Una delle più grandi fatiche del cattolico medio, specialmente di quello che vive immerso nei social network, è la difficoltà nel leggere la realtà nella sua complessità. La mente cerca scorciatoie, etichette, semplificazioni. Non è un difetto solo contemporaneo: la psicologia cognitiva, da Jean Piaget a Daniel Kahneman, ha mostrato come l’essere umano necessiti di “scatole mentali” per dare senso al mondo. Ma quando questo meccanismo diventa rigido, quando la categorizzazione prende il sopravvento sul pensiero critico e spirituale, allora diventa una trappola. E in ambito ecclesiale questa trappola si trasforma in veleno.
In queste ore, mentre si intensificano le riflessioni sul futuro della Chiesa e sul successore di Pietro, molti ci scrivono – pubblicamente e in privato – per chiedere che si prenda posizione su un candidato piuttosto che un altro. La polarizzazione è evidente: sacerdoti, vescovi, cardinali e laici si schierano come se si trattasse di una campagna elettorale, di una battaglia tra fazioni. Ma la fede non può essere vissuta come una contesa politica.