Quousque tandem abutere, Francisce, patientia nostra? potremmo dire parafrasando Cicerone. Leggendo i documenti emergono novità sulla vicenda Bose.

«Respondens autem Petrus et apostoli dixerunt: ” Oboedire oportet Deo magis quam hominibus.»

Actus Apostolorum 5, 29

«Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.» L’obbedienza è una virtù, difficile da conquistare, forse la più difficile. Ma di questi tempi si pone un quesito fondamentale: a chi o a che cosa bisogna obbedire?

Soprattutto in quei momenti in cui l’obbedienza agli uomini, invece di perfezionare la vita spirituale, sembra pregiudicarla, mettendo a repentaglio la vita di alcuni e la loro vocazione. Vengono in mente queste parole di Pietro negli Atti degli apostoli.

La vicenda della Comunità di Bose diviene sempre più chiara. Purtroppo, da parte della Santa Sede l’atteggiamento è immutato, l’ho definito dispotico e ritengo non sia la prima volta che, sotto questo pontificato, ci si trovi innanzi a questo stile. Ancora una volta, a farne le spese sono sempre i più deboli, in questo caso i monaci allontanati.

Sin da quando è iniziata la visita apostolica, a Bose non si respira un clima sereno. Un clima di caccia alle streghe perdura all’interno della comunità e i monaci sono stremati da continui sospetti. Sono diversi i monaci che hanno lasciato la comunità. Novizi e novizie, un accolito, due professi e due professe. A seguito della visita apostolica altri ancora che non hanno sostenuto quel clima insopportabile. Resta poi da dire che quando Bianchi lasciò, il noviziato era rigoglioso ma con il cambio del priore si è ridotto ad un ingresso soltanto e tutte queste fuoriuscite. Ora il noviziato maschile è vuoto e quello femminile ha solo due giovani. Diciamo che anche dal punto di vista vocazionale, questo clima non ha aiutato affatto.

Ciò che desta più amarezza è anche constatare che quanto riferisce il delegato pontificio non è quanto accaduto realmente e soprattutto che i decreti non comunicano alcunché di rilevante per giustificare le decisioni prese.

La visita alla comunità

La visita apostolica, che la Santa Sede ritiene essersi svolta dal 6 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020, in realtà è durata 9 giorni.

Per questa visita sono stati incaricati:

il Rev.mo Padre Guillermo Leon Arboleda Tamayo O.S.B., Abate Presidente della Congregazione Sublacense Cassinese dell’Ordine di S. Benedetto;

il Rev.do Padre Amedeo Cencini F.d.C.C., nominato delegato pontificio ad nutum Sanctae Sedis;

e la Rev.ma Madre Anne-Emmanuelle Devêche OCSO, badessa di Blauvac.

Dal 7 al 12 dicembre 2019, in comunità a Bose, erano presenti i tre visitatori. Il delegato pontificio ad nutum Sanctae Sedis, Padre Amedeo Cencini, si è recato ad Assisi (PG) e a Cellole (SI) nei giorni 9 e 10 dicembre 2019.

L’abate Tamayo ha lasciato la comunità il 12 dicembre e non ha più avuto contatti con i monaci.

La madre badessa di Blauvac e il delegato Cencini sono tornati a Bose il 04 e 05 gennaio 2020. Sicché, la presenza in monastero è stata molto più contingentata e soprattutto, alcuni monaci sono stati ascoltati da tutti e tre i visitatori, ed altri invece hanno incontrato i singoli visitatori in giornate differenti.

Madre Emmanuelle, fra le altre cose, non parla correttamente l’italiano, pertanto ci si domanda come potesse comprendere appieno ciò che le veniva confidato dai membri della comunità. 

Il decreto della Segreteria di Stato

A seguito di quella visita apostolica, il 13 maggio 2020, venne emanato il decantato decreto singolare n. 490.149 dell’Em.mo Card. Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità con approvazione specifica dal Pontefice, con i provvedimenti ad personam che disponeva l’allontanei confronti dei fratelli di Bianchi.

All’art. 7 disponeva che Enzo Bianchi si ritirasse, entro e non oltre il termine di dieci giorni dalla data di notifica (che avvenne il 21 maggio 2020), dalla Comunità Monastica di Bose e gli imponeva di trasferirsi, “per un tempo indeterminato e senza soluzione di continuità, in un Monastero o altro luogo scelto dal Delegato Pontificio, in accordo, per quanto fosse possibile, con l’interessato”.

