Anna Lucia Valvo, ordinario di diritto dell’Unione Europea, ha pubblicato una nota al Decreto singolare con cui la Segreteria di Stato ha ordinato a Enzo Bianchi e ai suoi fratelli di lasciare Bose. Intervistata da Silere non possum, ha riferito:
Nella nota Lei parla della Santa Sede quale osservatore permanente presso il Consiglio d’Europa e della necessità, da parte degli Stati, di condividere la “linea politica” dell’organo europeo. Lei ritiene che questo decreto violi l’articolo 6 della Convenzione EDU?
Com’è noto, la Santa Sede (in realtà, lo Stato Città del Vaticano) ha lo status di osservatore presso il Consiglio d’Europa. La Risoluzione del Consiglio d’Europa relativa al detto status, prevede espressamente che “Lo status d’osservatore presso l’Organizzazione può essere accordato […] ad ogni Stato che desidera cooperare con il Consiglio d’Europa e che è disposto ad accettare i principi della democrazia e della preminenza del diritto ed il principio secondo il quale ogni persona posta sotto la sua giurisdizione deve godere dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”. Presupposto essenziale del detto status è dunque la condivisione e accettazione di quei principi di democrazia e di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali che costituiscono la stessa ragion d’essere di questa importante organizzazione internazionale e sotto tale specifico profilo, certamente il Decreto in questione viola sotto vari punti di vista non solo l’art. 6, ma anche altri articoli della Convenzione di Roma del 4 novembre 1950.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II nella Sua enciclica Redemptor Hominis diceva:“Gesù Cristo va incontro all’uomo di ogni epoca, anche della nostra epoca, con le stesse parole: «Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi». Queste parole racchiudono una fondamentale esigenza ed insieme un ammonimento: l’esigenza di un rapporto onesto nei riguardi della verità, come condizione di un’autentica libertà.” Questa triste vicenda mette i riflettori sulla trasparenza e l’amore per la Verità da parte della Santa Sede. Secondo Lei come è possibile che la Chiesa Cattolica, la quale dovrebbe avere a cuore l’essere umano, non garantisca quelle garanzie fondamentali del giusto processo?
In realtà, anche gli Stati membri del Consiglio d’Europa violano le garanzie fondamentali del giusto processo. Come dire, non basta esser Stato parte (o osservatore che dir si voglia) di una OI e di una Convenzione internazionale per garantire il rispetto delle garanzie del giusto processo.
La giurisprudenza della Corte EDU è molto vasta in riferimento al giusto processo, secondo Lei, oltre Tevere è venuta meno quella divisione dei poteri che è garanzia dell’articolo 6?
L’idea del “giusto processo” non è necessariamente connessa o discendente dalla organizzazione politica (in questo caso parliamo dello Stato Città del Vaticano) della divisione dei poteri. Anche in uno Stato assoluto può esservi un “giusto processo”. Anche nella Prussia di un tempo che era un esempio di Stato assoluto, il mugnaio di Potsdam trovò un giudice che dette torto al Sovrano. Il problema è che “divisione dei poteri” e “monarchia assoluta teocratica” sono la rappresentazione plastica di una contraddizione in termini.
Lei ritiene che il Consiglio d’Europa possa, o addirittura debba, mettere in atto azioni per spingere la Santa Sede al rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo?
Quali?
Se il Consiglio d’Europa ha concesso alla “Santa Sede” lo status di osservatore permanente, con le conseguenze (diritti ed obblighi) che da questo derivano, la detta OI, ai sensi della Convenzione istitutiva, non dispone di mezzi “per spingere la Santa Sede al rispetto dei diritti fondamentali della persona umana”. Tuttavia, per espressa previsione della citata Risoluzione Statutaria (93) 26 del Comitato dei Ministri, può revocare la concessione dello status di osservatore permanente, previa una comunicazione delle ragioni di un siffatto provvedimento intrinsecamente drastico e di condanna del suo operato.
Quale può essere secondo Lei, il ruolo della società, degli intellettuali, dei giuristi e dei giornalisti in questa vicenda? Quali attività potrebbero mettere in atto al fine di far riflettere, anche il Santo Padre, sulle conseguenze di questa ingiustizia?
Il ruolo della società civile (intellettuali, giuristi e giornalisti) nella presente vicenda, può essere solo un ruolo di denuncia e diffusione delle illiberalità che sono la conseguenza della inconciliabilità, oggi, di una Monarchia assoluta teocratica, ancorché elettiva, con uno Stato che possa dirsi di diritto. Tuttavia, ogni tipo di denuncia come anche di diffusione di notizie, presuppone una conoscenza di fatti e questioni di cui, tuttavia, dubito che i nostri intellettuali, giuristi e giornalisti possano vantare.
Secondo Lei, nel ventunesimo secolo, si può parlare di stato di diritto in una monarchia assoluta teocratica?
Certamente no: lo Stato di diritto presenta caratteristiche specifiche che, in estrema sintesi, possiamo individuare nella separazione dei poteri e nella eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. La separazione dei poteri è la caratteristica più significativa nella misura in cui è diretta anche a garantire quel bilanciamento e controllo tra poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) tipico del moderno Stato liberale. In tale prospettiva, il giudice è e non può che essere soggetto soltanto alla legge. Cosa ben diversa è nello Stato etico nelle sue molteplici forme e manifestazioni. Lo Stato etico si basa su uno o più principi etici non negoziabili (mentre nello Stato di diritto i principi, salvo quelli relativi alle libertà, sono negoziabili e configurabili attraverso la mediazione parlamentare) che sono alla base della legislazione dello Stato. Tra gli Stati etici, non democratici in quanto non soggetti a periodiche verifiche elettorali, rientra la monarchia assoluta nella quale il potere legislativo, esecutivo e giudiziario è nella potestà assoluta del monarca. Una monarchia assoluta che ha alla base un principio etico cogente in quanto religioso, non può accogliere istanze “liberali” tipiche dello Stato di diritto. In questo senso, il Papa è il Monarca assoluto dello Stato Città del Vaticano e Capo spirituale oltre che del medesimo Stato anche della Chiesa Cattolica in quanto comunione universale dei fedeli. Pertanto, è da escludere radicalmente qualsiasi profilo di Stato di diritto dello Stato Città del Vaticano e della Chiesa.
F.P.
Silere non possum