Giovedì 26 settembre 2024 il Santo Padre Francesco, durante il suo 46° Viaggio Apostolico Internazionale, ha incontrato la comunità cattolica di Lussemburgo nella Cattedrale di “Notre-Dame”.
Il Papa è stato accolto dal cardinale arcivescovo, i vescovi, i presbiteri e da numerosi fedeli laici che servivano a riempire la Cattedrale perchè il numero dei sacerdoti è scarso, come ha sottolineato lo stesso Hollerich. Ciò che abbiamo visto è l'ennesima dimostrazione che non serve a nulla quanto ha scritto Vittorio Viola in Desiderio Desideravi. Può piangere da oggi fino a domani ma se non siamo formati noi presbiteri, difficilmente lo saranno i laici. Davanti al Papa si sono messi a ballare dei ragazzi con quei soliti melliflui musical su san Francesco. Ormai il santo d'Assisi è rappresentato come un soggetto incapace di intendere e di volere, che parla con gli animali e ride senza senso. Nessuno di questi soggetti ha mai letto una riga di ciò che scrive Tommaso da Celano. Nessuno di questi personaggi ha mai studiato la figura di questo santo che era un profondo mistico, non certo un ubriaco.
Poi, al Papa è stato offerto un assegno per la carità che lui ha voluto destinare alla stessa Caritas del Lussemburgo. Chiaramente l'assegno è stato presentato come un segnale stradale con scritto "periferia". Un Paese come il Lussemburgo, chiaro? Certo, c'è da chiedersi come mai qui il Papa, davanti al Granduca, non abbia detto di "tassare i più ricchi". Forse qui non si sentiva a suo agio a dirlo? Chissà, di certo il Granduca ha dato un bell'assegno per Santa Marta. Il Papa ringrazia.
Servizio, missione e gioia
Papa Francesco si è rivolto ai presenti: «Possiamo allora fermarci a riflettere proprio su queste tre parole: servizio, missione e gioia».
«È un dovere di giustizia - ha detto il Pontefice - prima ancora che di carità, come già diceva San Giovanni Paolo II quando ricordava le radici cristiane della cultura europea. Egli incoraggiava proprio i giovani lussemburghesi a tracciare il cammino per «un’Europa non solo delle merci e dei beni, ma dei valori, degli uomini e dei cuori», in cui il Vangelo fosse condiviso «nella parola dell’annunzio e nei segni dell’amore», ambedue le cose. Lo sottolineo perché è importante: un’Europa, e un mondo, in cui il Vangelo sia condiviso nella parola dell’annuncio unita ai segni dell’amore».
Al termine del suo discorso è stata recitata una preghiera alla Vergine Consolatrice degli Afflitti, patrona della città di Lussemburgo. Il Papa ha donato una rosa d'oro. Lasciata la Cattedrale il Papa si è recato in Aereoporto dove, alle ore 18.15 ha avuto luogo la cerimonia di congedo dal Lussemburgo. Papa Francesco è poi salito a bordo di un B737 /Luxair e alle ore 18.38 ed è partito alla volta di Bruxelles. L’atterraggio alla Base Aerea di Melsbroek è previsto dopo circa un’ora di volo.
Il discorso del Papa alla comunità cattolica
Altezza Reale,
Signor Cardinale e fratelli Vescovi,
care sorelle, cari fratelli!
Sono molto contento di essere qui con voi, in questa magnifica Cattedrale. Sono grato al Granduca e ai suoi familiari per la loro presenza; e ringrazio il Cardinale Jean-Claude Hollerich per le parole gentili, come pure Diogo, Christine e Suor Maria Perpetua per le testimonianze.
Il nostro incontro avviene in concomitanza con un importante Giubileo mariano, con cui la Chiesa lussemburghese ricorda quattro secoli di devozione a Maria Consolatrice degli afflitti, Patrona del Paese. A tale titolo ben si intona il tema che avete scelto per questa visita: “Per servire”. Consolare e servire, infatti, sono due aspetti fondamentali dell’amore che Gesù ci ha donato, che ci ha affidato come missione (cfr Gv 13,13-17) e che ci ha indicato come unica via della gioia piena (cfr At 20,35). Per questo tra poco, nella preghiera di apertura dell’Anno mariano, chiederemo alla Madre di Dio di aiutarci ad essere «missionari, pronti a testimoniare la gioia del Vangelo», conformando il nostro cuore al suo «per metterci al servizio dei nostri fratelli». Possiamo allora fermarci a riflettere proprio su queste tre parole: servizio, missione e gioia.
Anzitutto il servizio. Poco fa è stato detto che la Chiesa lussemburghese vuol essere “Chiesa di Gesù Cristo, che non è venuto per essere servito ma per servire” (cfr Mt 20,28; Mc 10,45). Ed è stata pure richiamata l’immagine di San Francesco che abbraccia il lebbroso e ne cura le piaghe. Io, del servizio, vorrei raccomandarvi un aspetto oggi molto urgente: quello dell’accoglienza. Lo faccio qui, tra voi, in modo particolare, perché il vostro Paese ha e mantiene viva, in questo campo, una tradizione secolare, come ci ha ricordato Suor Maria Perpetua, e come più volte è emerso, anche nelle altre testimonianze, nel grido: “todos, todos, todos!”, “tutti, tutti, tutti!”, ripetuto in varie occasioni. Sì, lo spirito del Vangelo è spirito di accoglienza, di apertura a tutti, e non ammette nessun tipo di esclusione (cfr Esort. Ap. Evangelii gaudium, 47). Vi incoraggio, dunque, a rimanere fedeli a questa eredità vostra, a questa ricchezza che voi avete, continuando a fare del vostro Paese una casa amica per chiunque bussi alla vostra porta chiedendo aiuto e ospitalità.
