Città del Vaticano - Dopo la celebrazione nella Basilica di Sant’Anselmo all’Aventino in occasione del 125° anniversario della dedicazione della chiesa, Papa Leone XIV si prepara a un nuovo appuntamento significativo: il Dies Academicus della Pontificia Università Lateranense, in programma giovedì 14 novembre, alle ore 11, nell’Aula Magna.

Nonostante un’agenda che definire fitta sarebbe un eufemismo, il Santo Padre non rinuncia agli incontri che gli permettono di conoscere, incontrare e osservare le diverse realtà collegate al suo ministero petrino. 

In questi primi mesi, la sua preoccupazione è stata spesso rivolta al complesso meccanismo di organizzazione delle udienze nel Palazzo Apostolico, un sistema che, per la densità degli appuntamenti, prevede la presenza di personalità e gruppi diversi alla stessa ora o a pochi minuti di distanza. Non di rado, il Papa si trova a correre da una sala all’altra, attraversando corridoi e saloni tra una riunione e l’altra, mentre scherza con i collaboratori più stretti. Prevost è giovane, e non solo per età: è rapido, intuitivo, capace di imparare a conoscere con agilità una macchina complessa come questa. 

Eppure, Leone XIV non si risparmia. Con naturalezza passa da un incontro diplomatico a un’udienza di tabella, da un momento pastorale di accoglienza di persone ferite da ingiustizie a una celebrazione liturgica. Ascolta tutti, con pazienza e attenzione: quando qualcuno gli parla, lui si concentra, fissa negli occhi, sorride, ricorda ciò che gli viene detto. Non si tratta di strette di mano di rito, ma incontri di cui il Papa fa tesoro e nei briefing con i collaboratori fa riferimento all’uno o all’altro incontro. Anche quando riceve sacerdoti o vescovi che portano con sé questioni delicate, il Papa sa cogliere il tono, il gesto, persino il non detto. È in quell’ascolto, più che nei discorsi, che si riconosce il suo modo di esercitare la paternità. Paternità che, abbiamo già potuto osservare, si traduce in gesti concreti. Un altro tratto che colpisce chi sta imparando a conoscerlo è l'umiltà. «Ancora oggi, quando ci incontra, dice: "sto imparando, sto imparando". E sorride sempre, ha una parola buona per tutti», commenta un presule. 

Allo stesso tempo, il Papa è consapevole di non essere un superuomo, e la sua maturità spirituale e psicologica lo ha portato fin dall’inizio a fissare confini chiari. Lungi dal voler marcare il territorio come fece il suo predecessore — atteggiamento che finì per generare un clima di tensione e competizione — Leone XIV ha scelto una via diversa: quella del ritmo umano, fatto di preghiera e di riposo. Ogni lunedì pomeriggio lascia il Vaticano per recarsi a Castel Gandolfo, dove trascorre ore di silenzio e relax, per poi rientrare intra moenia il martedì sera. Un gesto semplice ma eloquente, che diventa un monito per sacerdoti e vescovi: prendersi tempo per Dio e per sé non è un lusso, ma una necessità. La Chiesa non vive del protagonismo dei singoli, ma della fedeltà quotidiana di chi sa fermarsi, pregare e riposare.

Il primo incontro con i benedettini

Quella di oggi a Sant’Anselmo segna il primo incontro del pontificato con la realtà monastica e benedettina, cuore pulsante della tradizione ecclesiale occidentale. La Badia Primaziale di Sant’Anselmo, costruita a fine Ottocento su progetto dell’architetto Francesco Vespignani e voluta dal beato Ildebrando de Hemptinne, ospita oggi una triplice istituzione: la Curia dell’Abate Primate, il Collegio internazionale dei Benedettini e il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, che offre alla Chiesa universale un prezioso servizio di studio, preghiera e formazione. L’Ordine Benedettino, composto da 19 Congregazioni riunite nella Confederazione Benedettina, è guidato dall’Abate Primate, eletto dal Congresso mondiale degli Abati e Gran Cancelliere dell’Ateneo. Le celebrazioni domenicali in Basilica, con il canto gregoriano dei monaci, continuano ad attrarre fedeli e visitatori.

