Sabato 6 settembre 2025, fra Gerard Francisco Timoner III, Maestro dell’Ordine dei Predicatori, ha confermato l’elezione canonica di fr. Robert Gay OP a nuovo Priore Provinciale della Provincia San Domenico in Italia.

La cerimonia si è svolta durante i Vespri, momento in cui è stata letta la lettera di conferma e accettazione, seguita dalla professione di fede e dal giuramento del nuovo Provinciale. L’intera comunità domenicana ha accolto questo passaggio con spirito di preghiera, affidando il ministero di fr. Robert Gay all’intercessione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario, e di San Domenico, fondatore dell’Ordine.

Le Province Domenicane in Italia

L’Ordine dei Predicatori è suddiviso in più realtà territoriali:

Provincia San Tommaso d’Aquino in Italia: comprende Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Provincia Romana Santa Caterina da Siena: comprende Lazio, Toscana, Umbria, Abruzzo e Sardegna.
Provincia dell’Italia Settentrionale: raccoglie i conventi del nord Italia, delle Marche e due comunità in Turchia.

La Provincia San Domenico in Italia, che ora sarà guidata da fr. Robert Gay, continuerà il suo cammino nella missione di annuncio e testimonianza evangelica secondo il carisma di San Domenico.

Chi è fra Robert Gay?

Fra Robert ha iniziato il suo percorso accademico in Scienze biologiche al Wye College dell’Università di Londra, conseguendo poi il dottorato in Fisiologia delle piante presso l’Università di Glasgow. Successivamente ha proseguito gli studi in Filosofia e Teologia al Blackfriars Studium e si è specializzato in bioetica e diritto medico presso la St Mary’s University di Twickenham. I suoi ambiti di ricerca si concentrano in particolare sull’etica dello stato vegetativo persistente, sulle questioni etiche legate al fine vita e sull’applicazione dell’etica delle virtù tomista all’interno della bioetica.

Fra Robert Gay ha ricoperto l’incarico di promotore vocazionale nella provincia inglese dell’Ordine di San Domenico e fino ad oggi è stato economo e assistente maestro dei novizi nel convento domenicano di Milano. Nel 2010, da diacono, ha raccontato la sua vocazione in un’intervista che qui riproponiamo.

Quando ha iniziato per la prima volta a pensare alla vita religiosa?
Mi trovavo in una libreria a Canterbury, prima di diventare cattolico, e mi capitò tra le mani un libro del defunto cardinale Basil Hume OSB intitolato Searching for God. È una raccolta di conferenze che aveva tenuto ai novizi e ai giovani monaci di Ampleforth, quando era abate di quel monastero. In realtà, fu uno dei primi libri cattolici che lessi, e così il mio cammino verso il cattolicesimo e quello verso la vita religiosa furono molto legati tra loro.

In quel caso, cosa fu ad attirarla al cattolicesimo?
Conobbi un gruppo di studenti Erasmus italiani mentre facevo il dottorato, ed erano persone che la domenica andavano a Messa. Una settimana andai con loro e, per dirla semplicemente, non smisi più. All’epoca non sapevo esattamente perché: ero semplicemente affascinato da ciò che avveniva sull’altare e colpito dall’omelia del sacerdote. Più tardi compresi che era la presenza reale di Cristo ad attirarmi. Mi sembrava che, se questo era vero, se Cristo era realmente presente sacramentalmente, allora ciò dovesse avere conseguenze su tutta la mia vita. Così divenne naturale per me cominciare a considerare sia la possibilità di diventare cattolico sia quella di una chiamata alla vita religiosa.

Che cosa accadde poi?
Fui ricevuto nella Chiesa al Wye College, nel Kent. Due settimane dopo seguii il mio supervisore a Glasgow, dove aveva ottenuto un nuovo incarico, ma dopo tre mesi un grave incendio nel mio laboratorio interruppe il mio dottorato. Questo mi diede molto tempo per riflettere sul futuro in modo orante, per chiedermi che cosa stessi facendo e perché. Cominciai a partecipare alla Messa quotidiana e a un gruppo di preghiera locale, nel quale iniziai a capire l’importanza e il valore del pastore in una comunità cristiana. Mi resi conto anche dell’importanza di essere guidato nella vita spirituale. Credo che il momento decisivo arrivò nella Domenica delle Vocazioni, quando mi trovai a partecipare alla Messa nella cattedrale di Westminster. Mons. George Stack tenne un’eccellente omelia e la liturgia fu splendida. Dopo, mentre pregavo, ricordo di aver pensato che era un peccato che le persone non donassero la propria vita a Cristo come sacerdoti o religiosi. Poi mi venne in mente che forse erano proprio persone come me a dover fare quel dono della propria vita. Forse Dio mi stava chiamando?

