Papa Francesco si è rivolto al Sacro Collegio con una lettera. Si tratta di una occasione più unica che rara. In tutta la storia della Chiesa non vi è mai stato un Pontefice che ha maltrattato il Collegio Cardinalizio come ha fatto Francesco. Il Codice di Diritto Canonico afferma, al canone 349, «I Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all'elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare; inoltre i Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale». Nonostante il Papa abbia più volte, in numerose interviste ed anche in questa lettera, messo in bocca ai cardinali delle parole e delle intenzioni che loro non avevano, questi principi della Chiesa non sono mai stati convocati da Francesco (ad eccezione di pochissime e rare occasioni in cui sono stati chiamati solo per ascoltare decisioni già prese) come, invece, hanno fatto i suoi predecessori. Con questo pontificato, infatti, si può dire che il Collegio Cardinalizio ha un solo compito: eleggere il Papa. La funzione di consiglio e supporto all'opera del Successore di Pietro, infatti, il Papa l'ha delegata al Consiglio dei nove, quello che qualcuno qui dentro ha ribattezzato "Il Consiglio del Re". Si tratta, chiaramente, di fedelissimi con i quali il Pontefice si confronta su temi anche scottanti ma che non sono affatto un'urgenza per la Chiesa: le donne e il loro ruolo, ad esempio. 

Il 16 settembre Francesco ha indirizzato una lettera (il testo completo in fondo all'articolo) a tutti i porporati nella quale ha scritto: «Per queste ragioni, è doveroso ora uno sforzo ulteriore da parte di tutti affinché un “deficit zero” non sia solo un obiettivo teorico, ma una meta effettivamente realizzabile. La riforma ha posto le basi per l’attuazione di politiche etiche che consentano di migliorare il rendimento economico del patrimonio esistente. A ciò si accompagna l’esigenza che ciascuna Istituzione si adoperi per reperire risorse esterne per la propria missione, facendosi esempio di una gestione trasparente e responsabile al servizio della Chiesa». E ancora: «Sul versante della riduzione dei costi, occorre dare un esempio concreto affinché il nostro servizio sia realizzato con spirito di essenzialità, evitando il superfluo e selezionando bene le nostre priorità, favorendo la collaborazione reciproca e le sinergie. Dobbiamo essere consapevoli che oggi siamo di fronte a decisioni strategiche da assumere con grande responsabilità, perché siamo chiamati a garantire il futuro della Missione». 

Venerdì 20 settembre 2024 il Papa ha chiesto alla Sala Stampa di rendere pubblico il testo perchè chiaramente deve emergere la solita narrazione: "Io sono buono e invito i cattivi e arcigni, spendaccioni, cardinali a risparmiare!". 

Siamo a pranzo con un porporato e chiediamo a lui«Eminenza, come mai questa lettera?». Il presule alza gli occhi al cielo e risponde: «Un'altra operazione di marketing. Se la gente sapesse la verità...». Chiediamo, quindi, di spiegarci che cosa ne pensa e come stanno realmente le cose. «Scrive a noi cardinali quando quella Costituzione Apostolica, che è un tripudio di errori giuridici, fu approvata senza neppure tenerci in considerazione. Ci fu presentata a cose fatte e le considerazioni che abbiamo fatto a posteriori sono state cestinate da coloro che hanno lavorato giorno e notte, sudando e sputando sangue, a tal punto da pubblicare un testo pieno di errori». Sorridiamo, per non piangere, perchè ne scrivemmo qui. 

«Ormai, la gestione economica è praticamente sotto il suo controllo assoluto. Gestisce anche gli appartamenti, come se fosse un albergatore. Sono anni che continua a dire che dobbiamo essere poveri, poveri e poveri. Nel Pontificato della povertà abbiamo accumulato un debito che è maggiore di quello degli anni precedenti alla sua elezione. Le sue spese e quelle dei suoi fedelissimi sono tantissime. Non dimenticate che chi accede a Santa Marta lo fa sempre con delle belle buste. Tutti i "grandi uomini della finanza" che ogni tanto, non sempre, appaiono nel bollettino non vanno a mani vuote» spiega il cardinale fra un boccone ed un altro. Chiediamo: «Ma tutti questi soldi dove finiscono?»

