In queste ore, durante le quali il Santo Padre è ricoverato presso il Policlinico Agostino Gemelli di Roma, numerosi commentatori e “giornalai” si prestano a riflessioni sul futuro della Chiesa, avanzando ipotesi sui possibili successori, spesso guidati dal desiderio di compiacere determinati ambienti o di assolvere a precise logiche di opportunità. 

“La Chiesa è una realtà complessa”, scriveva tempo fa Silere non possum. E, in effetti, tale complessità appare evidente oggi più che mai. Fortunatamente, anche quei porporati che si lasciano andare a considerazioni superficiali sui giornali, nei salotti o durante le cene romane, sembrano, in certi casi, avviare riflessioni più profonde riguardo l’avvenire dell’Istituzione.

Sebbene alcuni abbiano saggiamente scelto di non esporsi pubblicamente sul "palco" di San Pietro durante la recita del Santo Rosario, si registra l’arrivo a Roma di diversi cardinali stranieri provenienti da varie parti del mondo. Le preoccupazioni sono molteplici, ma vi è un elemento che accomuna le diverse posizioni: “Serve un Papa che non solo inviti alla Pace nel mondo ma riporti la Pace nella Chiesa”.

Questo aspetto appare cruciale per le prospettive future della Chiesa. Durante il pontificato di Francesco, infatti, si sono acuiti contrasti interni e le ragioni di conflitto all’interno della Chiesa si sono moltiplicate. Non si tratta unicamente delle dispute legate alla celebrazione eucaristica, le quali sono emerse con forza portando a provvedimenti che hanno generato divisioni e ferite da rimarginare, ma anche delle vicende personali di molti cardinali, vescovi e sacerdoti che hanno subito gravi abusi di autorità, talvolta dallo stesso Pontefice.

“Tutto si può riassumere nel trovare un uomo che torni a mettere al centro Gesù Cristo, il diritto canonico e la sacralità delle persone, della loro vita”, spiega un porporato. Questo concetto sembra emergere con forza. Negli ultimi anni, la certezza del diritto è venuta meno, un fenomeno che ha accomunato realtà ecclesiali dall’Italia alla Groenlandia. Gli unici a non averne risentito sono coloro considerati appartenenti al cosiddetto “cerchio magico”, una rete di persone che Papa Francesco ha cambiato con frequenza in questi dodici anni. È evidente, infatti, che coloro che oggi ne fanno parte temono il futuro, consapevoli che chiunque succederà all’attuale Pontefice potrebbe non riservare loro un futuro piacevole.

Tra questi senza dubbio troviamo Renato Tarantelli, presente ogni sera in piazza San Pietro, visibilmente tremante - e non certo per il freddo. Il Vicegerente ha via via colpito coloro che etichettava come "vicini a De Donatis" e sono tutti sue vittime, fatta eccezione per uno: Benoni Ambarus. Quest'ultimo ha mantenuto finora la sua posizione grazie alla stima personale del Pontefice, nonostante i ripetuti tentativi di Tarantelli di screditarlo, denunciando l'amicizia tra il vescovo rumeno e il Penitenziere Maggiore e accusandoli delle più oscure cospirazioni ai suoi danni e a quelli del Papa.

L'incertezza giuridica continua a rappresentare terreno fertile per gli abusi di coscienza, un fenomeno che negli ultimi anni ha registrato una crescita allarmante. Se da un lato qualcuno cavalca il tema degli "abusi spirituali" per ottenere visibilità mediatica e successi editoriali, dall'altro resta urgente affrontare la questione con serietà, proteggendo le vittime e allontanando i responsabili. Oggi, la Chiesa fatica a offrire una tutela efficace in questo ambito, mentre i procedimenti canonici appaiono sempre più privi di credibilità.

Ad inizio gennaio nell’Urbe ha iniziato a diffondersi la voce di un commissariamento dell’Abbazia di Subiaco. Come ormai è prassi, nella Chiesa viviamo sotto assedio di chi diffonde notizie manipolate al fine di creare un po’ di rumore e per non perdere quella abitudine di diffamare e calunniare qualcuno. Molte volte Silere non possum si ritrova di fronte a questioni sulle quali preferirebbe tacere e, probabilmente, quindici anni fa lo avremmo continuato a fare. Difatti, seppur a conoscenza di diverse cose, situazioni e realtà, spesso preferiamo che i processi, la storia faccia il suo corso sperando che la giustizia abbia la meglio. Allo stesso tempo, però, bisogna sempre combattere con due drammi: il primo riguarda il fatto che alcuni provvedimenti sono oggettivamente ingiusti e si qualificano oggettivamente come abusi d'autorità; il secondo è il chiacchiericcio che purtroppo aumenta sempre di più. Seppur si vorrebbe tacere, quindi, spesso si è obbligati a parlare per poter stroncare (finché sì è in tempo) quelle narrazioni volutamente faziose e piene di particolari che sono falsi. La bocca di queste sarte di quartiere, però, è spesso alimentata da chi dovrebbe offrire le notizie in modo trasparente ma non lo fa. Ed è così che anche gli stessi monaci diventano vittime delle lotte fra aghi da cucito. Ma andiamo al dunque.

Cos’è l’abbazia di Subiaco?

L' abbazia territoriale di Subiaco è un complesso monastico di straordinaria importanza storica e spirituale, situato nella valle dell’Aniene, nel Lazio. In realtà, a Subiaco ci sono due abbazie principali:

Il Monastero di San Benedetto (detto anche Sacro Speco): costruito a strapiombo sulla roccia, è legato alla figura di San Benedetto da Norcia. Qui il santo si ritirò in una grotta per circa tre anni, conducendo una vita di eremitaggio prima di fondare l'ordine benedettino. Il monastero è famoso per i suoi affreschi medievali, tra cui il più antico ritratto noto di San Francesco d’Assisi, realizzato mentre era ancora in vita.

