In Italy there was a controversy about the Gay Pride that took place in Cremona.
"Squallido, prima ancora che blasfemo". Sono le parole utilizzate dal giornale dei Vescovi italiani, Avvenire, per descrivere il Gay Pride di Cremona. Non vi sembra un tantino forte? Stiamo parlando del giornale cattolico della Conferenza Episcopale Italiana. La voce autorevole della Chiesa italiana. Ma cosa è accaduto di così grave a Cremona?
Il 04 giugno 2022, nella città lombarda si è svolto il Pride a cui hanno partecipato oltre tremila persone.
Cos'è il Gay Pride?
Il Pride è una manifestazione pubblica aperta a tutti per celebrare l'accettazione sociale e l'auto-accettazione delle persone LGBTQ+ e dei relativi loro diritti civili e legali. Lo scopo di questo evento è anche quello di rivendicare diritti che non sono ancora stati acquisiti. Pensiamo ad esempio in Italia alla legge che dovrebbe tutelare le persone LGBTQ+ dalle discriminazioni o ad esempio al matrimonio egualitario.
I primi eventi si verificarono proprio a seguito di gravi atti discriminatori e di violenza. Pensiamo al 1965 quando si scoprì che a Cuba venivano allestiti campi di lavoro forzato a cui erano destinati gli omosessuali e vennero organizzate proteste presso la sede delle Nazioni Unite e di fronte alla Casa Bianca. Oppure nel 1969 quando, nelle prime ore del mattino di sabato 28 giugno, a New York, nel Greenwich Village di Lower Manhattan, scoppiarono alcuni violenti disordini in seguito all'ennesimo raid della polizia in un bar frequentato da omosessuali e transgender, lo Stonewall Inn di Christopher Street. Dopo quella "ribellione" che ci fu, la comunità LGBT iniziò a protestare e a rivendicare maggiore rispetto e diritti.
Il caso
Durante questa manifestazione, che si è celebrato a Cremona sabato scorso, quattro giovani hanno portato in spalla un manichino di una donna con la scritta Virgin sul seno scoperto e l'hanno rivestita di un velo blu e bianco. È scoppiato il fini mondo. Avvenire titola: "se anche al Gay pride si imparasse a chieder scusa". Ed utilizza parole inaccettabili come: "Squallido" "Volgare" e frasi del tipo: "Gli organizzatori, continuando a non collegare i neuroni tra di loro" . Stiamo parlando del giornale dei vescovi italiani! Ma non stupisce questo attacco così pieno di livore. Perchè? Lo si comprende poche righe dopo, quando l'articolista attacca: "Fatemi capire bene: in Parlamento giace da tempo una proposta di legge ambigua, in base alla quale qualcuno potrebbe tentare di tappare la bocca anche ai parroci, in nome della (pur giusta) lotta all’omofobia e gli stessi che invocano certe norme reclamano il 'diritto' di far sfilare una Madonna con il seno nudo (e non perché allatta, come in tante immagini il Bambino)? E io che scrivo queste righe potrei essere accusato (o persino incriminato) di omofobia? Che libertà di espressione sarebbe quella che consente di dileggiare a senso unico?"
Ebbene, quale occasione più ghiotta per attaccare la legge che tutelerebbe le discriminazioni a danno degli omosessuali? Meschina direi. Proprio per utilizzare lo stesso linguaggio di Avvenire. Ma è vero quello che scrive? Ovviamente no. Certo, forse i cattolici intelligenti inizierebbero a disdire gli abbonamenti ad un giornale che scrive con tale livore ma null'altro rischierebbe il giornale dei Vescovi italiani.
Quella legge, invece, non farebbe altro che aggiungere le parole "fondati sull’omofobia o sulla transfobia" ai commi dell'articolo 604-bis del codice penale. Cosa prevede questo articolo?
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito:
con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
[...]
