Sabato 25 gennaio 2025 il Santo Padre Francesco ha incontrato i i rettori dei seminari maggiori e propedeutici della Francia. Il Pontefice ha offerto una splendida riflessione ai formatori che si sono riuniti per confrontarsi sul loro delicato compito: «è importante che le équipes di formazione accettino questa diversità, che sappiano accoglierla e accompagnarla» ha detto. Tre punti essenziali ha tracciato:«avere cura che nel chierico si formi una vera libertà interiore, prestare attenzione e avere cura che nel futuro presbitero maturi un’umanità equilibrata e capace di relazioni umane, avere cura che il sacerdote sappia che è tale non per sé stesso ma per il popolo di Dio». Questa, spiega il Papa, deve essere una consapevolezza che nasce da «seria formazione alla vita interiore e dallo studio della Parola di Dio». «Siate prudenti quanto pazienti», ha esortato Francesco. «Non condannateli troppo in fretta e sappiate accompagnarli»
Cura alla qualità e autenticità delle relazioni sono attenzioni vitali, sottolinea il Santo Padre, affinché il seminarista possa «essere sé stesso, senza paura d’essere giudicato in modo arbitrario». E auspica che in questo modo egli possa «essere autentico nei rapporti con gli altri, collaborare pienamente alla propria formazione per scoprire, accompagnato dai formatori, la volontà del Signore per la sua vita e rispondere liberamente».
Infine, l'auspicio affinché «il seminario non dovrebbe cercare di formare cloni che la pensino tutti allo stesso modo, con gli stessi gusti e le stesse opzioni. La grazia del sacramento mette radici in tutto ciò che arricchisce la personalità unica di ciascuno, personalità che deve essere rispettata, per produrre frutti di vari sapori, dei quali la stessa varietà del Popolo di Dio ha bisogno».
Il discorso del Santo Padre Francesco ai rettori
Cari Rettori,
sono lieto di accogliervi in occasione del vostro pellegrinaggio giubilare, durante il quale vi siete riuniti per riflettere sulla formazione sacerdotale. Questa è un cammino di discernimento in cui voi svolgete un ruolo essenziale. Siete come l’anziano sacerdote Eli che disse al giovane Samuele: «Se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”» (1 Sam 3,9). Voi siete la presenza rassicurante, la bussola per i giovani affidati alle vostre cure.
San Paolo VI ha affermato che «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri, è perché sono testimoni» (Udienza Generale, 2 ottobre 1974). Ciò vale sicuramente per i formatori nei seminari. La loro testimonianza coerente di vita cristiana avviene all’interno di una comunità educativa, i cui membri sono, nel seminario, il vescovo, i sacerdoti e i religiosi, i professori, il personale. Questa comunità, però, si estende là dove il seminarista viene inviato: alle parrocchie, ai movimenti, alle famiglie. La formazione comunitaria è quindi unitaria, toccando tutte le dimensioni della persona e orientando verso la missione.
Affinché il seminario possa dare questa testimonianza e diventare uno spazio favorevole alla crescita del futuro sacerdote, è importante avere cura della qualità e dell’autenticità delle relazioni umane che vi si vivono, simili a quelle di una famiglia, con tratti di paternità e fraternità. Solo in questo clima può instaurarsi la fiducia reciproca, indispensabile per un buon discernimento. Il seminarista potrà allora essere sé stesso, senza paura d’essere giudicato in modo arbitrario; essere autentico nei rapporti con gli altri; collaborare pienamente alla propria formazione per scoprire, accompagnato dai formatori, la volontà del Signore per la sua vita e rispondere liberamente.
I candidati che si presentano al seminario sono, oggi più che mai, molto diversi gli uni dagli altri. Alcuni sono molto giovani, altri hanno già una lunga esperienza di vita; alcuni hanno una fede radicata da molto tempo e matura, per altri è molto recente; provengono da contesti sociali e familiari diversi, da culture diverse; soprattutto, hanno avvertito la chiamata all’interno dei molti movimenti spirituali che la Chiesa oggi conosce. È certamente una grande sfida proporre una formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale a una comunità così diversificata. Il vostro compito non è facile. Ecco perché l’attenzione al percorso di ciascuno così come l’accompagnamento personale sono più che mai indispensabili. Ecco perché è importante che le équipes di formazione accettino questa diversità, che sappiano accoglierla e accompagnarla. Non abbiate paura della diversità! Non abbiatene paura, è un dono! L’educazione all’accoglienza dell’altro, così com’è, sarà la garanzia, per il futuro, di un presbiterio fraterno e unito nell’essenziale.