Poi gli si vietava di “rientrare a Bose o in una delle Fraternità e dall’intrattenere, in alcun modo, relazioni e contatti con i membri della Comunità senza l’autorizzazione previa ed esplicita del Delegato Pontificio” (art. 10), si dimissionava Bianchi“da presidente dei Convegni internazionali, da direttore delle Edizioni Qiqajon, da direttore del periodico Qiqajon, da presidente dell‘Associazione Monastica di Bose“. Altresì, si chiedeva al Bianchi di non fondare comunità, associazioni o altre aggregazioni ecclesiali (art. 13).

Nel decreto però, non si evince alcuna motivazione che potrebbe giustificare un atto si tanto grave.

In sostanza, si contesta a Fr. Enzo Bianchi, a Fr. Goffredo Boselli, a Fr. Lino Breda, e a Sr. Antonella Casiraghi di aver contrastato il governo del nuovo priore e non aver permesso un clima fraterno.

Accuse che, però, non sono suffragate da alcuna contestazione specifica o prova alcuna. Pur consapevoli che la Santa Sede non è firmataria della Convenzione EDU, non possiamo non guardare a quanto prevede la stessa all’articolo 6:

“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti.”,

oppure l’art. 8 della Convenzione ONU sui diritti umani:

“Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti.”. 

La Santa Sede non ha firmato né la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali né la Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite perché non è un membro parte ma, comunque, è osservatore permanente. Questa condizione è stata mantenuta perché la sovranità del Pontefice nello Stato della Città del Vaticano è assoluta. Precisiamo però, come abbiamo avuto modo di fare anche relativamente ai temi di discriminazioni a motivo dell’orientamento sessuale, che il Consiglio d’Europa ha stabilito dei criteri per assegnare la condizione di “Membro osservatore permanente” ad uno Stato. Fra questi vi sono: “l’essere disposti ad accettare i principi di democrazia, stato di diritto e il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte di tutte le persone nella sua giurisdizione”.

I documenti quindi confermano quanto Bianchi ha affermato nel suo comunicato del 06 marzo 2021.

Criteri per l'ammissione di uno Stato come membro permanente

L'appello al Papa

Il 21 maggio 2020 il decreto è stato notificato ai destinatari da Sua Ecc.za Rev.ma Mons. José Rodríguez Carballo O.F.M., segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica; Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Marco Arnolfo, arcivescovo Metropolita di Vercelli e il Rev.do Padre Amedeo Cencini FdCC, delegato pontificio ad nutum Sanctae Sedis.

Appena notificato il provvedimento, Bianchi si è rivolto direttamente al Pontefice chiedendogli di ascoltare le sue doglianze. Il fondatore faceva presenti alcune difficoltà pratiche: la pandemia da Covid-19, la sua età e il tempo per trovare un luogo consono che lo potesse ospitare con i suoi fratelli.

Il Pontefice gli ha risposto, con una lettera e gli ha fatto presente che non poteva accettare le sue richieste e lo invitava a realizzare ciò che chiedeva la Segreteria di Stato. Sì, è così. I vaticanisti dell'ultim'ora si mettano l'anima in pace, il Pontefice ha approvato il decreto personalmente, lo ha reso inappellabile e ora chiede a Bianchi di andarsene. Punto. Della sua età, del virus e di tutto ciò che lui ha da dire non gli importa nulla. La misericordia sì, ma quando ritengo io di utilizzarla, questo è il sunto.

L'esilio a Cellole

Il 14 ottobre 2020, padre Amedeo Cencini e Fr. Luciano Manicardi, su ispirazione del Segretario di Stato, riferiscono a Bianchi, la possibilità di ritirarsi a Cellole, ovvero una "sede distaccata" che ora Bose ha nella diocesi di Volterra. Solo ad ottobre quindi, qualcuno inizia a ragionare e a capire che un uomo di 78 anni, non può certamente trovare un luogo dove andare a vivere il resto della propria vita (o i prossimi 5 anni come utopisticamente viene loro detto) in 10 giorni.

Bianchi, pur palesando le proprie perplessità, accetta la proposta e vede una possibile soluzione il trasferimento presso una comunità che è stato lui a fondare. Purtroppo, però, come lo stessoha dichiarato, le condizioni, per quel trasferimento, arrivano successivamente e vengono imposte dal delegato pontificio e dal priore. A conferma di questo, il 20 ottobre il segretario di Stato scrive che la scelta di Cellole è "capace di tenere insieme due aspetti fondamentali della questione: la separazione dalla comunità e l'attenzione alle esigenze concrete" del fondatore e pertanto la ritiene attuabile.

