastore è davanti al gregge (perché apre la strada), in mezzo al gregge (perché cammina con esso), dietro al gregge (perché aiuta gli ultimi)».