Ha avuto inizio oggi, martedì 20 agosto 2024, a Rimini il meeting organizzato dalla Fondazione Meeting per l'amicizia fra i popoli. L’incontro inaugurale è stato caratterizzato dalla presenza di S.B. il Sig. Cardinale Pierbattista Pizzaballa O.F.M., Patriarca di Gerusalemme dei Latini, il quale è intervenuto raccontando la propria esperienza di vocazione. «Ogni vocazione è incentrata sulla persona di Gesù Cristo. Essere francescano significa incontrare Cristo secondo uno stile, un modo che Francesco ha mostrato» ha spiegato il porporato. «Ciò che è stato costitutivo, direi, dell'identità di san Francesco è l'incarnazione, l'umanità di Gesù. Cristo ha redento il suo sguardo sul mondo, sul creato, su tutto. Fin da giovane, proprio qui a Rimini, sono stato attirato da questa concretezza con la quale san Francesco ha vissuto la sua vocazione, il suo incontro con Cristo. Il pericolo, poi, è proprio quello di pensare a Gesù come ad una realtà astratta, invece, non è così e non c'è nulla di più reale che l'incontro con Cristo».

Diversi i temi toccati, in merito al dialogo interreligioso il Patriarca di Gerusalemme dimostra di essere molto pragmatico, forte della propria esperienza "sul campo". «Ho vissuto una esperienza importante, questo secondo me è il vero dialogo interreligioso, sono stato mandato all'università ebraica a studiare scrittura. Qui sono nate le prime domande, leggere il Vangelo insieme. Alle loro domande su Gesù non sapevo rispondere. Le mie risposte erano pensate per chi già cattolico era. Chi non era cattolico non capiva. Una donna mi disse: "Gesù è affascinante ma la Resurrezione. Anche senza la Resurrezione Gesù è un personaggio affascinante, perchè lo dovete fare risorgere?". Aveva capito tutto, la mia risposta lei non la capì. Andai in crisi perché non ero capace di spiegare la resurrezione. Quella ragazza mi ha restituito un aspetto della mia fede. Li ho capito che la Resurrezione non si spiega, il Risorto si incontra. Il dialogo interreligioso, per me, è questo. Un incontro fra persone che hanno esperienze di fede, anche diversa, ma che una volta condivisa t'aiuta a illuminare in maniera più completa ciò che sei tu oltre che a conoscere l'altro meglio». In questo momento, ha constatato, «non riusciamo a parlarci, ad incontrarci e facciamo fatica anche a livello istituzionale. Avremo bisogno di iniziare con una nuova fase. Il dialogo interreligioso dovrà essere meno di élite e più di comunità». Citando il rabbino e filosofo Abraham Joshua Heschel, Pizzaballa ha ricordato che «nessuna religione è un'isola. Abbiamo bisogno di relazionarci con tutti, riconoscersi, accogliersi e non imporsi sull'altro» ed ha sottolineato: «Oggi ho come l'impressione che siamo tornati ad essere isole, a curare noi stessi» 

Dal 2 Luglio 1999 Pizzaballa vive in Terra Santa, parlando di ciò che sta accadendo in questo momento a Gaza il Patriarca Latino di Gerusalemme ha spiegato che «c'è incapacità di riconoscere l'uno l'esistenza dell'altro» ed ha confidato di essere ritornato su un passo del Libro di Isaia (47, 8-10) che recita: "Ora ascolta questo, o voluttuosa che te ne stavi sicura, che pensavi: «Io e nessuno fuori di me! Non resterò vedova, non conoscerò la perdita dei figli». Ma ti accadranno queste due cose, d'improvviso, in un sol giorno; perdita dei figli e vedovanza piomberanno su di te, nonostante la moltitudine delle tue magie, la forza dei tuoi molti scongiuri. Confidavi nella tua malizia, dicevi: «Nessuno mi vede». La tua saggezza e il tuo sapere ti hanno sviato. Eppure dicevi in cuor tuo: «Io e nessuno fuori di me»". Il religioso ha fatto un parallelismo con quanto sta accadendo ora fra israeliani e palestinesi, rievocando indirettamente quando anche la Santa Sede ha ufficialmente ribadito, ovvero la necessità della coesistenza di due stati con uno status speciale garantito a livello internazionale per la città di Gerusalemme. «La guerra finirà - ha detto ancora - questo negoziato è l'ultimo treno, per questo ho chiesto di pregare. Ricostruire questo atteggiamento di sfiducia, però, sarà una fatica immane». 

Il presule ha anche guardato a quello che è e potrebbe essere il rischio che corre tutta la comunità cristiana e non, guardando a questo conflitto. Pensando al Vangelo che racconta i momenti della Passione di Nostro Signore, Pizzaballa ha messo in guardia dall'atteggiamento che gli stessi apostoli ebbero guardando a Cristo che si consegnava per noi. «Rischiamo di chiuderci in un devozionismo sofisticato, oppure fuggire o, addirittura, prendere la spada» ha detto. «La risposta di Gesù, invece, è stata quella di donarsi. Affidarsi a Dio, quindi. Non abbiamo risposte - ha continuato - a queste situazioni ma abbiamo un indirizzo che è Dio. Insieme orientiamo questa domanda a Colui che dà senso a tutto ciò che facciamo». 

Guardando al futuro, il religioso ha detto: «A livello personale, perdono e giustizia possono essere quasi sinonimi. Gesù sulla croce non ha atteso che si facesse giustizia per perdonare. Ha perdonato. A livello comunitario le dinamiche sono diverse perchè la comunità si regge anche su altre parole: dignità, uguaglianza. Perdonare senza che vi siano queste, significa giustificare ciò che sta accadendo perchè non porta dignità e uguaglianza. Il perdono in questi casi richiede tempo, un processo di guarigione, di riconoscimento del male commesso e di una parola di verità. Se non fai verità cosa perdoni?»

«Per un palestinese, oggi, perdonare significa giustificare. La giustizia senza il perdono, però, diventa solo recriminazione, vendetta. Lo scopo non è quello di chiudersi e incolpare l'altro. Bisogna superare ed è possibile solo con il perdono. La fede cristiana deve portare questo contributo. Forse, ora, non è possibile, bisognerà attendere. Il perdono, però, è l'unica via per superare questo impasse» - ha spiegato - «Abbiamo bisogno di purificare la nostra memoria, questo non significa cancellare tutto ma prendere coscienza che ho bisogno di rileggermi, rileggere la mia storia alla luce della coscienza attuale. Questo aiuta nella relazione con l'altro. Se restiamo chiusi dentro le nostre narrative escludenti e chiuse, non usciremo mai».

F.P.

Silere non possum