C’è qualcosa di disarmante in L'amore in teoria. Non è soltanto una commedia romantica, ma uno specchio: riflette la vita reale di un giovane oggi, con tutte le sue fragilità, le sue paure e le sue illusioni.

Nel film incontriamo una famiglia segnata dal dolore: un padre costretto a reggere l’urto di un figlio che non riesce ad accettare la morte della madre. È un’immagine potente, perché racconta quanto l’amore sia inseparabile dalla perdita e dalla mancanza. Allo stesso tempo vediamo relazioni che si piegano a logiche di manipolazione: un’amica che usa l’amico, senza curarsi del fatto che lui sia innamorato di lei e che il suo comportamento lo faccia soffrire. Dinamiche che appartengono al quotidiano dei ragazzi di oggi, e che molti vivono sulla propria pelle. Il film non edulcora nulla: mostra come spesso ci innamoriamo di un’idea dell’amore, più che di una persona. Ci accontentiamo dell’amore che crediamo di meritare, accettiamo compromessi, scivoliamo in rapporti che non portano profondità ma solo piacere momentaneo. L’incapacità di vivere relazioni autentiche lascia spazio a incontri consumati in fretta, a esperienze che si bruciano nello spazio di un like o di un messaggio. 

È qui che il discorso finale di Leone, studente di filosofia, diventa il cuore del film. Davanti ai suoi coetanei, ai suoi amici e alla donna che ama, confessa di aver cercato una “geometria delle emozioni” e di aver trovato due costanti: l’amore e la paura. Non c’è più fiducia cieca nella monogamia, l’amore ha perso la sua aura romantica e salvifica, è diventato spesso un bene di consumo. Eppure, Leone non si ferma alla diagnosi: richiama Spinoza per ricordare che le emozioni non sono solo forze cieche, ma possibilità di scelta. Possiamo imparare a gestirle, educarci al sentimento, ascoltare senza fuggire.

Quello che emerge è il ritratto di una generazione più consapevole, meno incline a subire modelli ereditati, ma al tempo stesso più fragile, spaventata, arrabbiata. Cresciuta in un tempo segnato da crisi globali e precarietà economica, questa generazione fatica a dare solidità ai propri legami. Eppure non smette di cercare. Leone lo dice con semplicità: anche chi nega l’amore, non può restare indifferente davanti a un gesto sincero, davanti a una dichiarazione, perfino davanti a un vecchio mazzo di fiori.

Forse è questa la lezione del film: che l’amore oggi è “in teoria” perché la pratica è complessa, incerta, segnata da paure e fallimenti. Ma se troviamo il coraggio di viverlo, questo coraggio diventa contagioso. E alla fine Leone scopre una verità tanto fragile quanto necessaria: camminare in due fa meno paura che restare soli.

In un tempo che ha smarrito fiducia nei legami, L’amore, in teoria ci ricorda che il sentimento, pur fragile e imperfetto, resta la forza più concreta che abbiamo per affrontare un futuro che spaventa. Non una salvezza magica, ma la possibilità di camminare insieme, almeno “per un piccolo pezzo di strada”.

F.P.
Silere non possum