Città del Vaticano - «Tutti siamo stati educati a credere mediante la testimonianza di chi ha creduto prima di noi». Con queste parole, pronunciate durante l’omelia di stamane in Piazza San Pietro, papa Leone XIV ha tracciato il cuore del Giubileo dei Catechisti, celebrato nella XXVI Domenica del Tempo Ordinario. La considerazione del Papa, apparentemente semplice, racchiude l’essenza del ministero catechistico: la fede non è mai un possesso privato, ma un dono trasmesso da generazione a generazione, da una voce che ha creduto a un orecchio che impara a credere.

Il Vangelo di Lazzaro e del ricco senza nome

La riflessione di Prevost si è radicata nel Vangelo di Luca (16,19-31), la parabola del povero Lazzaro e del ricco senza nome. Leone XIV ha osservato che «Lazzaro viene dimenticato da chi gli sta di fronte, appena oltre la porta di casa, eppure Dio gli è vicino e ricorda il suo nome». In un tempo segnato da squilibri sociali e guerre, ha insistito sul contrasto tra l’opulenza cieca e la miseria dimenticata: «Quanti Lazzaro muoiono davanti all’ingordigia che scorda la giustizia, al profitto che calpesta la carità, alla ricchezza cieca davanti al dolore dei miseri!». Il Papa ha ricordato che la vera differenza tra i due protagonisti non sta nei beni posseduti, ma nella memoria di Dio: il povero porta un nome custodito, il ricco perde sé stesso perché ha dimenticato l’altro. È questa la conversione che la Chiesa è chiamata a testimoniare, senza stancarsi di annunciare che «Cristo è risorto dai morti» e che questa verità «non solo va conosciuta e annunciata, ma va amata».

Il ministero catechistico come eco viva

Ai catechisti, Leone XIV ha riconsegnato il senso profondo della loro missione. «Il nome del vostro ministero – ha spiegato – viene dal verbo greco katēchein, che significa istruire a viva voce, far risuonare. Il catechista è persona di parola, ma una parola che si pronuncia con la propria vita». In questa prospettiva, i primi catechisti restano i genitori, «coloro che ci hanno insegnato a parlare e ci hanno trasmesso la lingua della fede». La catechesi, spiega il Papa, non è un’istruzione fredda, ma un segno lasciato nel cuore: «Quando educhiamo alla fede, non diamo un ammaestramento, ma poniamo nel cuore la parola di vita». Qui Leone XIV ha richiamato sant’Agostino: «Esponi ogni cosa in modo che chi ti ascolta ascoltando creda, credendo speri e sperando ami».

Dalla Parola alla testimonianza

Se il ricco del Vangelo «avesse avuto carità per Lazzaro», ha commentato il Pontefice, avrebbe fatto del bene non solo al povero, ma a sé stesso. L’omelia si è così trasformata in un invito a riconoscere nei “molti Lazzaro di oggi” una catechesi vivente, capace di richiamare la Chiesa alla giustizia e alla pace.

L’annuncio di Newman Dottore della Chiesa

Al termine della celebrazione, prima della preghiera dell’Angelus, Leone XIV ha rivolto un pensiero ai catechisti di tutto il mondo e alle popolazioni colpite dal tifone in Asia, invitando alla solidarietà e alla fiducia in Dio. Ma il momento più atteso è giunto con un annuncio storico: «Ho la gioia di annunciare che il prossimo 1° novembre, nel contesto del Giubileo del Mondo Educativo, conferirò il titolo di Dottore della Chiesa a san John Henry Newman.»

Con questa decisione, il Pontefice ha voluto riconoscere il contributo decisivo del cardinale inglese al rinnovamento della teologia e alla comprensione della dottrina cristiana nel suo sviluppo. Newman, pensatore del XIX secolo, ha insegnato che la fede cresce nella storia, sviluppandosi organicamente senza tradire le sue radici. La sua figura si lega idealmente al filo dell’omelia di oggi: come i catechisti sono testimoni che trasmettono la fede, così Newman ha mostrato come la Chiesa, nel tempo, custodisca e approfondisca il depositum fidei, senza interrompere la catena viva della tradizione.

Una Chiesa che ricorda i nomi

Da Piazza San Pietro, dunque, Leone XIV ha consegnato un duplice messaggio: la fede si trasmette nella carne viva delle relazioni, da voce a voce, da padre a figlio, da maestro a discepolo; e la Chiesa, nel riconoscere Newman Dottore, ribadisce che questo cammino di testimonianza è intessuto di memoria, ascolto e sviluppo. La parabola evangelica, i catechisti di oggi e il pensiero di Newman si incontrano in un’unica verità: Dio non dimentica i nomi, ma custodisce ciascuno nella sua promessa. Sta alla Chiesa continuare a farli risuonare nel mondo.

p.R.A.
Silere non possum