Diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino

Domenica 11 agosto 2024, in occasione della solennità di Santa Chiara, S.E.R. il Sig. Cardinale Pietro Parolin ha presieduto la Santa Messa solenne nella Basilica di Assisi che custodisce le spoglie della santa. Nella sua omelia il presule ha invitato a ringraziare Dio per la propria vocazione ed ricordato quanto affermò santa Chiara: «Tra gli altri benefici, che abbiamo ricevuto ed ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle misericordie, per i quali siamo molto tenute a rendere a Lui glorioso vive azioni di grazie, grande è quello della nostra vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a lui obbligate».

«Che anche noi - ha esortato - possiamo gioire del beneficio ricevuto da Dio nella vocazione particolare che ha affidato a ciascuno di noi e rendergli gloria vivendola con gioia nella quotidianità del nostro essere sacerdoti, monache, frati, politici, genitori, lavoratori...».

Al termine della celebrazione eucaristica il porporato ha detto: «Da Assisi, in occasione di questa festa, voglio lanciare una forte preghiera e appello per la pace in tutto il mondo. Come ha più volte ribadito il Santo Padre, la guerra è una sconfitta per tutti e non porta benefici a nessuno».

Omelia del Segretario di Stato

Cara Madre Abbadessa Chiara Agnese,

Care Sorelle Clarisse e Fratelli Francescani, Eccellenza Rev.ma

Cari Sacerdoti e Diaconi,

Autorità civili e militari,

Fratelli e sorelle in Cristo,

Grazie di cuore, care Sorelle Clarisse, per la gioia che mi avete procurato invitandomi a presiedere questa liturgia in onore di Santa Chiara nel giorno della sua memoria liturgica. In questo momento bello desidero salutare insieme a voi tutte le numerose donne che nel Secondo e Terzo Ordine francescano seguono le sue orme.

Saluto poi tutti voi qui presenti, anche a nome del Santo Padre Francesco, ricordando le parole che egli pronunciò 1'11 agosto 2021, quando esortò a imitare l'esempio di Santa Chiara, perché essa è «luminoso modello di chi ha saputo vivere con coraggio e generosità la sua adesione a Cristo».

Ripercorriamo, dunque, brevemente la sua vita per trarne quegli esempi che possano essere utili per noi, per rispondere fedelmente, come lei, alla chiamata del Signore. E vorrei cominciare dal legame con San Francesco.

1. La vita di Chiara è strettamente legata a quella di San Francesco: le loro vicende s'illuminano personali vicendevolmente. San Giovanni Paolo II proprio in questa Basilica, il 12 marzo del 1982 affermò che «è veramente difficile disgiungere questi due nomi: Francesco e Chiara. Questi due fenomeni: Francesco e Chiara. Queste due leggende: Francesco e Chiara». Dai ritratti tracciati da un biografo contemporaneo risulta che tra i due vi era una mirabile naturale sintonia di carattere, una affinità elettiva e anche una singolare complementarietà. Giocando sul suo nome, come facevano gli antichi latini secondo i quali il nome di una persona racchiudeva il suo destino («nomen omen»), di Santa Chiara si dice: «Chiara di nome, più chiara per vita, chiarissima per virtù». E benché essa si autodefinisca «una vile femminella», aveva una forza d'animo sorprendente, che dimostrò quando una masnada di soldati, denominati «saraceni», tentarono nel 1240 di assaltare il monastero di San Damiano. I soldati erano già entrati nel chiostro, quando la Santa li affrontò, mostrando loro l'Ostia consacrata; così essi fuggirono.  Gli stessi tratti presenta San Francesco che, sempre secondo il suo biografo era «di carattere mite, di indole calmo, affabile nel parlare, cauto nell'ammonire, fedelissimo nell'adempimento dei compiti affidatigli, accorto nel consigliare, efficace nell'operare, amabile in tutto /.../ Severo con sé stesso e indulgente con gli altri /...]. Nella sua incomparabile umiltà si mostrava buono e comprensivo con tutti, adattandosi in modo opportuno e saggio ai costumi di ognuno. Veramente più santo tra i santi, e tra i peccatori come uno di loro».

Sintonia di carattere, dunque, e poi complementarietà, che emerge dal loro stile di vita: Francesco e i suoi frati sono «pellegrini e forestieri» per il mondo, annunciando la pace e la penitenza; Chiara e le consorelle nel silenzio del monastero sono «occupate continuamente nelle sacre orazioni e nelle lodi di Dio». Quelli contemplativi nell'azione e queste attive nella contemplazione! Il denominatore comune del loro differente stile di vita era l'unione continua con Dio, consapevoli che «il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane attaccato alla vite», come afferma Gesù nel brano evangelico che abbiamo appena ascoltato.

2. Stando alle fonti storiche, tra Francesco e Chiara si sviluppò lentamente un amore nobile e profondo, «un affetto nello Spirito Santo», osserva Tommaso da Celano.

Proprio come viene descritto dal profeta Osea nella prima lettura, Chiara si sente «attirata» dall'amore di Dio e nel 1212 abbandona di notte la propria famiglia per recarsi a Santa Maria della Porziuncola, dove i frati in preghiera l'attendevano. «Qui, per mano dei frati, depose i suoi capelli e abbandonò i suoi abiti variegati» per sposarsi definitivamente con Cristo.

Non le fu facile realizzare la propria vocazione, tra l'altro dovette affrontare l'ostilità della sua famiglia, ma lei era convinta che, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, «il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne».

