Pope Francis begins to dismiss those who criticised the reform of the diocese of Rome.

All'interno del Vicariato di Roma manca solo che qualcuno entri urlando, con in mano una foto del Papa e urli: "Deus vult!". O, magari, potremmo vedere lo stesso pontefice entrare a cavallo nella sede del governo della sua diocesi, visto che sono anni che non vi mette piede. Si diverte a firmare i documenti scrivendo "Da San Giovanni in Laterano" ma lì non ci ha messo più piede. Del resto, c'è da dire, fa bene perché se andasse rischierebbe di ritrovarsi i suoi preti di fronte. Non sarebbe una bella situazione, può starne certo. Con la Costituzione Apostolica In ecclesiarum communioneFrancesco si è giocato anche il clero romano. C'è qualcuno che già sta immaginando scene simili a quelle che hanno visto il povero Pio IX, morto, finire nel Tevere. "Quello, però, era un pontefice santo", scherzano all'interno del Vicariato. Bergoglio ha scelto di arrivare a Roma carico di tutti i suoi pregiudizi ed anche nella diocesi di Roma, dopo diversi anni, si è affidato ad alcuni soggetti che hanno più problemi che un libro di matematica. Si tratta, chiaramente, di personaggi che resteranno nelle sue grazie "a tempo determinato", proprio come tutti. Primo fra tutti, il confuso don Renato Tarantelli, il quale passa le sue giornate a schiacciare tasti in modo spasmodico sul cellulare. Non si contano i messaggini whatsapp che il "chiamato dell'ultima ora" invia ad "amici e amichetti". I temi sono sempre i soliti e continua a vantarsi, con diverse persone, dicendo che lui "spiega al Papa, parla con il Papa".  Un altro soggetto, sempre della solita "cricca" è Daniele Libanori, il gesuita che vorrebbe essere principe e Re della sua "porzione di diocesi". Quest'uomo è il ritratto del gesuita odierno, ovvero coloro che non hanno nulla a che fare con Sant'Ignazio.

Le paturnie di Daniele

Smanie di potere e paturnie varie affliggono il povero padre Daniele. L'idea di dare più "autonomia" ai vescovi ausiliari è proprio la sua, il quale è sempre stato il "pulcino nero" del Consiglio Episcopale. "Da quando ha ricevuto lo zucchetto si è montato la testa il ragazzo", commentano i preti del suo settore. Durante il periodo della pandemia lo abbiamo sentito pronunciare le migliori perle. "Il covid ci ha insegnato che l'eucarestia non è poi così centrale. Abbiamo dato importanza alla Parola", disse. Non si contano, poi, le sfuriate che ha fatto con il suo carattere fumino. Un Orazio Pepe in Vicariato, in sostanza. Se potessimo descrivere il suo rapporto con le comunità religiose della diocesi, potremmo utilizzare la dicitura di un noto social network: "In una relazione complicata". Vuole essere vescovo del suo settore, con più autonomia, ma il problema è che i preti non lo vogliono. 

Con i preti si rapporta solo con chi è della sua idea. Proprio come i gesuiti insegnano: o sei con me o sei contro di me. Quando arriva in una parrocchia per celebrare le cresime le sue prime parole sono: "Oh, semplicità eh. Niente mitria, niente pastorale...semplicità". I parroci neppure hanno il tempo di salutarlo che già vorrebbero che si levasse dai piedi.

Libanori ha chiesto più volte di lasciare Roma, il problema serio, però, è dove lo metti uno con un carattere del genere. Perché nella Chiesa siamo abituati a sbarazzarci della gente ma nel momento in cui lo piazzi in una diocesi devi preoccuparti del fatto che questo andrà a martirizzare un intero clero. Sulla questione seminario non ne parliamo proprio, Libanori ha una sua idea di prete e se non rientri in quella etichetta, sei finito. Ci sono una serie di soggetti che ai colloqui con lui devono fare una serie di affermazioni perché sennò rischiano di essere etichettati come gay. Allora si sprecano le affermazioni: "Eh no, sì io sono stato fidanzato con una bella topa". Sì, perché essere stato fidanzato, chiaramente con una donna, non sia mai, è un requisito fondamentale per Daniele. "È importante provare, fare esperienza", dice ai giovani. San Luigi Gonzaga, probabilmente, Libanori lo avrebbe schifato e spedito in qualche bordello. 

O con me o contro di me

Francesco, quindi, si è messo in mano a questi ed altri soggetti per riformare la diocesi di Roma. Non si è reso conto, però, che in Vicariato si stava (e si sta) consumando una vera e propria lotta di potere. Nessuno è contento della sua riforma e le critiche che escono dalla bocca di Daniele Libanori e Renato Tarantelli, ovviamente a porte chiuse, nei confronti del Papa sono innumerevoli. 

