In the diocese of Ventimiglia - Sanremo, the bishop lashes out at a priest victim of extortion.
Ci troviamo nella Diocesi di Ventimiglia – Sanremo. Un presbitero viene ricattato da un giovane immigrato. "chat erotiche e video hard", dice qualcuno. Noi preferiamo dire: "Cose private". Il
ragazzo tenta di estorcere denaro al sacerdote, ben sapendo che se quel
video fosse uscito avrebbe scatenato il dito moralizzatore della
gerarchia ecclesiastica.
Troppo spesso, però, dimentichiamo che "scambiarsi video hard" non è un reato, estorcere sì.
Il
delinquente si è rivolto ad un giornale locale, il quale ha pubblicato
nome e cognome del presbitero. Atti gravissimi che l'Ordine dei
Giornalisti, ovviamente, non stigmatizza.
Il problema sono gli stessi vescovi, non tutti sia chiaro, che non hanno ancora capito come comportarsi quando avvengono questi "incresciosi fatti".
L'unica preoccupazione che deve abitare l'animo dell'Ordinario è:
"siete entrambi maggiorenni?" Fine della discussione. Se non vi sono
minori coinvolti ed entrambe le parti sono state consenzienti, il
vescovo deve rispondere come un comune cittadino: "Non è affar che mi
riguarda". Anzi, s
e si presenta in Episcopio un soggetto con dei documenti privati, deve immediatamente denunciarlo alle autorità civili.
Ci
riferiamo al fatto concreto, tenendo in considerazione, quindi, solo il
diritto italiano. Visto che molti zucchetti paonazzi dimenticano che il
diritto è questione seria e serve a tutelare la vita delle persone,
facciamo un breve ripasso. La Repubblica Italiana, della quale abbiamo
ben poca stima, è riuscita ad approvare, dopo anni, la legge 69 del 19
luglio 2019.
Tale legge, all'articolo 10 introduce nel codice l'articolo 612 ter. Lo stesso recita: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo
averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o
diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito
,
destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone
rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la
multa da euro 5.000 a euro 15.000″.
Inoltre, nel comportamento del giovane si configura un altro reato: l'estorsione,
prevista e punita dal codice all'articolo 629 del codice penale. Anche
in questo caso si parla di una pena minima di 5 anni fino ad un massimo
di 10.
Anche la testata giornalistica che ha pubblicato la
notizia, deve essere chiamata a rispondere in sede penale e civile. I
singoli giornalisti devono rispondere e l'Ordine deve avviare
procedimenti a loro carico.
La Chiesa Cattolica non è la Croce Rossa, bisogna smetterla con questo atteggiamento di sottomissione.
Il nome della vittima, cioè il parroco, è stato reso pubblico. Il nome del delinquente che ha commesso ben due reati, no.
Questa è la narrativa di questi giornalai spazzatura. Poi vediamo
questi sapienti giornalisti che vanno in televisione a parlare di
"comunicazione corretta". Sì, certo.
Procedimento canonico
Mons. Antonio Suetta può avviare tutte le indagini previe che ritiene ma, al contrario del trentatreenne siriano, il presbitero non ha commesso alcun delitto. Nel codice di diritto canonico, infatti, non vi è alcun articolo che ritenga "delitto" il comportamento in questione. È bene rammentare, quindi, che il presbitero secolare non ha alcun obbligo di "castità". Cosa significa? Il sacerdote diocesano è tenuto alla castità, né più né meno, del laico. Lo stesso, infatti, non emette un voto di castità, come i religiosi. Il prete promette di condurre una vita celibe. La questione è ben diversa.
Ciò non significa che domattina andiamo tutti in piazza a sbottonarci. No, certo. Ma significa che la vita delle persone deve restare privata. Nessuno è autorizzato a rendere pubblico il contenuto di una chat PRIVATA. Diversamente, ne risponde in tribunale.
Il comunicato della Diocesi di Ventimiglia – Sanremo è a dir poco vergognoso. Non viene pronunciata una parola in merito alla condotta del carnefice ma ci si concentra sulla vittima: il presbitero. Addirittura,
scrive la diocesi, "grave violazione degli obblighi derivanti dallo
stato clericale". A Sanremo qualcuno dovrebbe studiarsi un po' di
diritto, il che non guasterebbe.
Oggi, purtroppo, i vescovi amano molto "l'acclamazione del popolo" e non prediligono il rapporto con i propri preti. Sarebbe il caso di ricordare che il rapporto con il proprio presbiterio è il primo compito del vescovo. Certo,
è più semplice dire ai ragazzi della cresima che la natura è bella e il
sole è caldo, piuttosto che preoccuparsi dei reali problemi che i preti
hanno. Fare il vescovo non è affare semplice. Non si tratta di fare
comunicati ogni volta che Achille Lauro apre bocca. Di Achille Lauro,
sinceramente, non importa nulla a nessuno. I presbiteri hanno bisogno di
vescovi che li aiutino e li difendano. Solo in questo modo l'ordinario
sarà credibile anche quando si impone e governa con autorità.
Diversamente saremo in balia delle "paturnie" dei singoli pastori.
Il
vescovo ha certamente il compito di invitare i presbiteri a vivere la
loro vita privata con discrezione, ma quando questi sono vittime di
reati, devono intervenire a loro difesa. Senza indugio.
Il dito
moralizzatore è bene non puntarlo, perché ogni volta che lo rivolgiamo
verso il prete vi sono altre tre dita che sono rivolte verso noi
stessi.
Questa è una delle tante vicende in cui si punta lo sguardo sulla parte sbagliata. La vittima diventa carnefice e viceversa. La Chiesa non può essere così masochista da mettersi in uno sgabuzzino nel quale si fa "menare" dal primo che passa. I presbiteri devono reagire e rispondere con le armi del diritto a questo perenne "ricatto" a cui la Chiesa viene sottoposta. Oggi è un video, domani è un'accusa falsa, dopodomani altro ancora. Adesso è il momento di dire basta. La
diocesi di Ventimiglia – Sanremo deve tutelare il proprio presbitero,
denunciare questo delinquente e deve costituirsi parte civile.
Tornano sempre attuali le parole di Cristo: "Hypocrita, eice primum trabem de oculo tuo et tunc perspicies, ut educas festucam, quae est in oculo fratris tui".
F.P.
Silere non possum