Venerdì 31 maggio 2024 nella Cattedrale di Piacenza, S.E.R. Mons. Claudio Giuliodori ha presieduto il rito delle esequie del Professor Franco Anelli, Rettore Maggiore dell'Università Cattolica di Milano. Hanno concelebrato: S.E.R. Mons. Giovanni Cesare Pagazzi, segretario della sezione per l'educazione del Dicastero per la cultura e l'educazione; S.E.R. Mons. Adriano Cevolotto, vescovo di Piacenza-Bobbio e abate di San Colombano; S.E.R. Mons. Gianni Ambrosio, vescovo emerito di Piacenza-Bobbio; S.E.R. Mons. Erio Castellucci, arcivescovo-abate di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi. Presenti numerosi sacerdoti e fedeli laici. Diverse le autorità civili e militari, fra cui il ministro dell'università e della ricerca della Repubblica Italiana, Anna Maria Bernini.
Mons. Giuliodori ha detto: «Non penso di esagerare, infatti, e ritengo di avere il vostro più ampio assenso, se dico che il Prof. Anelli è stato un Rettore che l’appellativo “Magnifico” lo ha meritato davvero e lo ha interpretato nel migliore e più alto dei modi. Un titolo non solo onorifico dovuto al ruolo e alla tradizione accademica, ma una qualifica che il Prof. Anelli ha davvero onorato e tradotto in una gestione dell’Ateneo dei cattolici italiani intelligente, dinamica, competente e lungimirante».
Omelia di S.E.R. Mons. Giuliodori
Una settimana fa siamo rimasti tutti attoniti e sconvolti nell’apprendere la notizia della morte improvvisa e tragica di Franco Anelli, figura insigne dal punto di vista accademico e stimato Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. In questi giorni il nostro animo è stato affranto dal dolore e tante domande hanno agitato il nostro cuore e la nostra mente. Non possiamo nascondere il turbamento per una vita che si è spezzata in modo così drammatico, ma siamo consapevoli che ci sono soglie che non sono valicabili e di fronte alle quali dobbiamo assumere l’atteggiamento più consono e appropriato. Il silenzio e il rispetto innanzi tutto per una vicenda umana che ci ha posto di fronte ad una situazione inaspettata e imponderabile. Ci siamo trovati improvvisamente davanti al mistero più profondo e insondabile dell’esistenza umana. Abbiamo toccato con mano, come insegna la Scrittura, che «un bàratro è l'uomo e il suo cuore un abisso» (Sl 64,7). Forse, per un attimo fatale, è stato attraversato da quel pensiero funesto che era così familiare a Giacomo Leopardi: «la morte non è male poiché libera l'uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desideri» (Pensieri, VI, Le Monnier, Firenze 1845).
Di fronte a tutto questo potremmo essere umanamente sopraffatti dallo smarrimento e dallo sconcerto, ma siamo qui perché ci è data la grazia di poter vedere e considerare le cose da un altro punto di vista che non cancella il dramma umano ma lo inserisce in un orizzonte infinitamente più grande che è quello spalancato dalla fede in colui che ci ha detto: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11,25-26). Ed è nell’incontro con il Risorto che anche noi vogliamo leggere questa vicenda e accomiatarci, per quanto possibile, con cuore sereno e animo fiducioso dal carissimo Franco sapendo che è nelle mani di Dio e che nulla potrà più allontanarlo dall’abbraccio della sua infinita misericordia.
Un segno eloquente di questa luce che ci consente di leggere con fede quanto stiamo vivendo ci viene offerto dall’odierna liturgia dedicata alla visita che Maria fa ad Elisabetta sua parente. Come le aveva detto l’angelo Gabriele, il concepimento nella vecchiaia da parte di Elisabetta costituiva il contrassegno che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37), riferito in modo particolare al mistero dell’incarnazione di Dio che si compiva per opera dello Spirito Santo nel grembo di Maria. Quello tra Maria ed Elisabetta è pertanto un incontro carico di gioia e di speranza per tutta l’umanità, soprattutto quella ferita e sofferente. Il loro abbraccio oggi, grazie a questa liturgia che unisce il Cielo alla terra, si estende al nostro caro Franco Anelli e a tutti noi per ricordarci che Dio si è fatto uomo ed è venuto a condividere i drammi dell’umanità e a spalancare per tutti la via della salvezza. Il Signore Gesù non solo è venuto in mezzo a noi per darci la vita vera e in abbondanza, ma per renderci partecipi della vita eterna. Per questo, il Libro dell’Apocalisse ci ricorda che Lui è la «tenda di Dio con gli uomini! […] E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,3-4).
