L'interrogatorio di Mons. Perlasca è forse il più assurdo a cui abbiamo mai assistito. Fra un promotore di giustizia che parla dei fondi della Santa Sede come i "fondi dello Stato", confondendo così, anche lui come la maggior parte dei giornalai in piazza Risorgimento, la Santa Sede con lo Stato della Città del Vaticano e dei gendarmi che sghinazzano, siamo rimasti attoniti dai metodi utilizzati. Continuiamo, sempre con i documenti alla mano, a sostenere che in Vaticano ci siano soggetti incompetenti assoldati per non si sa bene quali motivi.

Il capo dell'ufficio amministrativo della Prima Sezione della Segreteria di Stato non ricorda, non sa. Allarga le braccia e scuote la testa. Parla di errori, di superficialità. Davanti ha due promotori di giustizia e due gendarmi che gli fanno domande ma che non sanno assolutamente nulla di come funzionano le cose in Segreteria di Stato. Un interrogatorio surreale in cui si fanno illazioni, rivelazioni. Sono più i momenti in cui i promotori di giustizia raccontano la loro visione dei fatti piuttosto che le parole dell'interrogato.

È poi il turno del Promotore di Giustizia titolato, dice: "Non si muove foglia che Perlasca non voglia". A parlare è Giampiero Milano. Quindi era chiaro fin dall'inizio che ci fosse una qualche responsabilità di quest'uomo no? Come mai si è scelto invece di portarlo dalla parte dei pentiti accusatori? Forse perchè Perlasca era in servizio alla Nunziatura a Buenos Aires quando Bergoglio era Arcivescovo? Forse per questo ora il monsignore vive a Santa Marta sotto la protezione del "Superiore", come gli piace chiamarlo?

I soldi della Segreteria di Stato, quali sono le entrate? 

Giampiero Milano si scandalizza poi che i soldi inviati alla Santa Sede dalle Chiese particolari vengano utilizzati per fare investimenti. Si mette a contestare a Perlasca che questi soldi non vengono utilizzati per "finalità ecclesiali".  Milano dovrebbe essere competente in diritto canonico e sapere che il canone 1271 prevede:

I Vescovi, in ragione del vincolo di unità e di carità, secondo le disponibilità della propria diocesi, contribuiscano a procurare i mezzi di cui la Sede Apostolica secondo le condizioni dei tempi necessita, per essere in grado di prestare in modo appropriato il suo servizio alla Chiesa universale.

Can. 1271 CJC

Non vi è alcuna altra previsione normativa. Quando si riformò il codice si tenne ben presente che il denaro inviato alla Sede Apostolica dovesse essere nella disponibilità del Pontefice per fare qualunque cosa. Tutto per il superiore interesse della Chiesa e delle anime. Ma Milano non ci sta, passa da Promotre di giustizia ad avvocato difensore delle Conferenze Episcopali. Il classico laico che gioca a fare il prete, non è cosa nuova.

Ma come si può pensare che le diocesi dicano al Papa cosa fare con i soldi che gli inviano? È lo stesso Concilio Vaticano II a richiamare l’attenzione su questa questione. Recita la Costituzione Apostolica Lumen Gentium:

L’unità collegiale appare anche nelle mutue relazioni dei singoli vescovi con Chiese particolari e con la Chiesa universale. Il romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli. I singoli vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari queste sono formate ad immagine della Chiesa universale, ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica. Perciò i singoli vescovi rappresentano la propria Chiesa, e tutti insieme col Papa rappresentano la Chiesa universale in un vincolo di pace, di amore e di unità. I singoli vescovi, che sono preposti a Chiese particolari, esercitano il loro pastorale governo sopra la porzione del popolo di Dio che è stata loro affidata, non sopra le altre Chiese né sopra la Chiesa universale. Ma in quanto membri del collegio episcopale e legittimi successori degli apostoli, per istituzione e precetto di Cristo sono tenuti ad avere per tutta la Chiesa una sollecitudine che, sebbene non sia esercitata con atti di giurisdizione, contribuisce sommamente al bene della Chiesa universale. Tutti i vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l’unità della fede e la disciplina comune all’insieme della Chiesa, formare i fedeli all’amore per tutto il corpo mistico di Cristo, specialmente delle membra povere, sofferenti e di quelle che sono perseguitate a causa della giustizia (cfr. Mt 5,10), e infine promuovere ogni attività comune alla Chiesa, specialmente nel procurare che la fede cresca e sorga per tutti gli uomini la luce della piena verità. Del resto è certo che, reggendo bene la propria Chiesa come una porzione della Chiesa universale, contribuiscono essi stessi efficacemente al bene di tutto il corpo mistico, che è pure il corpo delle Chiese.

