The Italian judiciary continues to violate the rules governing State-Church relations

Non c’è pace per la Chiesa Cattolica nella Repubblica Italiana. Ancora una volta vengono violate le norme pattizie e la magistratura italiana si accanisce su un sacerdote. Caso strano si tratta di denaro. Dopo la vicenda che ha riguardato la diocesi di Ozieri che ha visto magistrati incompetenti mettere il naso nelle questioni che riguardano l’operato del vescovo diocesano nella Caritas, oggi ci troviamo a Siracusa. 

Nei giorni scorsi il sacerdote Vincenzo Cafra, incardinato nell’Arcidiocesi di Siracusa, è stato arrestato mentre riceveva l’offerta di cento euro dopo aver celebrato un funerale. I carabinieri sono intervenuti mentre il presbitero riceveva il denaro ed hanno proceduto ad un arresto “in flagranza”. 

Libera Chiesa in libero Stato? 

Ora fa sorridere che in uno Stato nel quale i carabinieri sono noti per abusare di prostitute e torturare immigrati (Aulla MS) e spacciare cocaina (Piacenza PC), gli uomini dell’Arma si concentrino sulle offerte che il sacerdote riceve in modo lecito e dopo aver celebrato una Santa Messa esequiale.

Il reato contestato è quello previsto dall’articolo 629 del codice penale, il quale prevede: «Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000». Seppur non si pretenda che i magistrati italiani e gli uomini dell’Arma dei Carabinieri abbiano grandi doti intellettive, non è ben chiaro ove le persone siano state “costrette” nell’offrire una somma di denaro al sacerdote. 

È forse il caso di chiedersi anche se queste persone conoscano il diritto ecclesiastico. Recita l’articolo 1 del Concordato: «La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese».

La Conferenza Episcopale Italiana scriveva nel 1988«Conseguentemente “il vescovo diocesano è tenuto a ricordare con chiarezza ai fedeli l’obbligo di cui al can. 222, par. 1, urgendone l’osservanza in modo opportuno” (can. 1261,par. 2): ciò può avvenire o attraverso l’imposizione di tributi ecclesiastici (cf. can. 1260) o, più normalmente, attraverso la richiesta di contributi rivolta alla generosità dei fedeli (cf. can. 1262) o educando la libera iniziativa di questi (cf. can. 1261, par. 1)». 

Mentre c’è chi si diverte a sparare a zero sulla Croce Rossa e a dire che la Chiesa deve essere povera, bisogna ricordare che grazie alle attività della Chiesa Cattolica ci sono molti cittadini italiani che hanno assicurato un piatto caldo ogni giorno. Sono tutte attività che dovrebbe svolgere lo Stato ma non lo fa. Questo sarebbe bene che lo ricordasse anche qualche Corte Europea quando riferisce che dovremmo pagare tasse arretrate. Se lo Stato italiano iniziasse a pagare per tutte le attività che offriamo come Chiesa a prezzi stracciati, certamente potremmo iniziare a fornire quanto richiesto. Magari poi se lo Stato desse i soldi che stiamo attendendo dalla Legge del 13 maggio 1871, detta delle Guarentigie, non sarebbe male.

Mentre la magistratura pontifica con le proprie sentenze, le norme riferiscono che la Chiesa ha la libertà di autoregolarsi. Prendendo il canone 222 CJC possiamo leggere: “I fedeli sono tenuti all’obbligo di sovvenire alle necessità della Chiesa, affinché essa possa disporre di quanto è necessario per il culto divino, per le opere di apostolato e di carità e per l’onesto sostentamento dei ministri». 

Del resto, le parrocchie non percepiscono stipendi da 7 mila – 8 mila euro al mese come i magistrati italiani che hanno convalidato l’arresto di questo presbitero o quelli europei che parlano di tassazione fiscale. Come potremmo noi portare avanti le nostre attività se le persone non offrissero denaro in occasione delle celebrazioni delle Sante Messe?