In merito ai rapporti tra Chiara e Francesco, Paul Sabatier (1858-1928), pastore calvinista francese e modernista, avanza una folgorante intuizione. «Il Cantico delle creature - scrive - è bellissimo, ma manca una strofa, che se non fu sulle labbra di San Francesco, fu certamente nel suo cuore: «Laudato si', mi' Signore, per sora nostra Chiara, per la quale enn'allumini lo cor nostro et silentiosa et operosa et ingeniosa l'ài formata».

4. Fratelli e sorelle, siamo davanti a un uomo e una donna legati da un amore che supera le categorie dell'amore umano: si tratta dell'amore che viene da un Dio che Egli stesso è amore (1Gv 4,8). Con questo singolare amore hanno amato tutti coloro che hanno incontrato nel loro cammino e che hanno considerato ognuno fratello e sorella.

Oggi non potremmo chiedere la grazia di «imparare ad amare», ad amare davvero, in un mondo sempre più povero d'amore e, nello stesso tempo, sempre più affamato d'amore? Dopo tutto, la vita consiste «nell'amare e nell'essere amato» («Amare et amari»), come affermava Sant'Agostino. Certamente non è facile amare, perché «l'amore è paziente; è benigno; non è invidioso; non si vanta; non si gonfia; non manca di rispetto; non cerca il suo interesse; non si adira, non tiene conto del male ricevuto; non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta».

Certamente difficile, ma non impossibile, se accogliamo l'invito del Signore Gesù a rimanere nel suo amore. Come fecero Chiara e Francesco. Un episodio, tra i tanti, ce lo rivela, avvenuto a Santa Maria degli Angeli. Prima di mangiare, parlando di Dio, i due santi andarono in estasi e avvenne che gli abitanti di Assisi videro la chiesa di Santa Maria degli Angeli e il bosco circostante avvolti dalle fiamme. Accorsero subito con l'intento di spengere il fuoco, ma quando giunsero sul luogo costatarono che non c'erano fiamme e capirono, come informa l'Autore dell'episodio, «che quello era stato fuoco divino e non materiale, il quale Iddio aveva fatto apparire miracolosamente, a dimostrare e significare il fuoco del divino amore, del quale ardevano le anime di questi santi frati e sante monache».

5. In questo contesto, va rilevato che delle caratteristiche più significative di Chiara fu la povertà. Come ricorda il Prefazio di questa Messa, sull'esempio di Francesco, di cui un suo biografo scrive che «nessuno fu tanto avido di oro, quanto lui di povertà», Chiara era convinta che niente e nessuno potesse costringerla a cercare qualsiasi sicurezza diversa dal «possesso di Cristo». Per questo, chiese al Papa Innocenzo III il «Privilegio della povertà», ossia il diritto di vivere senza alcuna proprietà. Il Papa, pur ammirando la singolarità della richiesta, tentò di persuaderla a possedere qualche proprietà, per far fronte ad ogni necessità e per evitare i pericoli del mondo. Ma davanti alla sua decisione incrollabile il 17 settembre 1228 Papa Gregorio IX le concesse il «privilegio» richiesto, il cui originale si conserva qui in questo Proto Monastero.

Fratelli e sorelle, Santa Chiara con la sua scelta radicale della povertà che nasce dall'amore si pone come esempio di vita nella nostra società, contrassegnata dal consumismo, ossia dalla sfrenata ricerca di soddisfare i bisogni indotti dalla pressione della pubblicità e da fenomeni d'imitazione sociale, con l'inevitabile sprechi economici e l'inquinamento, e dall'edonismo, che considera il piacere come il bene sommo dell'uomo e il fine esclusivo della vita.

6. Vorrei concludere questa meditazione sulla vita di Chiara con le parole che Ella utilizzò nel suo testamento, chiedendo a Lei di aiutarci a vivere la povertà che tutto spera da Dio, unica fonte e sorgente della vera ricchezza per l'uomo. Diceva Chiara rivolgendosi alle sue sorelle: «Tra gli altri benefici, che abbiamo ricevuto ed ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle misericordie, per i quali siamo molto tenute a rendere a Lui glorioso vive azioni di grazie, grande è quello della nostra vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a lui obbligate».

Che anche noi possiamo gioire del beneficio ricevuto da Dio nella vocazione particolare che ha affidato a ciascuno di noi e rendergli gloria vivendola con gioia nella quotidianità del nostro essere sacerdoti, monache, frati, politici, genitori, lavoratori ...

Concludeva Chiara il suo testamento con un'esortazione alle sue sorelle, ma che vale anche per ciascuno di noi: «Noi, che siamo entrate nella via del Signore, guardiamoci di non abbandonarla mai, per nostra colpa o negligenza o ignoranza. Recheremmo ingiuria a così grande Signore, alla sua Madre vergine, al beato padre nostro Francesco, a tutta la Chiesa trionfante ed anche alla Chiesa di quaggiù. Sta scritto, infatti: Maledetti quelli che si allontanano dai tuoi comandamenti. Per questa ragione, io piego le mie ginocchia davanti al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, per i meriti della gloriosa santa Vergine Maria sua Madre, del beatissimo padre nostro Francesco e di tutti i santi, lo stesso Signore, che ci ha donato di bene incominciare, ci doni ancora di crescere nel bene e di perseverarvi fino alla fine".

Anche noi oggi pieghiamo le nostre ginocchia e, per intercessione di santa Chiara, chiediamo a Dio, che ci doni ancora di crescere nel bene e di perseverare fino alla fine. E cosi sia.

Pietro Card. Parolin

Segretario di Stato