La cura di annunziare il Vangelo in ogni parte della terra appartiene al corpo dei pastori, ai quali tutti, in comune, Cristo diede il mandato, imponendo un comune dovere, come già papa Celestino ricordava ai Padri del Concilio Efesino. Quindi i singoli vescovi, per quanto lo permette l’esercizio del particolare loro dovere, sono tenuti a collaborare tra di loro e col successore di Pietro, al quale in modo speciale fu affidato l’altissimo ufficio di propagare il nome cristiano. Con tutte le forze devono fornire alle missioni non solo gli operai della messe, ma anche aiuti spirituali e materiali, sia da sé direttamente, sia suscitando la fervida cooperazione dei fedeli. I vescovi, infine, in universale comunione di carità, offrano volentieri il loro fraterno aiuto alle altre Chiese, specialmente alle più vicine e più povere, seguendo in questo il venerando esempio dell’antica Chiesa.

Per divina Provvidenza è avvenuto che varie Chiese, in vari luoghi stabilite dagli apostoli e dai loro successori, durante i secoli si sono costituite in vari raggruppamenti, organicamente congiunti, i quali, salva restando l’unità della fede e l’unica costituzione divina della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un proprio patrimonio teologico e spirituale. Alcune fra esse, soprattutto le antiche Chiese patriarcali, quasi matrici della fede, ne hanno generate altre a modo di figlie, colle quali restano fino ai nostri tempi legate da un più stretto vincolo di carità nella vita sacramentale e nel mutuo rispetto dei diritti e dei doveri. Questa varietà di Chiese locali tendenti all’unità dimostra con maggiore evidenza la cattolicità della Chiesa indivisa. In modo simile le Conferenze episcopali possono oggi portare un molteplice e fecondo contributo acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente.

Lumen Gentium, 23 

Ci rendiamo conto che quest’uomo dovrebbe essere quello esperto di diritto canonico? In Vaticano non solo abbiamo laici che non hanno alcun titolo ma anche quelli che sono titolati non hanno idea di cosa stiano parlando.

Ci viene solo tristemente da piangere pensando alle parole del Sommo Pontefice emerito, quell'11 febbraio del 2013:

"Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem meam ad ministerium mihi commissum bene administrandum agnoscere debeam.". 

Aiutare i poveri? Se significa fare bella figura sì. 

Si passa poi all'affaire londinese. Per cambiare la destinazione dell'immobile era necessario anche un progetto di social housing, spiega Perlasca. Doveva essere proposto per via delle disposizioni normative britanniche. A questo punto interviene Alessandro Diddi che dice di non sapere cosa sia un "Social housing". Avvocato, professore e non conosce le "case popolari". Siamo veramente alla frutta.

È in questo momento, quando Mons. Perlasca pronuncia queste parole che bisognerebbe scandalizzarsi. Il fatto che la Santa Sede utilizzi i soldi delle diocesi per investire non è nulla di nuovo e non c'è nulla di male (ovviamente se gli investimenti non sono immorali) ma sentire che la Segreteria di Stato non permetta la costruzione di "case popolari" perchè la cosa andrebbe a vantaggio di un'altra Chiesa cristiana è da brividi. Non ci si preoccupa di chi va a vivere lì dentro, ovvero figli di Dio, fratelli ma di chi ne gioverebbe in immagine? È questo ciò che Papa Francesco vuole? Dare un tetto ai poveri oppure apparire?

Per fortuna i promotori di giustizia passano ai fatti e contestano a Perlasca una superficialità utilizzata nel trattare le questioni. Si mostra un articolo in cui Mincione veniva descritto come un playboy e lo si accusava di aver fatto cose non chiare. Il monsignore però racconta una versione, del tutto risibile, dove spiega che comunque l'uomo si era saputo vendere. Veramente dobbiamo credere che il Sommo Pontefice si avvalga di collaboratori incompetenti? Beh, non sarebbe la prima volta, basti pensare a quando Bergoglio volle a tutti i costi Francesca Immacolata Chaouqui nonostante tutti, in Vaticano, gli dicessero di guardarsene bene. Abbiamo visto tutti i risultati ottenuti. Ma quando si tratta di denaro nulla è mai fatto a caso, le parole di Perlasca non convincono e la sua versione non trova alcuna conferma. I promotori se ne rendono conto e lo spremono ma poi, come tutti sappiamo, le cose cambiano e il monsignore passa dall'altra parte del tavolo.

