Città del Vaticano – Viene pubblicata oggi la prima Esortazione apostolica di Papa Leone XIV, dal titolo Dilexi te.Come Silere non possum aveva anticipato, il testo era già stato concepito per Papa Francesco, in continuità con l’enciclica Dilexit nos, pubblicata il 24 ottobre 2024 e dedicata all’amore del Cuore di Cristo. Il progetto era stato affidato a monsignor Vincenzo Paglia, che nel documento ha riversato molte delle riflessioni già sviluppate nel suo volume Storia della povertà. La rivoluzione della carità dalle radici del cristianesimo alla Chiesa di papa Francesco (Rizzoli, 2014).

In quell’opera — a metà tra storia, teologia e sociologia — emerge la stessa visione che oggi anima Dilexi te: una Chiesa povera e per i poveri, fedele all’intuizione del Concilio Vaticano II e al gesto profetico di san Francesco d’Assisi, che nel povero riconobbe il volto stesso di Cristo.

Un filo diretto: dal libro all’Esortazione

Leone XIV non ha rifiutato di pubblicare il testo a suo nome, ma ha chiesto che alcuni passaggi fossero rielaborati. Nel documento, tuttavia, si riconosce chiaramente la stessa mano che ha scritto il volume di Paglia: lo stile, il lessico e le immagini sono quelli. La stessa Esortazione apostolica non nasconde questo legame: al paragrafo 22, il Papa cita esplicitamente Vincenzo Paglia e il suo libro come riferimento per “comprendere la storia dell’attenzione per i più bisognosi”. Un richiamo raro, quasi confidenziale, che lascia intuire una relazione ben più profonda: non un semplice utilizzo di un testo di consultazione, ma una vera ispirazione di fondo, condivisa e fatta propria dal nuovo Pontefice. Sfogliando i due testi, il “copia e incolla” è impressionante.

Entrambi partono dalla stessa scena evangelica: la donna che versa il profumo sul capo di Gesù e la risposta del Maestro, “I poveri li avete sempre con voi” (Mt 26,11). Entrambi leggono in quell’episodio la chiave del rapporto tra Cristo e i poveri, non come problema sociale ma come mistero teologico. E quando Dilexi te afferma che “il contatto con chi non ha potere e grandezza è un modo fondamentale di incontro con il Signore della storia”, riecheggia quasi parola per parola la tesi di Storia della povertà: “La carità sa penetrare nel mistero dei poveri, e in essi si manifesta la stessa questione di Dio”.

Teologia e linguaggio condivisi

Le affinità tra i due testi non si fermano al contenuto, ma si estendono al linguaggio, alla struttura e persino al ritmo della scrittura. In Dilexi te si ritrova lo stesso lessico e la medesima impostazione teologica di Storia della povertà: entrambi distinguono con chiarezza tra beneficenza e rivelazione, insistendo sull’opzione preferenziale per i poverinon come scelta pastorale, ma come dimensione intrinseca della fede cristiana. Allo stesso modo, sia il libro che il documento a firma del Papa denunciano la falsa meritocrazia che legittima l’indifferenza verso gli ultimi e indicano in san Francesco d’Assisi il modello di una Chiesa che si lascia riformare “dall’abbraccio con il lebbroso”.  Le corrispondenze non si esauriscono sul piano delle idee: alcune frasi coincidono quasi parola per parola. Paglia scrive: “I poveri non ci sono per caso o per un cieco destino”; l’Esortazione riprende: “I poveri non ci sono per caso o per un cieco e amaro destino”. Più che un rimando casuale, sembra una citazione implicita, segno di un legame diretto tra il volume e il documento pontificio.

Paglia, Francesco e la “forma evangelica”

Il libro di Paglia è, di fatto, una lunga meditazione sulla storia della carità come forma del Vangelo. Da Clemente Alessandrino a Benedetto XVI, fino a Francesco, egli sostiene che la Chiesa si riforma ogni volta che torna ai poveri. Dilexi te riprende esattamente questo filo, definendo la povertà come “luogo in cui si manifesta la debolezza di Dio”, e la carità come “strumento di liberazione e di santificazione”. L’Esortazione rischia così di trasformare la tesi di Paglia in magistero pontificio: da riflessione teologica a proposta pastorale universale.

Un’eredità manipolata

In apertura del documento, viene fatto dire a Leone XIV di aver ricevuto “in eredità” il progetto dell’Esortazione dal suo predecessore, Papa Francesco. Ma a leggere con attenzione, l’eredità che traspare è in realtà duplice: da una parte quella spirituale, riconducibile all’intento di Francesco di proseguire la riflessione sul Cuore di Cristo; dall’altra, quella culturale, che porta la firma di Vincenzo Paglia, esponente della Comunità di Sant’Egidio, figura da sempre discussa e coinvolta in vicende tutt’altro che limpide. Così, pur presentandosi come il primo testo del nuovo pontificato, l’Esortazione sembra scritta con una voce già nota, quella di chi, più che interpretare il pensiero di Leone XIV, ha trasmesso il proprio, consegnando alla Chiesa un documento che risente fortemente del suo stile e della sua visione: quella di una Chiesa che “si riconosce nei poveri, perché lì si svela il cuore stesso di Cristo”.

Tra regia e grazia

Purtroppo, anche in questa occasione, il Papa è stato guidato più che ispirato, come già accadeva negli ultimi anni del pontificato di Francesco. Dilexi te appare infatti il risultato di una regia esterna, di quel gruppo che da tempo orienta e plasma i testi pontifici secondo una linea ideologica e teologica già tracciata. Leone XIV è stato intrappolato in una narrazione costruita da altri, che ne ha condizionato il linguaggio e ne ha piegato la voce. È questo, forse, il vero rischio che emerge dal documento: quando la parola del Papa non è più il frutto del discernimento personale del Pontefice, ma il prodotto di chi ne manovra la penna, la Chiesa smette di ascoltare un Pastore e comincia a seguire un copione. Si tratta comunque del primo testo ed è noto, anche esplicitato nel testo, che non è un lavoro di suo pugno.

 Va tuttavia riconosciuto che, accanto a queste ombre, l’Esortazione apostolica Dilexi te contiene pagine di grande bellezza e profondità, che sono state volute proprio da Leone XIV. In alcuni passaggi si avverte una voce diversa, più contemplativa e sobria, capace di andare oltre le formule di scuola per restituire un respiro evangelico genuino. Tra questi, emerge il riferimento alla vita monastica. Non si tratta più di teologia sociale, ma di una prospettiva spirituale e ascetica, segno della volontà del Papa di riportare la riflessione sulla povertà al cuore stesso del Vangelo. Senza dimenticare di osservare le citazioni che, a differenza degli altri testi pontifici degli ultimi dodici anni, sono numerose e di ampio respiro. 

G.A. e d.U.A
Silere non possum






Leone XIV ha anche inviato una lettera ai vescovi: «

Caro Fratello in Cristo,
È con grande gioia che ti scrivo, seguendo una prassi iniziata da Papa Francesco più di dieci anni fa, che associa l’intero Collegio Episcopale ai momenti importanti del Magistero Pontificio.

Possa “Dilexi te” aiutare la Chiesa a servire i poveri e ad aiutare i poveri a portarsi a Cristo.

Fraternamente in Cristo,

Leone PP. XIV