Nel cuore della Città del Vaticano, mentre Papa Francesco invita ripetutamente i cardinali a rinunce sempre più inverosimili, c’è un Dicastero che pare vivere in un mondo a parte: il Dicastero per la Comunicazione. Un’isola felice, almeno a giudicare dai numeri, dagli atteggiamenti e soprattutto da una gestione interna che sembra ignorare i venti di austerità che spirano altrove in Curia.

Parola d’ordine: tagliare!

Già nel 2020, in piena pandemia, il Papa aveva disposto un taglio del 10% sull’indennità dei membri del Sacro Collegio. Nel settembre scorso Francesco ha scritto direttamente ai membri del Sacro Collegio per ribadire la necessità di sobrietà e il prefetto della Segreteria per l’Economia, Maximino Caballero Ledo, ha comunicato la sospensione della cosiddetta “Gratifica per la Segreteria” e dell’“indennità di Uffici” mensile. Una scelta che ha suscitato malumori tra alcuni membri del Sacro Collegio, in particolare tra coloro che, con quanto percepiscono, sostengono mensilmente famiglie in difficoltà economica e devono anche mantenere sé stessi in una realtà che continua ad aumentare gli affitti. 

La motivazione, ormai ben nota, è sempre la stessa: le finanze della Santa Sede sono in condizioni critiche e Papa Francesco continua a promuovere una linea di austerità ispirata a uno spirito evangelico di sobrietà, pilastro della sua riforma. 

Tagliare ma…

La domanda che sorge spontanea è: sobrietà per chi? In un’epoca in cui si proclama la sinodalità e si insiste sull’uguaglianza tra clero e laici, assistiamo a un paradosso evidente: ai chierici si chiedono sacrifici sempre maggiori, mentre ai laici – spesso senza meriti reali né impegno concreto – vengono elargiti stipendi generosi. E il Papa? Sta forse risparmiando? Su cosa esattamente? Sulle particole?  

Questi tagli, va ricordato, colpiscono un clero già poco retribuito. Le cifre circolate sulla stampa – i famigerati 5.000 euro mensili ai cardinali – sono gonfiate e risalgono a tempi lontani, riservate un tempo solo ai capi dicastero. Oggi la realtà è ben diversa, e molti ecclesiastici si trovano a vivere con stipendi simbolici, spesso integrati da altre fonti solo se esterne. Questo, peraltro, rischia di fomentare altri rischi contro i quali Francesco si è spesso accanito ma che sta facendo di tutto per alimentare.

Il familismo amorale a piazza Pia

Tuttavia, al Dicastero per la Comunicazione pare valere un’altra logica. È infatti il dicastero con il maggior numero di dipendenti, la maggior parte laici, e nonostante gli appelli alla responsabilità e alla parsimonia, qui non si parla di tagli ma di aumenti. 



Una recente e-mail interna del 19 marzo 2025 – giorno di san Giuseppe, patrono della Chiesa universale e dei lavoratori – inviata dal prefetto Paolo Ruffini, annuncia che “è stato finalmente superato il cosiddetto blocco dei livelli” e che “un piano di adeguamenti” è stato approvato, in collaborazione con la Segreteria per l’Economia. “Non tutte le nostre richieste sono state accolte”, spiega il “finto curato” Ruffini, “ma si tratta di un primo importante passo. Altri ne seguiranno”.

Ecco, dunque, il paradosso: mentre ai cardinali si chiedono sacrifici, ai collaboratori fedelissimi di Ruffini e Tornielli si riconoscono “scatti di livello non indifferenti”. Mentre la crisi è sbandierata come giustificazione per ridurre al minimo i compensi del clero, a Piazza Pia si promette che “già a partire dall’anno venturo” tornerà “una normale fisiologia della gestione del personale”. In altre parole: chi è rimasto fuori dagli aumenti, attenda paziente. Il suo turno arriverà. Il sistema è sempre il solito: familismo amorale puro. Le risorse vengono dirottate verso chi è più vicino alla cabina di regia composta da Paolo Ruffini, Andrea Tornielli, Andrea Monda e Matteo Bruni. Quest’ultimo quartetto ha anche influenza diretta sulla Segreteria per l’Economia, perché Maximino Caballero Ledo, oltre a lamentarsi degli appartamenti, ha comunque un occhio di riguardo verso i suoi confratelli laici”. 

