Diocesi di Milano

Nel Duomo di Milano, giovedì 28 marzo 2024, l'Arcivescovo Mario Delpini e i presbiteri dell'Arcidiocesi di Milano hanno celebrato la Santa Messa Crismale. «Pregate per i vostri sacerdoti: che il Signore effonda su di loro l’abbondanza dei suoi doni, perché siano fedeli ministri di Cristo, sommo sacerdote, e vi conducano a lui, unica fonte di salvezza» ha invitato a pregare i fedeli l'Arcivescovo. 

Questa celebrazione è particolarmente importante per la vita dei sacerdoti e dello stesso presbiterio. In questo giorno, infatti, rendiamo grazie a Dio per il dono del sacerdozio ministeriale e dell’Eucarestia. Due elementi vanno certamente sottolineati in questa celebrazione: la rinnovazione delle promesse sacerdotali e la benedizione degli oli santi. Questa Santa Messa vuole significare l'unità della Chiesa locale raccolta intorno al proprio vescovo. 

Gli olii che vengono benedetti saranno utilizzati in tutta la diocesi nel corso dell'anno liturgico per celebrare i sacramenti: il crisma verrà utilizzato per amministrare i battesimi, la cresima e nell'ordinazione dei presbiteri e dei vescovi, nelle consacrazioni delle chiese e degli altari; l'olio dei catecumeni verrà utilizzato anch'esso nei battesimi; l'olio degli infermi verrà utilizzato per l'unzione degli infermi. Nell'omelia l'arcivescovo ha detto: «Io però vedo che ci sono cicatrici di ferite antiche: chi vi ha colpito? Chi vi ha ferito? Forse proprio le persone che ti erano più care e più vicine, quelle che consideravi più promettenti, forse proprio loro ti hanno deluso e abbandonato. In questo momento in cui benediciamo gli olii della consacrazione e della consolazione è anche l’occasione di grazia per invocare il balsamo per le nostre ferite e sperimentare con Gesù la via della guarigione: nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito (Eb 5,7)».

Dopo l'omelia il vescovo ha domandato ai sacerdoti: «Volete essere fedeli dispensatori dei misteri di Dio per mezzo della santa Eucaristia e delle altre azioni liturgiche, e adempiere il ministero della parola di salvezza sull’esempio del Cristo, capo e pastore, lasciandovi guidare non da interessi umani, ma dall’amore per i vostri fratelli?»

Omelia di Mons. Mario Enrico Delpini 

  1. Dove abbiamo inciampato?

Come è bello che i fratelli si incontrino: si salutano, si interessano uni degli altri, si incoraggiano, si vogliono bene. Come è edificante questo ritrovarci per celebrare i santi misteri e ringraziare per il nostro essere consacrati in questo presbiterio per servire il popolo cristiano con l’annuncio della parola, con la celebrazione dei sacramenti della salvezza, con il servizio dell’autorità per orientare il cammino dei fedeli sulle vie della missione! Io però vedo che portiamo i segni di cadute: dove avete inciampato? Io però vedo che ci sono cicatrici di ferite antiche: chi vi ha colpito? Chi vi ha ferito? Io però indovino confessioni di amarezza, delusione, risentimento: donde viene l’amarezza, donde viene la delusione, donde viene il risentimento? È opportuno non solo confessare i nostri peccati, come abbiamo fatto all’inizio della Quaresima. Ma in questo momento in cui benediciamo gli olii della consacrazione e della consolazione è anche l’occasione di grazia per invocare il balsamo per le nostre ferite e sperimentare con Gesù la via della guarigione: nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito (Eb 5,7). Forse tu hai inciampato nella sconfitta e nel fallimento. Forse proprio le persone che ti erano più care e più vicine, quelle che consideravi più promettenti, forse proprio loro ti hanno deluso e abbandonato. Gesù ha immaginato così la missione: se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene … Forse tu hai inciampato nell’impotenza di fronte a miserie, bisogni, urgenze, sfide troppo più grandi delle risorse disponibili. Gesù ha immaginato e, a quanto pare, anche voluto questa sproporzione: e ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare i sandali e di non portare due tuniche (Mc 6,8-9).

