«L’uomo ha un bisogno tremendo di essere ascoltato. Chi ascolta ti dichiara vivo. Chi ignora la tua parola ti fa morto».

In queste parole, che sembrano scritte per il nostro tempo di comunicazioni frenetiche eppure vuote, si condensa una verità disarmante: ciò che salva non è tanto avere risposte, ma trovare un orecchio che sappia accogliere. Viviamo infatti in un’epoca che moltiplica le connessioni ma restringe gli spazi dell’ascolto autentico. Le voci si accavallano, le opinioni si urlano, i dolori si tacciono. Eppure, mai come ora, la sete di qualcuno che sappia stare in silenzio davanti alla nostra parola è urgente.

La pandemia lo ha rivelato con crudezza: chiusi in casa, separati dai nostri cari, disorientati dalla paura, abbiamo scoperto che la solitudine pesa quando manca un volto, una voce, un dialogo. Molti hanno compreso che la salute del corpo non basta se non c’è la possibilità di condividere, di essere riconosciuti nella propria fragilità. È stato un tempo di buio, ma anche di domande nuove: cosa resta davvero quando le sicurezze crollano?

Su questo crinale di esperienze e domande si muove don Luigi Maria Epicoco, sacerdote e scrittore, nel suo libro La luce in fondo. Attraversare i passaggi difficili della vita. Non propone facili consolazioni né scorciatoie, ma racconta - con lo sguardo di chi ha saputo raccogliere molte storie di sofferenza - che la luce non è l’assenza del dolore, bensì la possibilità di attraversarlo senza smettere di sentirsi vivi. Epicoco intreccia testimonianze, confessioni intime, riflessioni sul lockdown e sulla condizione umana: emerge così un mosaico in cui la fragilità diventa terreno di incontro e la nostalgia una traccia per ritrovare ciò che conta. 

Il merito di questo libro è proprio questo: spostare l’attenzione dall’evento pandemico alla condizione universale che esso ha messo a nudo. La paura della morte, la solitudine, il bisogno di relazioni autentiche non sono eccezioni di un tempo storico, ma corde profonde dell’esistenza di ciascuno. L’autore lo mostra con chiarezza, restituendo alle parole un peso che non consola ma accompagna.

Non si tratta, dunque, di un libro “sul Covid”, ma di una riflessione più ampia: la luce in fondo non è un miraggio lontano, è ciò che si intravede quando smettiamo di negare il buio e accettiamo di lasciarci guidare attraverso di esso.