«Lui fa bonifici qua e là. Se si presenta qualcuno e chiede, spiega e cerca di abbindolarlo con qualche parola magica: migranti, poveri, bisognosi, transgender...Lui bonifica» risponde il porporato. In effetti, Silere non possum pubblicò in esclusiva il video di Mons. Michele Di Tolve che parlava al telefono con il Pontefice che lo rassicurava di aver fatto il bonifico richiesto e si premurava di anticipargli che un altro sarebbe dovuto partire nei giorni seguenti. Le realtà, però, sono molte basti pensare a Luca Casarini con la sua ONG, le suore che si occupano di transgender, preti di strada, giornalisti e televisioni, ecc...Francesco non bada a spese neppure quando deve sistemare i suoi amici nei migliori appartamenti dell'APSA. Allo stesso tempo, però, chiede ai cardinali di tirare la cinghia. «Si tratta più di operazioni di marketing che di effettivi cambiamenti anche perchè ormai resteremo ben pochi alla guida di determinati dicasteri. Come mai il Papa non si occupa di tutte le spese che Mauro Gambetti ha fatto e sta facendo nella Fabbrica di San Pietro e in Basilica? Forse è questo ciò che intende quando dice che dobbiamo reperire le risorse in autonomia? Dobbiamo fare come lui? Invitare i grandi manager pregiudicati? Davvero il Papa crede che questa gente ci darebbe i soldi gratis et amore Dei? È chiaro che queste persone vogliono qualcosa in cambio. Magari i Musei Vaticani a loro disposizione di notte con la vista esclusiva, magari qualche intercessione in ambito politico o sanitario...Sappiamo come funziona. Una chiamata, Eminenza...ti dicono» continua a ruota libera il cardinale. 

Peraltro, era stato proprio Francesco a mettere una stretta anche da questo punto di vista proprio per evitare episodi di corruzione. Ai cardinali ha anche tolto qualunque prezzo agevolato sugli affitti (per fortuna per la maggior parte ancora non è entrata in vigore). Poi c'è sempre un linguaggio di accusa nelle sue lettere, proprio come avvenne con i preti romani. Il Papa scrive: «Nonostante le difficoltà e, a volte, quella tentazione di immobilismo e rigidità di fronte al cambiamento, tanti sono stati i risultati conseguiti in questi anni. Vi ringrazio per l’aiuto che avete dato e continuate a dare». Risponde sempre il porporato: «Lui accusa di immobilismo e resistenza tutti coloro che gli dicono che quella cosa è sbagliata o potrebbe essere fatta diversamente. Avete presente i bambini? Quando gli togli la cioccolata dalla bocca ti dicono che li stai facendo morire di fame. Non capiscono che possono mangiare qualcosa di più sano. Lui non ha ancora capito che la resistenza di alcuni a queste riforme, mi riferisco a questa di Praedicate Evangelium ma anche a In Ecclesiarum Communione, non è perchè siamo immobilisti o cos'altro ma perchè abbiamo ben chiaro che non sono riforme applicabili. Non siamo una azienda siamo la Chiesa di Cristo! Spieghi il Papa in che cosa questa riforma ha dato frutti? Sono aumentati gli uffici, sono aumentate le strutture e sono aumentate le spese. Ed ora? Chiede di trovarci i soldi da soli?». 

Il cardinale posa il tovagliolo sulla tavola e si alza, cammina verso la finestra e la apre. Mentre raggiunge la macchinetta del caffè riprende il discorso: «Lui è stato a Buenos Aires per anni, noi serviamo la Santa Sede da una vita e abbiamo ben chiari quali sono i problemi, le dinamiche e le necessità. Arrivare "dalla fine del mondo"....bisognerebbe anche farlo con umiltà e capire che non si arriva con la soluzione senza conoscere il problema. Prima bisogna conoscere e ascoltare. Non ci si può affidare a coloro di cui ci innamoriamo per qualche mese e poi li cacciamo via». Mentre prende la lettera e la pone sulla tavola dice: «Vedete? Qui scrive: "perché gli sforzi di quanti hanno contribuito al patrimonio della Santa Sede non siano dispersi". Ma quanti soldi sono stati sperperati in questi anni a causa sua e dei suoi fedelissimi? Ha mandato a processo e condannato un uomo che fece un investimento, come hanno fatto i suoi predecessori. Se non investissimo come potremmo far fruttare questo patrimonio? Invece di accanirsi su questi laici che hanno mangiato alle nostre spalle e volevano fregarci, ha seviziato un cardinale di Santa Romana Chiesa. Questo sarebbe non disperdere gli sforzi di chi ha contribuito a questo patrimonio?» Il presule fa riferimento al processo al Cardinale Angelo Becciu. 