I metodi però sono imbarazzanti. Questi uomini giocano a imitare i film americani. Un continuo intervento del gendarme che, invece di limitarsi a trascrivere, interrompe in continuazione Perlasca e, insieme a Diddì, lo stimolano sempre di più con interventi del tipo: "Ci sarà stato qualcuno ad accettare Mincione no? Un superiore? Chi Chi?". Da questi interrogatori o SIT, ancora non è chiaro in quale qualità venisse sentito questo Perlasca, emerge chiaramente come la volontà di questi soggetti fosse quella di far dire il nome del Cardinale Becciu. Perchè? Forse perchè qualcuno ha deciso che andava fatto fuori?

L'amico del Papa chiamato a trattare 

Mons. Perlasca spiega anche dell'intervento del Sig. Giuseppe Milanese, presidente della cooperativa Osa, all'interno della trattativa. "È un penitente intimo del Santo Padre" spiega. Milanese venne presentato da Tirabassi, secondo quanto racconta Perlasca, perchè amico del Papa. Alessandro Diddi dice: "Lo abbiamo già sentito e lo abbiamo trattato malissimo". Per quale motivo? La pubblica accusa di uno Stato "tratta malissimo" un soggetto informato sui fatti? Una persona che è anche amico intimo del Sommo Pontefice?

Difatti Milanese non rientrerà poi nei rinviati a giudizio. Come mai? Perlasca lo descrive malissimo.

Secondo la ricostruzione fatta da Perlasca, Milanese viene incaricato personalmente dal Papa per trattare con Gianluigi Torzi. E ora, i promotori di giustizia vorrebbero far credere che il Papa sarebbe stato truffato? Che il Papa non sapeva nulla? Perlasca afferma chiaramente che nessuno avrebbe più voluto avere rapporti con lui da quando ha prospettato l'idea di denunciare.

"Dall'alto è arrivata invece la cosa di trattare".

Quella persona è il Papa stesso.

Tirabassi ha soldi in Svizzera per oltre 1 milione di euro, i soldi che ha qua dello stipendio non ha toccato un centesimo perché li ha accumulati e basta

Se ne esce così il Promotore di giustizia aggiunto Alessandro Diddi, dopo aver chiesto allo stesso Perlasca quanto guadagnasse Tirabassi. La tecnica è chiara, mettere il sospetto nell'interrogato in modo da fargli sputare sangue sugli altri colleghi. Ci rendiamo conto della gravità di questo modus agendi? Sulla base di quale ragionamento logico, un avvocato, si sente legittimato a rivelare ad un testimone quanti soldi ha una persona nel suo conto corrente? Rivela attività di indagine che debbono restare riservate, non utili al testimone per poter raccontare la propria versione dei fatti.

Lo stesso Perlasca risponde: "Fare i conti in tasca alla gente è pericoloso". Ma Diddì è abituato a questo gossip forense, salvo saltare sui tavoli quando queste elucubrazioni vengono fatte ai suoi clienti accusati di associazione a delinquere. Il professore che ha dimenticato cosa sia il principio di non colpevolezza, addirittura dice "io sono pagato per pensare male". In realtà, siamo consapevoli che riveleremo una cosa che desterà in lui molto stupore, l'avvocato è pagato per ricercare la verità e non di certo per passare ore e ore a interrogare un monsignore, fra una sigaretta e l'altra, mentre fa le sue illazioni davanti al teste.

Il testo di questo primo interrogatorio lo trovate qui, in modo da potervi rendere conto dell'assurdità della metodologia. Domande suggestive e che suggeriscono la risposta, illazioni, sospetti, battutine. La più becera sagra del machismo.

INTERROGATORIO REV.DO MONS. ALBERTO PERLASCA - 29.04.2020

Francesco, sin dal primo momento in cui è stato eletto ha fondato tutto il suo ministero sull’immagine. Anche il presente processo è stato tirato su per due motivi: il primo era quello di far fuori, a tutti i costi, un personaggio diventato scomodo: Angelo Becciu; il secondo era quello di far vedere al mondo intero che il Papa veramente voleva fare piazza pulita e riformare tutto. Sempre nell’ottica per cui Francesco è amato dalla gente perchè viene visto come quello che vuole distruggere tutto “il grande potere”. Peccato però che le cose non stiano così e anche questo processo è diventato un boomerang per il Papa. La verità sta emergendo e ciò che è chiaro più che mai è che Bergoglio non è ciò che vuol far credere davanti alle televisioni del mondo intero ma è, anche lui come gli altri, fatto di luci ed ombre. Amicizie, commissioni, raccomandazioni e giochi di potere. Sembra incredibile che le persone non si rendano conto di come, anche solo dietro ad una piccola capatina ad un negozio di dischi, non ci sia dietro uno studio specifico di guadagno in immagine e profitto.

Sarà forse il momento di dire la verità?

G.M.

Silere non possum