Il Monastero di Santa Scolastica: fondato da San Benedetto stesso, è l'unico superstite dei dodici monasteri che il santo aveva istituito nella zona. Ha subito varie modifiche architettoniche nel corso dei secoli, fondendo stili romanico, gotico e rinascimentale.
Subiaco è anche famosa perché lì fu fondata la prima tipografia in Italia: nel 1465, due monaci tedeschi vi stamparono i primi libri a caratteri mobili. Fino al 2002 l'abbazia territoriale di Subiaco estendeva la sua giurisdizione su 29 parrocchie. Con il decreto Venerabilis Abbatia Sublacensis della Congregazione per i vescovi il territorio è stato limitato ai soli monasteri di Santa Scolastica e di San Benedetto e alle proprietà benedettine sul monte Taleo e nell'altura di Collelungo. All'interno del monastero di Santa Scolastica si trova la cattedrale omonima, che è anche l'unica parrocchia dell'abbazia territoriale.
Il monastero di Santa Scolastica di Subiaco, all'origine dell'abbazia territoriale omonima, fu uno dei tredici monasteri fondati da san Benedetto da Norcia nella prima metà del VI secolo nel territorio sublacense.

Cosa succede a Subiaco?

Come abbiamo detto in apertura, in questi anni non si contano i monasteri nei quali Papa Francesco è entrato a gamba tesa. Le modalità con cui la Santa Sede entra, abusando della propria autorità, in queste realtà è stata esaustivamente spiegata in questo articolo. 

«Accade spesso che la nomina del priore dia origine a gravi scandali, perché alcuni, gonfiati da un maligno spirito di superbia e convinti di essere altrettanti abati, si attribuiscono indebitamente un potere assoluto, fomentando litigi, creando divisioni nelle comunità…» Regola San Benedetto - Capitolo LXV.

Sempre attraverso la Terza Loggia, al Pontefice sono giunte le richieste di qualche anima repressa che si è fatta forte delle ambizioni di chi sta già distruggendo Farfa ma non è sufficientemente soddisfatto.

È così che il 19 dicembre 2024 il Santo Padre Francesco ha firmato il provvedimento con il quale affida a S.E.R. il Sig. Cardinale Giuseppe Petrocchi il compito di recarsi a Subiaco e compiere una visita apostolica prestando particolare attenzione alla questione economica. 

Petrocchi, focolarino doc, è sempre stato attento ed interessato alle questioni economiche. Anche nella diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, sua prima destinazione episcopale, è ricordato per questo. Proprio a Latina raccontano che a Subiaco "il cardinale discepolo della Lubich ha portato con sé Sergio Caianiello", 64 anni, dottore commercialista di Latina che ha un particolare feticcio per gli ordini cavallereschi. Spesso nelle nostre curie diocesane fanno capolino questi personaggi che si fanno raccomandare con lettere piene di elogi per poter ottenere qualche riconoscimento da parte della Santa Sede. Giornalisti che chiedono ai cardinali di farsi nominare “commendatori”, medici che vogliono indossare i mantelli dell’Ordine di Malta, commercialisti che chiedono di poter diventare Cavalieri, ecc… Chissà come mai si tratta sempre di gente che gestisce soldi. Se un prete dicesse al proprio vescovo che vuole una nomina del genere sarebbe etichettato come “arrivista”, questi laici invece no.

Se qualcuno in questi dodici lunghi anni si è scagliato tanto contro i chierici, si è dimenticato di questi personaggi che sono ben più pericolosi. A gennaio di quest’anno, infatti, il Segretario di Stato Pietro Parolin ha risposto positivamente alle richieste del confratello che lo pregava di concedere la nomina a Sergio Caianiello quale Cavaliere dell’Ordine di San Gregorio Magno. Ed è così che con un breve il Papa ha “concesso”: «Francesco Pontefice Massimo, accettando volentieri le richieste a Noi rivolte, dalle quali apprendiamo che tu hai ben meritato per il bene e per l'incremento del patrimonio cattolico della Chiesa, manifestiamo apertamente grata testimonianza della Nostra volontà a te (...), scegliamo, creiamo e nominiamo Cavaliere dell'Ordine di San Gregorio Magno e ti concediamo facoltà di godere di tutti i privilegi, che sono annessi a questa dignità».

La visita all’abbazia è iniziata il 18 febbraio 2025 ma, come ormai è consuetudine in questo pontificato, c’è una grave irregolarità nel provvedimento che la dispone. A seguito della decisione del Papa, infatti, il Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha emesso un provvedimento, che si riferisce a quello firmato dal Pontefice, con il quale stabilisce le modalità della visita.

Ritorniamo, quindi, a quanto detto in apertura e alle considerazioni sull’ignoranza del diritto che oggi porta la Chiesa verso un baratro. L’abbazia di Subiaco non è un’abbazia qualunque ma è territoriale e per questo è soggetta al Dicastero per i vescovi. Il provvedimento, quindi, dovrebbe uscire da Piazza Pio XII n. 10 e non dal n.3. Il medesimo pasticcio avvenne anche nel caso della comunità di Bose dove fecero notificare a Bianchi il decreto dal Segretario del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Peccato, però, che Bianchi e gli altri destinatari dei provvedimenti fossero tutti laici e il Dicastero non c'entrava alcunché. 

Ci ritroviamo, ancora una volta, in un "pasticcio francescano". Chiamarlo francescano, però, fa rivoltare nella tomba il poverello d'Assisi che la misericordia e l'amore le predicava per davvero non come slogan di un pontificato che sembra eterno. 

F.P. e d.M.A.
Silere non possum