Viviamo in un tempo che cambia con rapidità impressionante. Le relazioni si fanno fragili, i legami si allentano, le parole sembrano perdere peso, e gli impegni spesso si consumano nello spazio di un’emozione. In questo scenario, parlare di fedeltà può sembrare quasi fuori luogo, come evocare un’antica virtù ormai superata. Eppure, proprio in questo tempo di incertezze e fragilità, la fedeltà si rivela più che mai urgente, essenziale, profetica.

Nel cuore della fede cristiana, la fedeltà non è un accessorio o un dettaglio, ma un fondamento. È il volto concreto dell’amore, la sua espressione più profonda e forse più impegnativa. Non si tratta semplicemente di “non cambiare”, ma di continuare ad amare anche quando il cambiamento tocca noi, quando siamo chiamati a metterci in discussione. Non è quella fedeltà di facciata, che spesso sbandieriamo nei nostri fervorini spirituali, ma quella autentica, che costa, che brucia. Non è una fedeltà imposta, svuotata dall’abitudine, con il cuore ormai lontano. È la fedeltà vera, quella di coloro che hanno amato fino in fondo, restando davvero sotto la croce, accanto a Gesù.

La Scrittura è attraversata da un filo d’oro che è proprio la fedeltà di Dio. Non è l’uomo, infatti, a essere fedele per primo: è Dio che si mostra fedele. Dalla promessa fatta ad Abramo, fino all’alleanza rinnovata in Cristo, Dio si mostra come Colui che non viene meno, che non abbandona, che rimane anche quando l’uomo si allontana. “Il Signore, tuo Dio, è un Dio fedele” (Dt 7,9), dice il Deuteronomio. E san Paolo spiega: “Se anche siamo infedeli, Lui rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso” (2Tm 2,13). Questa fedeltà è l’anima stessa della speranza cristiana.

Papa Francesco
, in numerose occasioni, è tornato ad invitare ad impegnarsi in quello che ha definito “un cammino lento e quotidiano”, fatto di pazienza, di sacrificio e di scelta continua. La fedeltà non è un sentimento passeggero, ma un esercizio costante del cuore. In una delle sue omelie, affermava: “La fedeltà, quell’atteggiamento umano che non è tanto comune nella vita della gente, nella nostra vita. Sempre ci sono delle illusioni che attirano l’attenzione e tante volte noi vogliamo andare dietro queste illusioni. La fedeltà: nei tempi buoni e nei tempi brutti”. E rivolgendosi ai giovani, ha più volte ribadito quanto sia rivoluzionario oggi promettere qualcosa per sempre: nella vocazione sacerdotale, nella vita consacrata, nel matrimonio. Ma anche nell’amicizia, nella propria missione quotidiana, nell’appartenenza alla Chiesa.

San Giovanni Paolo II
nella Familiaris Consortio, scriveva: “Soprattutto sia fatta opera di prevenzione, coltivando il senso della fedeltà in tutta l'educazione morale e religiosa dei giovani, istruendoli circa le condizioni e le strutture che favoriscono tale fedeltà, senza la quale non si dà vera libertà, aiutandoli a maturare spiritualmente, facendo loro comprendere la ricca realtà umana e soprannaturale del matrimonio-sacramento”.

La fedeltà è una testimonianza del Dio che è amore fedele, che non si stanca dell’uomo, che lo cerca e lo ama anche quando egli cade. In questo senso, la fedeltà diventa un atto missionario: rendere visibile nel mondo il volto di un Dio che non si ritira mai.

Papa Benedetto XVI
ha parlato della fedeltà come via della verità. In un tempo segnato dal relativismo, ha ricordato che ciò che conta davvero è ciò che dura. Tornando dal viaggio apostolico in Croazia disse: “La fedeltà è testimonianza dell'amore di Cristo”. In Deus Caritas Est sottolinea come l’amore diventi pienamente sé stesso solo quando è fedele, perché solo nella fedeltà l’amore si apre all’eternità, e diventa segno del divino.

Ma cosa significa oggi essere fedeli? Essere fedeli oggi significa avere il coraggio di una coerenza che non si piega alla moda del momento o al sentimento/bisogno passeggero. Significa mantenere la parola data, essere presenti anche quando non si riceve nulla in cambio, perseverare nella preghiera anche quando non si sente nulla. Significa continuare ad amare la Chiesa anche quando ci appare fragile o contraddittoria, come una madre stanca che però continua a generare vita.

Fedeltà è anche restare al proprio posto, nella propria vocazione, nella propria chiamata, senza cedere alla tentazione dell’evasione o del disincanto. È l’opera silenziosa dei genitori che crescono i figli con pazienza. È la testimonianza dei consacrati che continuano il loro sì nel nascondimento. È il sacerdote che resta fra l’altare e il suo popolo. È il giovane che sceglie di amare in un mondo che non ne è più capace. È il cristiano che non rinuncia alla verità per compiacere gli altri.

La fedeltà non è durezza, ma tenerezza resistente. Non è ripetizione vuota, ma rinnovamento continuo. Non è prigione, ma libertà matura. È la virtù di chi ama veramente, senza misura e senza data di scadenza. In un mondo dove tutto passa, la fedeltà ci parla di eternità.

Scrive C.S. Lewis ne I quattro amori: “L’amore non è una causa di sofferenza; ciò che causa la sofferenza è l’essere separati dall’amore. L’amore richiede fedeltà, richiede il coraggio di restare anche quando restare fa male. Ma è solo così che l’amore diventa reale, perché diventa eterno.”

E allora, forse, il vero atto rivoluzionario oggi non è cambiare tutto, provare sempre il nuovo, ma scegliere di restare. Restare fedeli a Dio, agli altri, a sé stessi. Restare come Cristo è rimasto, fino alla fine. Fino alla croce. Fino alla gloria.

Marco F. Perfetti