Infine, sottolinea, «sembra che l'unica cosa di cui abbiamo discusso nelle Congregazioni Generali fosse questa. Non è così. Certamente era una preoccupazione per molti, visto quanto accaduto ad opera di [Tarcisio] Bertone e l'allegra compagnia ma non erano queste le richieste. In questi anni si è proceduto a destituire tutto ciò che era normato e affidare i medesimi compiti ad altre realtà o persone senza neppure le norme che li guidassero. In sostanza: "cambiare tutto per non cambiare nulla". Le dinamiche sono le stesse, solo che a capo di determinate realtà ora ci sono cortigiani spagnoleggianti. Per darvi un'idea di quanto i membri del Sacro Collegio siano considerati dal Papa, vi basti pensare che storicamente in 48h un principe della Chiesa aveva diritto ad una udienza con il Santo Padre, quando la chiedeva. Oggi, se non sei nella sua cerchia magica, non hai udienza neppure dopo anni». Le parole di questo cardinale, purtroppo, trovano riscontro anche nei racconti che diversi suoi confratelli fanno da anni. La Costituzione Praedicate Evangelium, inoltre, non solo ha portato la Santa Sede ad aumentare la sua spesa ma presenta numerosi errori anche per quanto riguarda l'aspetto della potestà di governo. 

d. G.L. 

Silere non possum

 

La lettera del Papa ai membri del Sacro Collegio

Ai Venerati Fratelli

del Collegio Cardinalizio

Cari Fratelli,

dieci anni or sono abbiamo avviato la riforma della Curia Romana e, attraverso la Costituzione Apostolica Predicate Evangelium, si è stabilita la nuova organizzazione della Santa Sede, precisandone i principi guida e le finalità. Ecclesia semper reformanda: questo è stato lo spirito che ha animato la riforma, al fine di garantire che la Curia Romana coadiuvi il Successore di Pietro nell’esercizio del suo supremo ufficio pastorale per il bene e il servizio della Chiesa universale e delle Chiese particolari.

Se questo aggiornamento rappresenta una testimonianza di vitalità e di grazia, conosciamo la dedizione e le fatiche di donne e uomini impegnati ad adattarsi a questo moto di rinnovamento. A Voi, fratelli Cardinali, nella funzione di assistere il Romano Pontefice nel governo della Chiesa universale, è spettato di accompagnare quanti sono stati coinvolti in questo processo di trasformazione.

Nonostante le difficoltà e, a volte, quella tentazione di immobilismo e rigidità di fronte al cambiamento, tanti sono stati i risultati conseguiti in questi anni. Vi ringrazio per l’aiuto che avete dato e continuate a dare. Con queste premesse, tengo ora in modo particolare ad affrontare nuovamente uno dei temi che ha maggiormente caratterizzato le Congregazioni generali prima del Conclave: la riforma economica della Santa Sede. Gli anni trascorsi hanno dimostrato che le richieste di riforma sollecitate nel passato da tanti esponenti nel Collegio Cardinalizio sono state lungimiranti e hanno permesso di acquisire una maggiore coscienza del fatto che le risorse economiche al servizio della missione sono limitate e vanno gestite con rigore e serietà perché gli sforzi di quanti hanno contribuito al patrimonio della Santa Sede non siano dispersi.

Per queste ragioni, è doveroso ora uno sforzo ulteriore da parte di tutti affinché un “deficit zero” non sia solo un obiettivo teorico, ma una meta effettivamente realizzabile. La riforma ha posto le basi per l’attuazione di politiche etiche che consentano di migliorare il rendimento economico del patrimonio esistente. A ciò si accompagna l’esigenza che ciascuna Istituzione si adoperi per reperire risorse esterne per la propria missione, facendosi esempio di una gestione trasparente e responsabile al servizio della Chiesa.

Sul versante della riduzione dei costi, occorre dare un esempio concreto affinché il nostro servizio sia realizzato con spirito di essenzialità, evitando il superfluo e selezionando bene le nostre priorità, favorendo la collaborazione reciproca e le sinergie. Dobbiamo essere consapevoli che oggi siamo di fronte a decisioni strategiche da assumere con grande responsabilità, perché siamo chiamati a garantire il futuro della Missione.

Le Istituzioni della Santa Sede hanno molto da imparare dalla solidarietà delle buone famiglie. Così come in queste famiglie coloro che godono di una buona situazione economica vengono in aiuto dei membri più bisognosi, gli Enti che registrano un avanzo dovrebbero contribuire a coprire il deficit generale. Questo significa avere cura del bene della nostra comunità, agendo con generosità, nel senso evangelico del termine, come presupposto indispensabile per chiedere generosità anche all’esterno.

In conclusione, Vi chiedo di accogliere questo messaggio con coraggio, spirito di servizio e di sostenere con convinzione, lealtà e generosità le riforme in corso, contribuendo in modo propositivo con le Vostre conoscenze ed esperienze al processo di riforma. Ciascuna delle Istituzioni della Santa Sede forma con tutte le altre un unico corpo: pertanto, la collaborazione autentica e la cooperazione verso l’unica meta, il bene della Chiesa, rappresenta un requisito essenziale del nostro servizio.

Con questo spirito e questa consapevolezza Vi chiedo di accompagnare con fedeltà e fiducia il nostro lavoro.

Dal Vaticano, 16 settembre 2024



FRANCESCO