Come rispose a questa intuizione?
Andai a parlare con il viceparroco della mia parrocchia, che divenne il mio direttore spirituale. Mi pose tutte le domande giuste. In quel processo, la mia comprensione della vocazione cominciò lentamente a prendere forma. Mi resi conto allora che non mi sentivo legato a un luogo particolare, né a un monastero né a una diocesi. Questo sembrava escludere la stabilità della vita monastica, eppure c’erano elementi della vita benedettina che mi attraevano molto: la preghiera, la vita comunitaria, lo studio. Ma, oltre a questi aspetti, desideravo un apostolato: riuscivo a vedermi come benedettino solo fino a un certo punto. Il mio direttore spirituale mi suggerì allora di informarmi su altri ordini religiosi, e tramite internet mi imbattei nei domenicani.

Che cosa la colpì dell’Ordine?
Dalle fotografie sul sito web si capiva che c’era preghiera comune, perché c’erano immagini dei frati che cantavano in coro. Allo stesso tempo, le descrizioni del loro lavoro includevano la cappellania negli ospedali, nelle prigioni, proprio quel genere di impegno apostolico che stavo cercando. A quel punto smisi di guardare ad altri ordini. Può sembrare molto audace a ripensarci, ma sentii onestamente, appena vidi il sito dei domenicani, che quella era esattamente la vita che stavo cercando e che, o avevo una vocazione domenicana, oppure non avevo alcuna vocazione.

Qual è stata la sua mossa successiva?
Mi misi in contatto con il responsabile per le vocazioni e passai circa un anno a visitare i conventi domenicani in tutto il Paese. Ricordo di aver partecipato alla preghiera del mattino a Blackfriars, Oxford. Rimasi molto colpito dalla bellezza della chiesa, con il sole del mattino che filtrava dalle finestre, e dall’energia della preghiera. La comunità appariva dinamica, con un buon mix di età tra i frati in coro, e cantavano davvero con entusiasmo!

Ciò che mi impressionò davvero durante le visite ai conventi domenicani fu la percezione che il desiderio di studiare e predicare il Vangelo fosse molto vivo. In quel periodo stavo leggendo il libro di Timothy Radcliffe Sing a New Song e vedevo chiaramente che i frati si sforzavano di vivere gli ideali della vita domenicana che Timothy descriveva. Certo, le comunità non erano perfette, ma ebbi la netta impressione che l’Ordine fosse un luogo per persone appassionate. Allo stesso tempo, tra i frati si respirava una vera umanità. Mi sentii subito a casa, anche nelle visite più brevi. Fui colpito dalla gioia che regnava nelle comunità.

Ha altri pensieri sulla vocazione che vorrebbe condividere?
Credo sia importante che ogni giovane dedichi tempo, in preghiera, per discernere la propria vocazione, qualunque essa sia. È fondamentale per il futuro della Chiesa che i giovani abbiano il coraggio di chiedersi: “Che cosa vuole Dio che io faccia della mia vita?”. Se prendiamo sul serio Cristo e ascoltiamo davvero la sua chiamata particolare, possiamo finire in luoghi che non avremmo mai immaginato. La reazione naturale è dire: “Di certo questo non riguarda me”, ma dobbiamo prendere sul serio la domanda. Scoprire ciò che Dio vuole da noi significa trovare la nostra casa, il luogo in cui possiamo fiorire. Può sembrare un rischio, e come i discepoli ci sembra di “prendere il largo”, ma quel rischio ci insegna a vivere in un modo colmo di Dio e che dona vita. Posso dire sinceramente che non c’è nulla che io abbia lasciato come religioso che non abbia poi ricevuto indietro con abbondanza. Se doniamo la nostra vita a Cristo e crediamo nel suo amore e nella sua grazia trasformante, allora noi, persone ordinarie, possiamo fare cose straordinarie per Lui.

p.R.A.
Silere non possum