Chi, però, ha il coraggio di sollevare perplessità rischia seriamente la propria pelle. Se scrivi su siti che attaccano la Chiesa e fomentano notizie false accusando di pedofilia chiunque, vieni promosso e ricevi anche l'encomio papale. Se scrivi su Silere non possum o provi a fare una critica ad una Chiesa che ami, invece, rischi di essere scuoiato vivo in piazza San Pietro. Questa è la situazione nella quale viviamo. Per questo, in molti, si sono fatti delle laute risate quando ha letto la lettera dove Bergoglio definisce "immorali" i metodi del passato. Qui abbiamo una inquisizione opposta e nessuno ha il coraggio di proferir parola.

Non si contano, davvero non si riescono a contare, i provvedimenti che hanno ricevuto l'approvazione in forma specifica durante questo pontificato. Tutto passa sulla sua scrivania e se intravede la possibilità che qualcuno possa contestare la decisione, immediatamente approva "in forma specifica". Se in un qualunque stato impedissero l'appello ad una sentenza, verrebbe giù l'ONU, la CEDU, l'ANU, l'IMU e la schiera dei santi. Qui, invece, tutto va bene perché riguarda i preti. La gente ci guarda e pensa: "Che bellezza, ora non dobbiamo fargli la guerra neppure noi. Si ammazzano da soli". 

Neanche stessimo partecipando a Squid Game (per chi non sapesse cos'è può chiarirsi le idee guardando questo video), Francesco ha scelto di applicare anche nella sua diocesi il sistema che mette in atto ogni giorno qui in Vaticano: "Chi si muove muore".  A farne le spese, oggi, è il Reverendo Monsignor Giuseppe Angelo Maria Tonello, milanese di nascita e fine canonista. Sono innumerevoli i suoi incarichi, fra questi basta ricordare che nel 2020, S.E.R. il Sig. Card. Mauro Piacenza lo ha voluto nella Penitenzieria Apostolica. Nel 1996 il cardinale Camillo Ruini lo volle come Cancelliere dell'Urbe. Nel luglio 2020 venne nominato come presidente della Commissione disciplinare del Vicariato di Roma. Tonello è un giurista serio ed è apprezzato in moltissimi ambienti a Roma. Come qualunque serio giurista, quando ha visto la nuova Costituzione ha storto il naso. Nessuna critica sterile ma serie perplessità di ordine giuridico.

Le derive gesuitiche nella mente di Francesco

Del resto non è una novità che questa Costituzione ha seri problemi di applicazione. Cosa si può pretendere quando una Costituzione viene suggerita al Papa da soggetti che hanno fallito la loro carriera da avvocati italiani e si sono rifugiati nel sacerdozio ministeriale per avere "vitto e alloggio" garantiti?

Invece di tramare nell'ombra, come sono abituati a fare i gesuiti e affini, qualcuno ha preso carta e penna ed ha presentato alcune domande al Dicastero per i Testi Legislativi. "Una scelta folle", chiaramente. Guai a sollevare domande. "I veri soldati di Gesù obbediscono e non chiedono". Certo, pensare che Filippo Iannone rispondesse a dei quesiti su una Costituzione che neppure ha visto con il binocolo è una pretesa un po' eccessiva. Era chiaro che Iannone avrebbe girato il tutto a Santa Marta e avrebbe fatto come Pilato. A meno che non voglia ritrovarsi un biglietto sola andata per tornare in un appartamentino vista Piazza del Plebiscito.

Chiaramente, però, il giurista serio si rivolge agli organi preposti, non può certo stare a guardare al secondo governo creato da Francesco. Infatti, oggi gli uffici di curia restano quale facciata ma vi è un vero e proprio secondo governo che occupa tutta Santa Marta. Perché alla favola che il Papa vive "in un bilocale di appena 70 metri quadrati", ci crede soltanto un cicciottello giornalista che è, anche lui, avvezzo alla frequentazione di ambienti partenopei. Pulcinella come motto di vita, insomma.

Fatto sta che a Francesco tutto questo "spirito d'iniziativa" non è piaciuto ed ha sentenziato: "Tonello non sarà più cancelliere". Cosa ci si poteva aspettare? Nulla di diverso da tutto questo. Anche in Curia funzionerà così. Un prelato spiega: "Se sei gradito resti, altrimenti via" e "la scusa sarà proprio quella dei cinque anni.  L'allontanamento sarà giustificato con il fatto che sei lì dal 96, figuriamoci". Quindi, la storia è questa: se sei della sua cricca, i cinque anni ripartono da ora, se non sei della cricca i cinque anni sono già scaduti. 

Del resto, Francesco ha ragione. Tonello avrebbe dovuto prendere esempio dal trattamento che riservò a Mons. Giampaolo Montini che ebbe l'ardire di criticare un altro folle documento: Mitis Iudex Dominus Iesus. Se magari qualcuno ci spiega quando possiamo chiedere asilo a Xi Jinping, gliene saremmo grati. Pare che lì viga la democrazia rispetto a questo Stato. 

F.P.

Silere non possum