In merito all'utilizzo delle immagini del Centro Aletti (opere di Marko Ivan Rupnik) da parte del Dicastero per la Comunicazione è bene sottolineare quanto segue:
1. Marko Rupnik non è la sua arte. Le persone possono incontrare Dio anche attraverso queste immagini. Sì, forse è scandaloso ma è proprio questo il messaggio cristiano: Dio passa nonostante l'umanità segnata dal peccato. Gli esempi nella storia sono moltissimi anche per quanto riguarda l'arte.
2. Chiedere la rimozione dei mosaici o delle immagini delle opere di Rupnik è dimostrazione di ignoranza e racconta della volontà di operare una damnatio memoriae ma non ha nulla a che vedere con "le vittime" (presunte, non dimentichiamolo), "la fede", "l'esperienza dei singoli", ecc... È bene precisarlo perchè, anche qualora Rupnik fosse ritenuto colpevole dei delitti contestati, non vi sarebbe comunque motivo di "smantellare kilometri di opere" da lui fatte.
3. Le opere di Rupnik, questo è un giudizio nostro personale, sono brutte. Forse è per questo motivo che non andavano utilizzate né sul sito internet del Dicastero per la Comunicazione né all'interno o all'esterno delle Chiese.
4. Nessuno si è chiesto quanti soldi il Dicastero per la Comunicazione ha dato al Centro Aletti per poter utilizzare queste foto? Non penserete mica che i diritti siano stati concessi a gratis. Quanti soldi ha dato Ruffini a Rupnik? Qui, quindi, è bene chiedersi che ruolo ha avuto Rupnik nella nomina di Nataša Govekar al Dicastero per la Comunicazione? Che rapporti ha Dario Edoardo Viganò con Rupnik e il Centro Aletti? È giusto chiedersi come mai Rupnik non viene processato con processi lampo come avviene per tutti i sacerdoti che sono accusati di abusi. Questo è il vero punto. Non è compito nostro dire se è colpevole o innocente. Ma come mai non viene processato? Come mai questo atteggiamento viene utilizzato con lui e non con tutti? I soldi non c'entrano nulla?
5. Infine, diversamente da quanto afferma Massimo Faggioli, il quale è un "Grillo che non ce l'ha fatta" ed ora dall'America gioca a fare considerazioni alla Dan Brown, le affermazioni di Paolo Ruffini e quelle del cardinale Sean Patrick O'Malley non sono il risultato di una lotta di potere fra un cardinale di santa Romana Chiesa ed un laico ignorante. Si tratta, piuttosto, della linea di un uomo (Ruffini) che è certo della copertura del Papa in persona; e dall'altra quella di un cardinale che deve assecondare la volontà giustizialista di tutte le vittime o presunte tali di abusi. È un dato di fatto, poi, che le affermazioni di Paolo Ruffini ci raccontano, ancora una volta, quanto sia imprudente e assurdo mettere un laico a capo di un dicastero così delicato come quello della Comunicazione. Neppure si può parlare di un laico preparato, per giunta.
La lettera di O'Malley, giunta ai diversi dicasteri, comunque, non afferma di "non utilizzare le immagini di Rupnik" ma di "utilizzare prudenza", la quale, in questo caso, non è mai stata la protagonista.
d.S.M.
Silere non possum