Roma - La Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato oggi la Nota pastorale “Educare a una pace disarmata e disarmante”, approvata dall’81ª Assemblea Generale e presentata dal cardinale Matteo Maria Zuppi. Si tratta di un testo ampio e articolato, che non si limita a un’esortazione morale, ma propone una vera grammatica ecclesiale per leggere i conflitti contemporanei, ripensare la cultura nazionale sulla difesa, sostenere il servizio civile e ridefinire la presenza dei cappellani militari alla luce dell’evangelo della pace.
La Nota parte da un presupposto teologico: la pace non è un’utopia o una scelta ingenua, ma un attributo divino. «La pace non è semplice ideale: è un attributo essenziale di Dio» e trova compimento in Cristo «nostra pace». Da qui discende una responsabilità ecclesiale che non può restare astratta: occorre “educare alla pace, motivare alla pace, orientare alla pace”.
La denuncia della CEI: spesa militare crescente e crisi della cultura della pace
Il documento si colloca in un contesto globale segnato dal ritorno della guerra come opzione politica. La CEI osserva con realismo che la militarizzazione mondiale sta crescendo “a una velocità inedita”, con spese che nel 2024 «hanno superato il livello record di 2.700 miliardi di dollari». La deterrenza, avverte la Nota, ha colonizzato la mentalità, al punto che alcuni Paesi ipotizzano persino un impiego “tattico” dell’arma nucleare, trasformando il dibattito su scenari apocalittici in retorica politica ordinaria.
È in questo quadro che la CEI rilancia il magistero da Benedetto XV a san Paolo VI fino a Leone XIV, ricordando che già Pacem in terris definiva «alienum est a ratione» utilizzare la guerra come strumento di giustizia. L’imperativo è più attuale che mai: “Non più la guerra”.
Servizio civile, difesa non armata e obiezione di coscienza: la CEI rilancia una scelta politica per l’Italia
Una delle parti più significative del documento - e più immediatamente rilevanti per il dibattito italiano - riguarda la difesa civile non armata e nonviolenta. La Nota afferma con chiarezza che lo Stato deve “assicurare una tutela effettiva della libertà di coscienza”, riconoscendo e promuovendo percorsi alternativi al servizio militare. La CEI richiama apertamente il valore del servizio civile, definendolo non un ripiego, ma un laboratorio di cittadinanza attiva e un investimento di pace: «La difesa civile non armata e nonviolenta esprime la maturità di una società capace di riconoscere la pluralità delle forme attraverso cui si può servire il bene comune».
Il documento propone: una valorizzazione sistematica del servizio civile universale, un rafforzamento dell’educazione alla pace nelle scuole, il riconoscimento del contributo della società civile alla sicurezza integrale del Paese. In un contesto di crescita degli stanziamenti militari, i vescovi italiani ricordano che la difesa della patria, secondo la Costituzione, non coincide con l’armamento, ma comprende dimensioni sociali, ambientali e relazionali che lo Stato deve sostenere.
Cappellani militari: non funzionari della struttura militare, ma testimoni di pace in una istituzione armata
Il passaggio più delicato - e più innovativo - del documento riguarda il ruolo dei cappellani militari. La Nota rifiuta sia il pacifismo ingenuo sia una sacralizzazione delle strutture militari e chiede che la presenza ecclesiale nelle Forze Armate sia ispirata esclusivamente al Vangelo e non alle logiche della difesa armata.
«La testimonianza dei cappellani militari deve rendere trasparente il Vangelo della pace, accompagnando le persone e non la legittimazione delle armi».
La CEI ricorda che la Cappellania Militare non può mai essere un corpo che giustifica la guerra, ma un servizio pastorale che accompagna le coscienze, promuove percorsi etici, sostiene la dignità umana e mantiene viva - persino dentro le Forze Armate - la domanda cristiana: “Non uccidere”. L’appello, in filigrana, è chiaro: occorre un ripensamento della presenza ecclesiale nell’ambito militare, affinché non sia assimilata alla struttura di comando, ma si mantenga profeticamente al servizio della persona.
“Case di pace”: famiglia, scuola, parrocchie, società civile
Il documento insiste sui luoghi dove deve nascere una cultura della nonviolenza attiva: la preghiera, come invocazione e custodia della pace; la famiglia, primo spazio dove si apprende a disinnescare il conflitto; la scuola, che deve tornare a essere terreno di educazione alla convivenza e non alla competitività aggressiva; la società civile, chiamata a proporre modelli comunitari anziché identitari e la politica, che non può ridursi a gestione degli interessi ma deve coltivare “solidarietà e sviluppo, i nomi nuovi della pace”.
Una pace “disarmata e disarmante”: l’intuizione di Leone XIV
Il titolo della Nota riprende le parole di Leone XIV nella sua prima benedizione Urbi et Orbi: «Una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante, che proviene da Dio» . Non si tratta di ingenuo irenismo. I vescovi conoscono la durezza dei conflitti contemporanei, ma rifiutano la logica - sempre più diffusa - secondo cui la pace si ottiene solo con l’equilibrio degli arsenali. L’alternativa proposta è culturale e teologica: disarmare i cuori per disarmare le strutture, e allo stesso tempo formare cittadini e cristiani capaci di “resistere al negativo” che oggi si manifesta in violenza domestica, omofobia, razzismo, criminalità giovanile.
Una Nota che interpella il Governo
La Nota dei presuli italiani è un testo che tocca la carne della società italiana. Ripensare il servizio civile, strutturare la difesa non armata, ridefinire la missione dei cappellani militari, investire su educazione, scuola e discernimento nell’epoca digitale: sono tutti fronti che richiedono scelte legislative, non solo pastorali. La CEI riafferma la centralità del Vangelo come criterio non negoziabile: la pace non si costruisce con gli arsenali, ma con coscienze educate, cuori riconciliati e istituzioni capaci di non farsi sedurre dalla cultura dell’inimicizia. Un testo che invita la Chiesa e il Paese a una revisione radicale del proprio modo di pensare la sicurezza, la convivenza e il futuro.
d.B.C.
Silere non possum