È con questa certezza di fede, sostenuta dalla Parola ascoltata, che affrontiamo il momento doloroso del distacco ma soprattutto guardiamo al tanto bene che il Rettore Anelli ha fatto. Come ci ha ricordato il Card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione, sia nella celebrazione di suffragio lunedì a Roma sia nella visita fatta ieri nella camera ardente a Milano, non dobbiamo domandarci perché se n’è andato quanto piuttosto che cosa è venuto a fare e che cosa ci lascia. In questa prospettiva, non credo sia fuori luogo cogliere la singolare assonanza tra il canto del Magnificat, che esprime la lode di Maria a Dio per le meraviglie da lui compiute in lei e nella storia dell’umanità, e il saluto che ora facciamo al Magnifico Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Non penso di esagerare, infatti, e ritengo di avere il vostro più ampio assenso, se dico che il Prof. Anelli è stato un Rettore che l’appellativo “Magnifico” lo ha meritato davvero e lo ha interpretato nel migliore e più alto dei modi. Un titolo non solo onorifico dovuto al ruolo e alla tradizione accademica, ma una qualifica che il Prof. Anelli ha davvero onorato e tradotto in una gestione dell’Ateneo dei cattolici italiani intelligente, dinamica, competente e lungimirante. Anche se lui stesso si sarebbe schernito con la sua pungente autoironia, non possiamo non rendergli l’omaggio che merita per tutto ciò che ha fatto con grande generosità e saggezza a servizio di un Ateneo di cui si considerava figlio grato e di fronte al quale aveva assunto, in momenti non facili, la piena e gravosa responsabilità. Davvero grandi sono i suoi meriti: dalle vicende del Policlinico A. Gemelli, risanato e rilanciato ai vertici della sanità e della ricerca a livello nazionale e internazionale, ai momenti difficili della pandemia affrontati con grande determinazione ed efficacia; dal rinnovamento e rilancio di tutte le sedi, con progetti innovativi e ambiziosi, alla crescente internazionalizzazione; dalla sua personale statura scientifica in ambito giuridico alle molteplici iniziative culturali che hanno dato sempre più prestigio al nostro Ateneo, dalle significative celebrazioni per il centenario al sapiente contributo dato alla missione educativa dell’Ateneo, come rilevato in questi giorni nelle espressioni di cordoglio del Santo Padre Francesco e di tante personalità del mondo ecclesiale, della realtà accademica e della società civile che ringraziamo ancora una volta per la vicinanza, l’affetto e la preghiera. Vogliamo ringraziare Dio leggendo in filigrana tra le righe del Magnificat anche le tante magnifiche opere compiute dal Rettore Anelli. In questa luce desideriamo ricordare la sua illuminata attività, non separabile dal suo tratto umano, fatto di simpatia, rispetto e brillante interazione con tutti. Ci sarà modo di esprimere a tempo debito e nelle modalità più appropriate tutta la nostra stima e riconoscenza per il suo straordinario contributo dato all’Ateneo e, in diversi ambiti, alla vita del Paese. La scomparsa improvvisa ci rattrista profondamente ma non scalfisce la sua statura e la sua opera. Anzi rende il suo lascito ancora più prezioso e più impegnativo per tutti noi. Ogni passaggio decisivo dell’esistenza che, come cristiani, siamo chiamati a vivere nell’orizzonte pasquale, ci consegna un di più di impegno e di responsabilità secondo quelle coordinate che abbiamo ascoltato nella prima lettura e che ora diventano per il nostro Ateneo orientamento per il cammino futuro: «amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene; siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,10-12). Su queste basi, che richiamano l’opera dei fondatori, e che abbiamo riconosciute ben presenti anche nel Rettore Anelli, l’Ateneo proseguirà come e più di prima la sua missione educativa e culturale. Il commiato che abbiamo vissuto nei due luoghi più significativi dell’Ateneo, la Cappella del Sacro Cuore e l’Aula Magna, ci ricordano ancora una volta che camminiamo in compagnia di giganti della fede e testimoni di santità - Toniolo, Ferrini, Barelli, Salvadori, Necchi, Lazzati - e con insigni figure di scienza e cultura, da P. Agostino Gemelli a tutti i rettori, professori e studenti, che hanno fatto grande l’Ateneo fino ai nostri giorni. Anche alla loro vicinanza e amicizia affidiamo l’amato rettore perché possa continuare il suo percorso nella pienezza della vita in Dio. Il Sacro Cuore, che tanto ha fatto nella vita e nella storia di questo Ateneo per realizzare cose che sembravano impossibili, possa ora accogliere e ricolmare di pace l’anima del nostro fratello Franco e possa dare a tutti noi - come scriveva Pio XI a P. Agostino Gemelli agli albori di questo Ateneo - il coraggio di impegnarci «con tutte le forze ad un assiduo lavoro, disposti anche a sempre nuovi sacrifici per rendere l’Università capace di svolgere il suo nobilissimo programma e la sua importante e delicata missione» al fine di mantenere «alto ed onorato il suo vessillo, nel quale campeggia il motto: “In scientia religio et in religione scientia”» (Pio XI, “Con vivo compiacimento”, Lettera a P. Agostino Gemelli, 22 aprile 1922). Per tutto questo, ancora una volta, ispirati dalla beata Armida Barelli, diciamo con fede: «Sacro Cuore mi fido di Te». Amen.