È un dovere di giustizia prima ancora che di carità, come già diceva San Giovanni Paolo II quando ricordava le radici cristiane della cultura europea. Egli incoraggiava proprio i giovani lussemburghesi a tracciare il cammino per «un’Europa non solo delle merci e dei beni, ma dei valori, degli uomini e dei cuori», in cui il Vangelo fosse condiviso «nella parola dell’annunzio e nei segni dell’amore» (Discorso ai giovani del Granducato di Lussemburgo, 16 maggio 1985, 4), ambedue le cose. Lo sottolineo perché è importante: un’Europa, e un mondo, in cui il Vangelo sia condiviso nella parola dell’annuncio unita ai segni dell’amore.
E questo ci porta al secondo tema: la missione. Il Cardinale Arcivescovo, poco fa, ha parlato di una “evoluzione della Chiesa lussemburghese in una società secolarizzata”. Mi è piaciuta questa espressione: la Chiesa, in una società secolarizzata, evolve, matura, cresce. Non si ripiega su sé stessa, triste, rassegnata, risentita, no; accetta piuttosto la sfida, nella fedeltà ai valori di sempre, di riscoprire e rivalorizzare in modo nuovo le vie di evangelizzazione, passando sempre più da un semplice approccio di cura pastorale a quello di annuncio missionario – e ci vuole coraggio. E per fare questo è pronta ad evolvere: ad esempio – come ci ha ricordato Christine – nella condivisione di responsabilità e ministeri, camminando insieme come Comunità che annuncia e facendo della sinodalità un “modo duraturo di relazionarsi” tra i suoi membri.
E del valore di questa crescita ci hanno mostrato un’immagine bellissima i giovani amici che hanno interpretato, poco fa, alcune scene del musical Laudato si’. Bravi, hanno fatto bene! Grazie per il dono che ci avete fatto! Il vostro lavoro, frutto di uno sforzo comunitario che ha coinvolto molti nell’Arcidiocesi, è per tutti noi un segno doppiamente profetico! Ci ricorda, in primo luogo, le nostre responsabilità nei confronti della “casa comune”, di cui siamo custodi e non despoti. Poi però ci fa anche riflettere su come tale missione, vissuta insieme, costituisce in sé un meraviglioso strumento corale per dire a tutti la bellezza del Vangelo. E questo è importante, è importante per tutti noi: ciò che ci spinge alla missione, infatti, non è il bisogno di “far numero”, di fare “proselitismo”, ma il desiderio di far conoscere a più fratelli e sorelle possibili la gioia dell’incontro con Cristo. E qui vorrei ricordare una bella espressione di Benedetto XVI: “La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”.
Ecco allora, al di là delle difficoltà, il dinamismo vivo dello Spirito Santo che agisce in noi! L’amore ci spinge ad annunciare il Vangelo aprendoci agli altri e la sfida dell’annuncio ci fa crescere come comunità, aiutandoci a vincere la paura di intraprendere vie nuove e spingendoci ad accogliere con gratitudine l’apporto di tutti. È una bella dinamica, sana, gioiosa, che ci farà bene coltivare in noi e attorno a noi.
E veniamo così alla terza parola: la gioia. Diogo, parlando dell’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, ricordava la felicità provata la vigilia della festa, nell’attendere, assieme a coetanei di ogni provenienza e nazione, il momento del nostro incontro, come pure l’emozione di risvegliarsi, il mattino dopo, circondato da tanti amici; e ancora l’entusiasmo provato durante la preparazione fatta insieme in Portogallo e l’allegria, dopo un anno, nel riunirsi con gli altri qui in Lussemburgo. Vedete? La nostra fede è così: è gioiosa, “danzante”, perché ci dice che siamo figli di un Dio amico dell’uomo, che ci vuole felici e uniti, e che di nulla è più contento che della nostra salvezza (cfr Lc 15,4-32; S. Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli, 34,3). E su questo, per favore: alla Chiesa fanno male quei cristiani tristi, noiosi, con la faccia lunga. No, questi non sono cristiani. Per favore, abbiate la gioia del Vangelo: questo ci fa credere e crescere tanto.
In proposito, vorrei concludere richiamando un’altra bella tradizione del vostro Paese, di cui mi hanno parlato: la processione di primavera – Springprozession –, che a Pentecoste si svolge ad Echternach, in ricordo dell’infaticabile opera missionaria di San Willibrord, evangelizzatore di queste terre. L’intera città si riversa ballando per le strade e per le piazze, assieme a tanti pellegrini e visitatori che accorrono, e la processione diventa una grandissima, unica danza. Ricordiamo che il re Davide danzava davanti al Signore e questa è un’espressione di fedeltà. Grandi e piccoli, tutti ballano insieme verso la Cattedrale – quest’anno perfino sotto la pioggia, ho saputo –, testimoniando con entusiasmo, nel ricordo del santo Pastore, quanto è bello camminare insieme e ritrovarci tutti fratelli attorno alla mensa del nostro Signore. E qui, soltanto una parolina: per favore, non perdere la capacità di perdono. Sapete che tutti dobbiamo perdonare, ma sapete perché? Perché tutti siamo stati perdonati e tutti abbiamo bisogno di perdono.
Care sorelle, cari fratelli, è bella la missione che il Signore ci affida: consolare e servire, sull’esempio e con l’aiuto di Maria. Grazie a voi, consacrati e consacrate, per il lavoro che fate, seminaristi, preti, tutti; e anche per l’aiuto generoso che avete voluto condividere con i bisognosi. Dove c’è un bisognoso c’è Cristo. Vi benedico e prego per voi. E anche voi, per favore, pregate per me. Grazie.