Città del Vaticano – Con una lettera resa pubblica oggi, 12 novembre 2025, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha autorizzato il vescovo di Bayeux-Lisieux, Mons. Jacques Habert, a «redigere il corrispondente Decreto e dichiarare che il fenomeno delle presunte apparizioni avvenute a Dozulé è da ritenersi, in maniera definitiva, come non soprannaturale, con tutte le conseguenze di questa determinazione».

La decisione, approvata da Papa Leone XIV nell’udienza concessa al Dicastero il 3 novembre, chiude una vicenda lunga oltre cinquant’anni, che aveva suscitato grande interesse in Francia e nel mondo, ma anche molte controversie.

Un caso nato negli anni Settanta

Tra il 1972 e il 1978, nella cittadina francese di Dozulé, una donna, Madeleine Aumont, affermò di aver ricevuto 49 apparizioni di Gesù Cristo. Testimoni di alcune di esse sarebbero stati il parroco, don Victor L’Horset, e alcune religiose.

Durante quelle esperienze, la veggente avrebbe ricevuto messaggi che invitavano alla conversione, alla preghiera e soprattutto alla costruzione di una gigantesca “Croce Gloriosa”: una struttura alta 738 metri, illuminata, con bracci di 123 metri, simbolicamente legata – secondo i presunti messaggi – al Golgota. L’opera non fu mai realizzata, ma il progetto diede vita a un movimento devozionale parallelo, diffuso in diversi Paesi (Francia, Italia, Messico, Argentina), e a una serie di “Croci d’Amore”, riduzioni in scala della croce originaria.

I primi interventi della Chiesa

Già negli anni Ottanta la Chiesa cattolica si era espressa in modo netto. Nel 1983, il vescovo di Bayeux-Lisieux, mons. Jean Badré, dichiarò che «in nessun caso la costruzione di una croce monumentale a Dozulé può essere un segno autentico della manifestazione dello Spirito di Dio». Nel 1985, lo stesso vescovo pubblicò un decreto di non riconoscimento della soprannaturalità e di divieto del culto pubblico legato al fenomeno. Negli anni successivi, nonostante il divieto, gruppi di fedeli continuarono a diffondere la cosiddetta Preghiera di Dozulé e il messaggio della “Croce Gloriosa”, sostenendo che il vescovo non avesse compreso il significato delle apparizioni. Nel 2011, mons. Jean-Claude Boulanger, successore di Badré, riaprì il dossier per chiarire definitivamente la posizione della Chiesa.

La lettera del Dicastero: “una Croce che non salva”

La nuova lettera del Dicastero per la Dottrina della Fede, firmata dal cardinale Víctor Manuel Fernández, spiega nel dettaglio le ragioni teologiche che hanno portato al giudizio definitivo. Il documento, significativamente intitolato “L’unica Croce della salvezza”, riprende l’insegnamento dei Padri della Chiesa per ribadire che solo la Croce di Cristo, quella del Golgota, è il segno universale della Redenzione.

Paragonare la “Croce Gloriosa” di Dozulé alla Croce di Gerusalemme, si legge nel testo, «è fuorviante sotto il profilo teologico e simbolico, poiché confonde il segno con il mistero». Il Dicastero rileva poi un errore dottrinale grave nei messaggi attribuiti a Madeleine Aumont, secondo i quali chi si fosse pentito ai piedi della Croce Gloriosa avrebbe ottenuto il perdono dei peccati e la salvezza eterna.

Tale affermazione – spiega la nota – contraddice la dottrina cattolica sulla grazia e sui sacramenti: «La remissione dei peccati non viene da un luogo fisico, ma da Cristo stesso; si riceve attraverso i sacramenti, in particolare la Penitenza, che nessun oggetto o costruzione può sostituire». Anche le rivelazioni sul “ritorno imminente di Cristo” vengono considerate teologicamente infondate e pericolose, poiché «alimentano aspettative millenaristiche e visioni apocalittiche non conformi alla speranza cristiana».

La vera Croce: sacramento dell’amore redentore

La lettera dedica ampio spazio a una catechesi positiva sul valore della Croce. Essa non è solo un segno esteriore, ma un sacramentale che dispone il credente alla grazia. Ogni croce, anche la più semplice, «è autentica se rimanda a Cristo, non se attira a sé». Citazioni di Cirillo di Gerusalemme, Leone Magno, Bonaventura e Giovanni Damasceno vengono utilizzate per mostrare che la fede cristiana non ha bisogno di monumenti spettacolari, ma di cuori convertiti: «La Croce non ha bisogno di 738 metri d’acciaio per farsi riconoscere – scrive il Dicastero –: si eleva ogni volta che un cuore si apre al perdono e la speranza risorge dove sembrava impossibile».

Una conclusione definitiva

Con questa “declaratio de non supernaturalitate”, il Dicastero chiude definitivamente il caso Dozulé. Il vescovo di Bayeux-Lisieux è ora autorizzato a pubblicare un decreto ufficiale di non soprannaturalità, che comporta il divieto di culto pubblico e la raccomandazione di non promuovere in alcun modo le presunte apparizioni. Mons. Habert ha già comunicato che il decreto è in preparazione e sarà reso pubblico nelle prossime ore. Il testo della Lettera del Dicastero si conclude con un invito pastorale: «Si incoraggi una catechesi chiara e positiva sul mistero della Croce, perché i fedeli riconoscano che la rivelazione definitiva è già compiuta in Cristo».

La Croce Gloriosa di Dozulé, dunque, rimane un simbolo umano, non un segno divino.
La Chiesa ribadisce con fermezza che la sola Croce che salva è quella di Cristo, già innalzata sul Golgota e resa presente nella vita dei credenti attraverso i sacramenti e l’amore vissuto ogni giorno.

d.V.B.
Silere non possum