Forse tu hai inciampato nella tua inadeguatezza: quello su cui più facevi affidamento, i tratti del tuo carattere, il livello della tua preparazione, le tue risorse di salute, di resistenza, forse proprio queste cose si sono rivelate le più inutili.

Forse tu hai inciampato nella delusione del compagno di viaggio, come per dire: ci hai mandato a due a due, ma chi mi hai messo vicino? Un confratello insopportabile, un uomo che non vale niente, un prete che non mi capisce, che non mi aiuta per niente, che ha la testa piena di idee sbagliate.

Forse tu hai inciampato in successori dei Dodici che ti risultano indisponenti: forse non riesci a condivider il modo con cui il Papa esercita il suo ministero. Forse trovi che il tuo Vescovo non è per niente all’altezza del suo compito e non sa essere d’aiuto a questa Chiesa in questo momento, forse non è in grado di apprezzarti adeguatamente, forse viene meno il suo aiuto, la sua stima, la parola illuminante proprio quando è più necessario.

2. Una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso.

Ci raduniamo, dunque, portando anche, insieme con tanta gratitudine e tanta gioia, anche ferite, cicatrici, delusioni e amarezze. È bene che non vestiamo la maschera di una serenità imperturbabile o di un ottimismo per principio. Noi ci raduniamo perché abbiamo molto di cui ringraziare, ma anche molto da confessare, molto da guarire. Noi non vogliamo restare imprigionati nelle nostre amarezze, ripiegati sulle nostre ferite. Con forti grida e lacrime noi chiediamo di essere salvati! La nostra salvezza è la pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. Noi non possiamo essere salvati se non da Gesù, dalla comunione con lui: avvicinandoci al Signore, pietra viva quali pietre vive siamo costruiti anche noi, come edificio spirituale, per un sacerdozio santo. Il fondamento del sacerdozio, il fondamento dell’appartenenza al popolo santo di Dio, il fondamento della nostra fraternità nel clero diocesano non è il culto, non è un progetto pastorale, non è un servizio da rendere, ma solo Gesù. Fratelli io vi supplico: cerchiamo Gesù, restiamo uniti a Gesù, restiamo uniti in Gesù. Perciò restiamo uniti nel celebrare la Pasqua di Gesù, la sua morte, la sua risurrezione, il dono dello Spirito. Preghiamo insieme Gesù. In questa celebrazione della Messa Crismale io a nome di tutta la Chiesa Ambrosiana, nel mio ruolo di capo-rito firmerò il decreto della pubblicazione della nuova edizione del Messale Ambrosiano. È solo uno strumento, ma è uno strumento prezioso per pregare insieme, per pregare ogni giorno, per lasciarci conformare alla preghiera drammatica di Gesù, noi che un tempo eravamo non popolo ora invece siamo popolo di Dio. Le nostre ferite, le nostre tristezze, i nostri risentimenti invocano la guarigione. In questa celebrazione benediciamo gli oli per la celebrazione dei sacramenti che sono per la nostra guarigione e per guarire tutto il popolo cristiano. Ma noi abbiamo bisogno di essere guariti, di tenere viva in noi la grazia della consacrazione battesimale e presbiterale. Noi abbiamo la missione di guarire. Per questo siamo stati mandati e così hanno fatto i primi inviati da Gesù: ungevano con olio molti infermi e li guarivano (Mc 6,13). L’olio versato sulle nostre ferite e su quelle dei fratelli e delle sorelle guarisce non come una sorta di magia, ma come un gesto di Cristo, una parola amica, una fraternità accogliente radunata dalla compassione. Vi supplico, non restate insensibili alle invocazioni della gente che cerca consolazione, speranza, guarigione! La nostra missione è essere riconciliati con Dio per riconciliare tutti nella fraternità universale. La parola di Pietro che incoraggia la povera comunità del suo tempo incoraggi anche noi: spesso di fronte alla frantumazione della convivenza umana ci sentiamo scoraggiati, non osiamo più sperare la pace, ci rassegniamo al disastro assurdo della guerra. Siamo chiamati invece a credere che se anche siamo “non popolo” possiamo diventare “popolo di Dio”. La Chiesa dalle genti è posta come profezia dentro la storia umana per dire di una riconciliazione possibile. Vi supplico: preghiamo per la pace, costruiamo la pace, compiamo opere di pace.