Inaugurazione alla Lateranense

Venerdì, invece, Leone XIV si recherà alla Pontificia Università Lateranense, “Università del Papa”, come la definì san Giovanni Paolo II nel 1980. La presenza del Pontefice al Dies Academicus segnerà l’inaugurazione ufficiale dell’anno accademico 2025-2026, alla presenza del Gran Cancelliere, cardinal Baldassare Reina, e del rettore magnifico, mons. Alfonso Vincenzo Amarante. La Lateranense è da sempre luogo privilegiato di dialogo tra fede e cultura, tra teologia e diritto, tra Chiesa e società. Le sue origini risalgono al XVIII secolo, quando Clemente XIV, sopprimendo la Compagnia di Gesù nel 1773, affidò le facoltà di filosofia e teologia del Collegio Romano al clero diocesano di Roma. Da allora, l’Ateneo ha attraversato secoli di trasformazioni, divenendo nel 1959 Pontificia Università Lateranense per volontà di san Giovanni XXIII. Nel tempo, ha visto nascere al suo interno istituzioni come il Pontificio Istituto Pastorale, il Pontificio Istituto Utriusque Iuris e, nel 1981, il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, destinato a segnare la riflessione cattolica contemporanea sul valore dell’amore umano e della famiglia. Durante gli anni del pontificato di Francesco, anche la Pontificia Università Lateranense ha attraversato un terremoto, come tutte le altre istituzioni toccate dal precedente pontificato. La decisione di affidare la guida dell’Ateneo a un laico, Vincenzo Buonomo, rappresentò una rottura senza precedenti nella storia dell’“Università del Papa”. La scelta, dettata più da un’impostazione ideologica che da una valutazione di merito, voleva dimostrare che la gestione economica di un’istituzione non dovesse necessariamente essere affidata a sacerdoti, ritenuti da Francesco troppo legati a schemi di potere e poco competenti in materia amministrativa. Tuttavia, il risultato fu opposto alle attese: Buonomo, privo di qualsiasi capacità, mostrò presto i limiti di una nomina simbolica più che sostanziale. Nonostante ciò, il Papa seppur lo fece fuori dalla Lateranense, lo volle collocare come Consigliere dello Stato della Città del Vaticano, ruolo per il quale la sua preparazione appare ancor meno adeguata. La gestione della Lateranense durante quel periodo lasciò dietro di sé un quadro difficile: tensioni interne, smarrimento accademico e una perdita di identità per l’istituzione. Solo dopo il fallimento di quell’esperimento si riuscì a convincere Bergoglio a nominare un sacerdote di comprovata esperienza e competenza, e, con un po’ di insistenza, anche a concedergli lo zucchetto paonazzo.

Attesa al Seminario Romano 

La visita del Santo Padre è stata accolta positivamente anche dal Pontificio Seminario Romano Maggiore, dove l’attesa dei seminaristi e del clero romano cresce. Da tempo, infatti, la comunità sperava di poter accogliere il Papa nella propria casa di formazione — un desiderio già espresso durante il pontificato di Francesco, quando il rettore Di Tolve si era fatto portavoce dell’invito. Allora, la visita fu perfino annunciata dal “capo branco” lombardo durante il tradizionale pranzo della Madonna della Fiducia, ma non ebbe mai luogo.

Oggi, il clima nel seminario non è dei più sereni: più di qualcuno osserva come il rettore sembri dedicare maggiori energie a questioni personali — come la sistemazione dei familiari negli appartamenti di servizio — che alla formazione spirituale e umana della comunità. In questo contesto, i seminaristi sperano di poter accogliere al più presto Leone XIV, il quale certamente riprenderà la tradizione di far visita al proprio seminario come fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. 

d.R.M.
Silere non possum