Abusi e soprusi contro il dissenso

All’interno della piccola Città Stato, la corda si sta per spezzare. La Gendarmeria Vaticana, sotto la guida di Alessandro Diddi – il quale, non conoscendo l’ordinamento vaticano, sembra credere di poter operare come un pubblico ministero italiano – sta operando da anni con il chiaro fine di fare pressione su coloro che “osano lamentare” questi abusi e questo sistema familistico. Cardinali, vescovi, presbiteri ma anche molti laici sono infastiditi e non hanno più intenzione di sottostare ad un regime peggiore di quello iraniano. A differenza di Ali Khamenei, qualcuno in Vaticano ha pensato che il modo migliore per gestire l’informazione non sia quello di agire secondo giustizia, ma il portafoglio. In altre parole, comprare il silenzio di certi giornalai. Così accade che, se una giornalista viene rapita a Teheran, l’indignazione, in Italia e nel mondo, esplode, si mobilita l’opinione pubblica internazionale e persino “Dio in terra” prende posizione.

Ma quando a Roma, in piena illegalità, un corpo armato straniero fa irruzione nelle abitazioni italiane di dipendenti vaticani, tutto tace. Nessuna inchiesta, nessun articolo. Del resto, i caffè offerti da Mauro Gambetti nel suo “ufficio cinque stelle lusso al terzo piano” della Fabbrica di San Pietro, per qualcuna valgono più della vita delle singole persone. Perché scrivere la verità, per chi ama le marchette, non conviene.

L’analfabetismo premiato

Silere non possum ha documentato negli ultimi anni numerosi errori, refusi, scivoloni e vere e proprie figuracce prodotte dal Dicastero per la Comunicazione, eppure la macchina continua ad alimentarsi, ad assumere, a promuovere, ad allargarsi, e nessuno compie una reale valutazione dell’efficacia del lavoro prodotto da questi “scrivani dell’ultim’ora”. I risultati sono mediocri, i canali ufficiali hanno perso da tempo ogni credibilità, eppure – paradossalmente – gli stipendi continuano a salire, in netta controtendenza rispetto a quanto avviene per il clero. Se si chiede a un prete, anche straniero, chi sia Andrea Tornielli, nella maggior parte dei casi la risposta sarà: “Chi?” Ma se si nomina Silere non possum, quasi certamente lo conosce. Una differenza che parla da sé. E qualche motivo, forse, c’è. 

Proprio Tornielli, piuttosto che lavorare, è spesso più attivo su Facebook che nel guidare una linea editoriale solida e veritiera. Accusato da più parti di fare editoriali insignificanti e partigiani, è stato anche oggetto di polemiche per i messaggi e le conversazioni private, colme di commenti e affermazioni discutibili, che circolano ormai tra i membri di quel Dicastero. La sua soluzione è quella di colpire con insulti omofobi e, ovviamente anonimi, chi mette in risalto il suo scarso operato. Presto, anche queste cose, saranno oggetto di lunghi approfondimenti su queste pagine. 

Nel frattempo, mentre i chierici devono campare con 1200 euro al mese (quando va di lusso!), nel Dicastero per la Comunicazione Ruffini e “Lupo Lucio” ringraziano con calore “per la pazienza e la comprensione” e promettono nuovi aumenti in futuro. E ci si chiede: davvero la crisi finanziaria della Santa Sede è così grave da richiedere sacrifici a molti, ma non a tutti? Oppure si tratta, ancora una volta, del sistema familistico amorale italo-argentino esploso nel 2013? Una cosa è certa: il clima in Vaticano è tutt’altro che sereno, e proprio laddove si dovrebbe comunicare trasparenza e verità, si moltiplicano le ombre.


R.R. e P.C.
Silere non possum