Milano - Con una lettera indirizzata a tutti i membri della Fraternità, giovedì 13 novembre 2025 Davide Prosperi comunica l’avvio operativo della nuova Diaconia Centrale prevista dal recente Statuto: la prima riunione si è tenuta sabato 1° novembre e ha completato la composizione dell’organismo per il prossimo quinquennio. Nella stessa sede sono stati affidati gli incarichi interni e annunciate le prossime tappe per la rete territoriale. Silere non possum da tempo sta sottolineando come all'interno di questo movimento, al momento, ci sia una vera e propria incapacità ad ascoltare chi invita alla riflessione e alla condivisione. Nonostante nelle ultime ore alcuni membri interni abbiano tentato di delegittimare sacerdoti diffondendo letture distorte e insinuazioni su siti la cui attendibilità sarebbe meglio non commentare, il direttore Marco Felipe Perfetti, in un video, ha richiamato con fermezza la necessità di tutelare le persone e di abbandonare pratiche meschine usate per preservare posizioni di potere. Essere cattolici significa assumersi responsabilità reali, non rifugiarsi in dichiarazioni di principio mentre si alimentano dinamiche che tradiscono il Vangelo.
Cosa dice la lettera
Prosperi ricostruisce l’iter: la composizione iniziale della Diaconia da lui proposta il 1° ottobre è stata accettata dal cardinale Kevin Farrell; a questa si sono aggiunti i quattro membri di diritto previsti dallo Statuto. La riunione del 1° novembre ha quindi eletto i cinque cooptati, definendo l’assetto completo.
Sul piano degli incarichi, la Diaconia ha eletto Emanuele Colombo come Vicepresidente; Prosperi, nella lettera, motiva la scelta anche con l’esigenza di un respiro internazionale, richiamando la presenza e la crescita del movimento nelle Americhe. Contestualmente sono stati designati i membri del Comitato Esecutivo (Cesare Pozzoli, don Andrea D’Auria, Ettore Pezzuto), il Segretario Generale (Marco Melato), il Tesoriere (Damiano Zazzeron) e i Revisori dei conti.
Per il ruolo di Consigliere spirituale Prosperi ha indicato S.E.R.Mons. Ivan Maffeis, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, che ha accettato l’incarico.
Le prossime riunioni avvieranno l’individuazione dei referenti territoriali.
La composizione degli organismi alla luce dei documenti interni
La composizione:
Diaconia Centrale: Prosperi è il Presidente e, tra gli altri, Colombo (poi eletto Vicepresidente), Pozzoli, don Andrea D’Auria, Pezzuto, oltre ai membri di diritto provenienti da Memores Domini, dalle Suore di Carità dell’Assunzione e dalla Fraternità dei Missionari di San Carlo; figurano inoltre i membri cooptati e i responsabili per diverse aree geografiche. Sono indicati anche gli incarichi di Segretario Generale (Melato) e Tesoriere – legale rappresentante (Zazzeron).
Consiglio di Presidenza: oltre al Presidente, risultano presenti chierici e laici già parte della Diaconia Centrale o del governo, tra cui don Stefano Alberto, Francesco Cassese, Emanuele Colombo, don Andrea D’Auria, don Francesco Ferrari, Ettore Pezzuto, Cesare Pozzoli, Matteo Severgnini, don Emmanuele Silanos.
Il punto di fondo
Il passaggio è delicato: la centralità degli organi di governo è oggi definita con precisione, mentre la rete territoriale verrà interamente configurata attraverso referenti nominati dalla Diaconia Centrale, senza alcun processo elettivo o consultivo. È su questo snodo — il rapporto tra una guida ormai pienamente centralizzata e la vita concreta delle comunità locali — che si giocherà la tenuta del carisma nella sua nuova forma istituzionale. La lettera di Prosperi invita esplicitamente all’unità e alla preghiera per la Chiesa in questa fase, ma la verifica reale di metodo e partecipazione è rimandata ai mesi a venire.
Alla luce delle nuove nomine e delle composizioni, emerge tuttavia un dato che non può essere ignorato: tutti gli incarichi chiave sono stati assegnati a persone vicine all’attuale governance, figure già pienamente allineate alle scelte centrali e alla linea di conduzione imposta dal nuovo Statuto. Nessuno spazio reale è stato previsto per coloro che, in questi anni, hanno espresso dubbi, riserve o letture diverse. Il ricambio, più che frutto di un processo condiviso, appare costruito come consolidamento di un blocco di potere già definito.
Qui si rivela una distanza profonda rispetto allo Statuto del 2017, nel quale il livello locale — attraverso le Diaconie diocesane e regionali — costituiva un vero luogo di discernimento e rappresentanza. Elezioni, consultazioni, rapporti con il vescovo diocesano: tutte dinamiche che, pur con diversi limiti, garantivano pluralità, movimento, verifiche dal basso e anche unità con la Chiesa locale. Il nuovo Statuto, invece, sostituisce la trama partecipativa con un impianto verticale dove ogni figura chiave dipende da una nomina centrale. La razionalizzazione canonica, presentata come necessaria, coincide di fatto con una compressione della libertà interna e della responsabilità personale, elementi che Giussani considerava costitutivi del carisma.
La retorica dell’unità, nella lettera come nelle scelte, sembra funzionare come dispositivo di controllo più che come spazio di comunione: si chiede unità non per aprire un dialogo, ma per chiuderlo. In questo schema — ben noto nella storia degli abusi anche nei movimenti ecclesiali — l’unità diventa parola-schermo, impiegata per silenziare il dissenso, isolare le voci critiche, trasformare ogni obiezione in attentato all’armonia. Chi solleva domande «mina la comunione»; chi domanda trasparenza «crea turbamento»; chi ricorda l’origine carismatica «non accetta l’obbedienza». È una dinamica prossima, nei fatti, a un abuso di coscienza ecclesiale, perché identifica la fedeltà con l’adesione a un gruppo dirigente, non con l’amore alla verità.
Queste scelte segnano dunque non solo un cambio di struttura, ma un cambio di cultura: dalla sinodalità concreta - quella vera e non di schermata - a una gestione che si rappresenta come ordinata e uniforme, ma che rischia di rivelarsi fragile perché priva di reale partecipazione. La domanda che resta aperta è la più semplice e la più decisiva: un carisma può vivere in un contesto dove la libertà — personale, comunitaria, critica — è percepita come un problema?
d.L.C.
Silere non possum