La proposta, la quale viene avanzata dal Segretario di stato, fortemente auspicata da persone vicine allo stesso e che hanno ravvisato in questa imposizione un grave atto nei confronti di Bianchi, è quella di un comodato d'uso gratuito a tempo indeterminato della struttura che oggi accoglie la Fraternità di Cellole (SI), la quale fu data alla Comunità di Bose ai sensi dell'art. 793 c.c. dalla diocesi di Volterra.

Quindi è falso quanto afferma Cencini nel suo decreto del 04 gennaio 2021, Bianchi ha accettato la proposta di Cellole prima che venissero imposte le condizioni "disumane e offensive della dignità dei miei fratelli e delle mie sorelle" e non dopo.

Condizioni che, ricordiamo al lettore, erano:

  • "L'Associazione Monastero di Bose, proprietaria degli immobili di Cellole di San Gimignano (SI), concederà detto complesso abitativo in comodato d'uso gratuito a titolo precario, a Fr. Enzo Bianchi, con regolare contratto scritto a norma di legge civile italiana." Il quale contratto è stato inviato con il decreto del 04 gennaio 2021 e si chiedeva di firmare. Con espressa clausola che avrebbero potuto cacciarli quando ritenevano giusto.
  • "Allo scopo di favorire l'assistenza di cui potrebbe avere bisogno Fr. Enzo Bianchi, una volta che questi si sia trasferito a Cellole, egli potrà essere accompagnato da qualche fratello e sorella membro professo della Comunità Monastica di Bose (in forma extra domum ndr.) che, avendo manifestato liberamente per iscritto il proprio assenso a trasferirsi a Cellole, otterrà dal Delegato Pontificio, sentito il Priore di Bose e ottenuto il parere del consiglio della Comunità, la licenza per trasferirsi". Immaginate voi quali fratelli avrebbero autorizzato.

Inoltre tutte le disposizioni previste nei più di 30 articoli del decreto, fra le quali quelle del divieto di chiamarsi "fraternità monastica di Bose o Cellole" o dirsi "semplice realtà monastica", di fondare nuove realtà e quelle inerenti gli altri tre monaci allontanati, ai quali viene fatto espresso divieto di dimorare con Bianchi. Quindi, in sostanza, Bianchi viene esiliato a Cellole con i monaci scelti dal priore. Abbiate un minimo di pazienza ma a noi ricorda un carcerato piantonato dagli agenti di polizia. Abdel Fattah al-Sisi intercede pro nobis.

Documenti alla mano, ci chiediamo: "Come mai le disposizioni già sufficientemente afflittive del decreto singolare, non vengono facilitate dall'accordo trovato e approvato anche dal segretario di Stato?" e "Come mai il delegato pontificio e il Priore scelgono di porre queste clausole vessatorie?".

Come mai si riferisce urbi et orbi che Bianchi ha accettato quelle clausole, nonostante lo stesso inviò 4 volte, per iscritto, il suo dissenso al delegato pontificio e al priore?

Padre Cencini sicuramente non appare di certo il soggetto giusto per poter rasserenare un clima già sufficientemente teso. Nel 2018 ad alcune religiose parlava del complesso del fondatore. Il video è stato prontamente rimosso dalla comunità che lo aveva pubblicato su youtube a seguito del nostro articolo in cui riportavamo l'intervento e ribadivamo come un soggetto con questi pregiudizi non fosse l'uomo giusto per andare in una comunità e decidere secondo equità.

Cencini sembra non mettere in atto alcun comando evangelico e neppure "la pazienza insegnata dal Vangelo e l'umanità" di cui parla nel suo decreto del 04.01.2021, visto che i monaci si sono sentiti dire più volte: "E la comunità è tenuta a obbedire a quanto il delegato intende stabilire secondo la sua prudenza così come ancora stabilisce il decreto stante il fatto che il delegato agisce da delegato, cioè il nome del Santo padre. [...] questo è il punto di partenza, direi, che va tenuto presente in una situazione come quella che stiamo vivendo". E a chi ha fatto presente il proprio disagio nel vivere questo clima ha chiaramente detto che era libero di andarsene quando voleva.

Una domanda sorge spontanea, il decreto bisogna eseguirlo come padre Cencini rispetta il Can. 284 del Codice di diritto canonico?

Quousque tandem abutere, Francisce, patientia nostra?

F.P.

Silere non possum