Quindi sostanzialmente questa legge andrebbe a tutelare due categorie in più, diciamo così. Fra i motivi già esistenti però ci sono proprio quelli religiosi. Se ragionassimo secondo il filo logico seguito da Avvenire, gli stessi ragazzi che hanno portato la "Madonna" in processione potrebbero essere processati e condannati. Eppure non è così. Proprio perchè la legge non è applicata indiscriminatamente e senza alcun vaglio di un giudice. Proprio perchè in alcuni ambiti il significato è ben diverso dall'offesa discriminatoria nuda e cruda. Si tratta di una protesta, condivisibile oppure no, ma un modo per dissentire.
Pertanto non è affatto vero ciò che ha scritto il giornalista, ma anzi è strumentale a riaffermare il no della Conferenza Episcopale Italiana ad una legge che tuteli le persone LGBTQ+ dalle violenze omofobe. Violenze che per lo più si perpetrano all'interno delle mura domestiche di famiglie cattoliche "praticanti". È il modo per far decantare nella gente comune, semplice, l'idea che la comunità LGBTQ+, tutta e indiscriminatamente, sia irrispettosa dei valori etici e religiosi. È il metodo utilizzato da una certa politica, che Avvenire comunque attacca quando gli fa comodo, per instillare la paura del diverso.
Una riflessione necessaria
Ha senso condannare un intero evento per il comportamento di alcuni? Fermo restando che la libertà di espressione che tanto rivendica il quotidiano cattolico, fa si che quei quattro giovani siano liberi di portare in processione anche un manichino che richiama la Vergine in quelle condizioni, ciò non esprime il pensiero di tutta la comunità che a quel Pride ha partecipato.
Anche il sindaco e il Presidente di ArciGay si sono espressi in merito riferendo che quella era un episodio di quattro persone e non la volontà dell'intero corteo. «È un errore di cui non c’era bisogno: ma è caso isolato» ha detto Gianluca Galimberti. Il Presidente di Arcigay Cremona, Lorenzo Lupoli ha sottolineato: «Se si guarda bene, si è trattato di quattro ragazzi. Non è certo questo il messaggio che il corteo voleva trasmettere. È stata una manifestazione pubblica, tutti potevano partecipare. La nostra posizione di comunità è quella che appariva alla testa del corteo. Poi, quello che gli altri hanno portato in strada, non è nostra responsabilità»
Ma in tutto questo Maria dov'è? Io sono certo che la Madonna guardasse anche quei suoi figli che hanno scelto di irriderla in quel modo. Del resto anche la traditio non ci consegna una Madre severa, altera o boriosa ma la invoca quale "Mater misericordiae", "Mater amabilis" o "Refugium peccatorum".
Sicuramente anche quella Vergine che alcuni invocano per contrapporla ai diritti che invocano le persone omosessuali, si farebbe voce di quei diritti che ancora, purtroppo, non sono loro garantiti. C'è molta più "ricerca" in alcuni giovani che compiono azioni forti e sconsiderate, magari, piuttosto che in quella lista di donne e uomini che gridano "Schifo" e "Blasfemia".
Se tutti noi seguissimo il metodo di ragionamento che utilizza il giornalista di Avvenire, dovremmo dire che tutti i cattolici e tutti i sacerdoti sono omofobi. Pensiamo a don Ariel Levi Di Gualdo che ha insultato un giovane giornalista solo perchè omosessuale. Pensiamo a Padre Amedeo Cencini che ritiene gli omosessuali "affamati di sesso". Pensiamo a Don Mario Martinengo che ritiene i gay malati. Se generalizzassimo, proprio come fa Avvenire, dovremmo ritenere che tutti i preti sono omofobi? Per fortuna no. Siamo consapevoli che, nonostante la Chiesa abbia ancora una concezione dell'omosessualità che è inaccettabile, ci sono moltissimi sacerdoti e fedeli che hanno ben chiare le parole di Cristo: "Hoc est praeceptum meum, ut diligatis invicem, sicut dilexi vos". Allora forse dovremmo concludere chiedendoci "e se anche Avvenire imparasse a chiedere scusa per tutti questi parroci che deridono gli omosessuali"?
M.P.
Silere non possum