L’obiettivo del seminario è chiaro: «formare discepoli missionari “innamorati” del Maestro, pastori “con l’odore delle pecore”, che vivano in mezzo a esse per servirle e portare loro la misericordia di Dio» (RFIS, n. 3). Ciò suppone un certo numero di criteri, sui quali è impossibile transigere, per conferire l’ordinazione. Il seminario, tuttavia, non dovrebbe cercare di formare cloni che la pensino tutti allo stesso modo, con gli stessi gusti e le stesse opzioni. La grazia del sacramento mette radici in tutto ciò che arricchisce la personalità unica di ciascuno, personalità che deve essere rispettata, per produrre frutti di vari sapori, dei quali la stessa varietà del Popolo di Dio ha bisogno.
Tra i punti ai quali è importante prestare attenzione, vorrei semplicemente evidenziarne tre.
Il primo è quello di aver cura che nel candidato si formi una vera libertà interiore. Non abbiate paura di questa libertà! Le sfide che gli si presenteranno nel corso della sua vita richiedono che egli sappia, illuminato dalla fede e mosso dalla carità, giudicare e decidere con la propria testa, a volte controcorrente o correndo rischi, senza allinearsi a risposte preconfezionate, preconcetti ideologici o al pensiero unico del momento. Che maturino il pensiero e che maturino il cuore e che maturino le mani! Le tre cose devono andare in coerenza: quello che si pensa, quello che si sente e quello che si fa. I tre linguaggi: quello della mente, del cuore e delle mani. Che ci sia coerenza tra questi.
Il secondo punto riguarda la maturazione nel candidato di un’umanità equilibrata e capace di relazioni umane. Il sacerdote dev’essere portato alla tenerezza, alla vicinanza e alla compassione. Questi sono i tre attributi di Dio: tenerezza vicinanza e compassione. Dio è vicino, è tenero, è compassionevole. Un seminarista che non sia capace di questo, non va. È importante! Non c’è bisogno d’insistere sul pericolo rappresentato da personalità troppo deboli e rigide, o da disordini di carattere affettivo. D’altronde, l’uomo perfetto non esiste e la Chiesa è composta da membra fragili e da peccatori che possono sempre sperare di progredire; il vostro discernimento su questo punto dev’essere tanto prudente quanto paziente, illuminato dalla speranza. Non abbiate paura delle debolezze e dei limiti dei vostri seminaristi! Non condannateli troppo in fretta e sappiate accompagnarli. Quello che si chiamava il martirio della pazienza: accompagnare.
Il terzo punto è il deciso orientamento della vocazione sacerdotale alla missione. Il sacerdote è per la missione. Un sacerdote che faccia “monsieur l’abbé” non è per la missione. Questo non va. Il sacerdote è sempre per la missione. Sebbene, naturalmente, essere sacerdote comporti una realizzazione personale, non lo si diventa per sé stessi, ma per il Popolo di Dio, per fargli conoscere e amare Cristo. Il punto di partenza di questa dinamica non può che trovarsi in un amore sempre più profondo e appassionato per Gesù, nutrito da una seria formazione alla vita interiore e dallo studio della Parola di Dio. È difficile immaginare una vocazione sacerdotale che non abbia una forte dimensione oblativa, di gratuità e di distacco da sé, di sincera umiltà; e questo è da verificare. Solo Gesù riempie di gioia il suo sacerdote. Ora, non è raro che, cammin facendo, alcuni finiscano poco a poco per “servire sé stessi”. State attenti, soprattutto con i soldi. Mia nonna sempre ci diceva: “Il diavolo entra dalle tasche”. Per favore, la povertà è una cosa molto bella. Servire gli altri. E state attenti al carrierismo, state attenti. State attenti alla mondanità, alla gelosia, alla vanità. Che l’amore per Dio e per la Chiesa non diventino un pretesto per l’autocelebrazione. Quando tu trovi qualche ecclesiastico che sembra più un pavone che un ecclesiastico è brutto. Che l’amore per Dio e la Chiesa non sia un pretesto: che sia vero.
Cari Rettori, grazie per la vostra visita e per il servizio che offrite alla Chiesa. Il vostro compito non è facile, ma vi incoraggio a perseverare con fiducia e speranza, sotto la guida dello Spirito Santo e la protezione della Vergine Maria. Per questo benedico di cuore voi, le vostre comunità. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!