I vescovi italiani nel 2008 ribadivano: «Tocca in primo luogo alla comunità in cui opera provvedere al mantenimento del proprio sacerdote, per permettergli di dedicarsi a tempo pieno all’annuncio del Vangelo e alle opere a favore dei fratelli. Tuttavia, chi fa un’offerta per il clero si prende a cuore non solo le necessità quotidiane del proprio parroco, ma anche quelle di tanti altri sacerdoti, a servizio di comunità più piccole e meno fortunate del nostro Paese». Oggi, infatti, troppo spesso il Popolo di Dio non ha ben chiaro che il sacerdote ha certamente uno stipendio assicurato da parte dell’Istituto del Sostentamente del Clero ma si tratta di somme minime che non permetterebbero a nessuno di condurre una vita dignitosa.

Sempre nel documento del 2008 la CEI scriveva«Il sistema di sostentamento del clero intende infatti assicurare a tutti i sacerdoti diocesani una sostanziale uguaglianza di trattamento economico, che va da una remunerazione mensile minima di 853 euro netti fino ai 1.309 euro netti assicurati a un vescovo alle soglie della pensione».

Le cose oggi sono cambiate di poco e per un sacerdote poter svolgere il proprio ministero con questa remunerazione diventa veramente impossibile. Si pensi solo al fatto che molti hanno più parrocchie e devono utilizzare l’automobile per poter andare a celebrare in giro per le comunità. Si tiene conto dei costi per il mantenimento di una macchina e per la benzina? 

Gravissime ingerenze 

È chiaro che la dinamica dei fatti che emerge nel caso della parrocchia di Sortino è un qualcosa che va aldilà dell'oggettività. Se addirittura qualcuno ha organizzato il tutto per poter far credere che quella fosse una "somma estorta", forse gli uomini dell'Arma dei Carabinieri avrebbero potuto capire che qualcuno voleva tendere una trappola al sacerdote. Forse perché è scomodo? Ecco, fa pensare il fatto che in una terra che è alle prese con magistrati, ex presidenti della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, che lucravano sulle spalle di poveri cittadini ora ci siano loro colleghi che si accaniscono su un parroco e vadano a questionare sull'entità delle offerte che riceve.

Al sacerdote arrestato ora è stato vietato di risiedere nel luogo dove è nominato parroco. Senza alcuna prova e con accuse che non hanno alcun fondamento gli viene impedito di svolgere il suo ministero.

La situazione italiana sta diventando sempre più preoccupante. La Chiesa Cattolica è divenuta il bersaglio facile sul quale accanirsi. La Guardia di Finanza nel 2013 iniziò a mettere il naso sulle attività dell'abate Pietro Vittorelli. Gli studiati uomini delle fiamme gialle dissero che erano soldi dell'otto per mille. Questo comportò una campagna mediatica ai danni di questo contributo e ai danni dell'abate. Solo quest'anno si è giunti alla fine di questo teatro ed è stato dimostrato che in realtà era tutto falso ciò che avevano riferito gli uomini della GdF.

Ad Ozieri, sempre le fiamme gialle, hanno fatto illazioni sull'operato del vescovo e del cardinale Angelo Becciu. Addirittura sono venuti qui in Vaticano a spiegarci come in realtà gli ordinari diocesani dovrebbero fare le nomine. Ora l'Arcidiocesi di Siracusa si ritrova in questo assurdo stallo ma la cosa riguarda qualunque parrocchia perché un domani potrebbe accadere a chiunque riceva una donazione libale per la celebrazione di una Santa Messa. 

Mentre i magistrati chiamano gli amici del pronto soccorso per farsi refertare a distanza, i loro colleghi si mettono a questionare sull'entità delle offerte che ricevono i sacerdoti della Chiesa Cattolica. Il tutto è molto interessante...

Si auspica vivamente che vi sia un intervento di protesta anche da parte della Conferenza Episcopale Italiana a tutela di questo sacerdote ma anche dell'autonomia della Chiesa Cattolica. Questi abusi di potere da parte della magistratura italiana sono molto gravi e non possono trovare un silenzio impaurito da parte della Santa Sede e dei vescovi italiani.

d.M.R.

Silere non possum