Sabato 7 settembre 2024, Festa della Natività della Beata Vergine Maria, l'Arcivescovo di Milano, S.E.R. Mons. Mario Enrico Delpini, ha presieduto il Solenne Pontificale nel Duomo di Milano. Il rito è stato caratterizzato da due eventi: l'apertura del nuovo anno pastorale e l'ammissione agli ordini sacri di alcuni seminaristi.
«La Messa sembra ridotta a una cerimonia che può piacere o annoiare. Molti dichiarano che non hanno bisogno di partecipare alla celebrazione della Pasqua di Gesù per essere brava gente e per fare tanto bene. Forse per questo i buoni propositi sono troppo inconcludenti, forse per questo l’impegno risulta frustrante, forse per questo il cristianesimo si presenta con una sorta di tristezza per l’elenco delle cose che si dovrebbero fare, ignorando la gioia di essere in comunione con Gesù, con la pienezza della sua gioia. Forse la Chiesa rischia di affliggersi per molte cose ma forse da troppo per scontato di possedere Gesù, di stare con Lui, tanto che non lo cerca», ha detto nell'omelia il presule.
«L’opera di Dio si compie in Gesù e Gesù entra nella storia umana come la voce amica che chiama alla sequela. La salvezza che Dio opera in Gesù non è in primo luogo un evento cosmico, ma una comunione, una relazione personale, la vocazione. Sono qui davanti a noi uomini di fede che si fanno avanti per dichiarare che intendono la loro vita come risposta al Signore che li chiama, per servire la Chiesa, il popolo cristiano al quale saranno destinati. Il servizio ministeriale non è una scelta di cui ciascuno è il protagonista, con la presunzione di rendersi utile, con la convinzione di avere qualche cosa da dare al Signore e alla Chiesa. È piuttosto la risposta alla chiamata della Chiesa, di questa concreta comunità cristiana che sceglie, dopo attento discernimento, persone disponibili a far parte del clero diocesano per continuare la missione della Chiesa. Noi facciamo festa e ci congratuliamo per il passo che compiono, ma facciamo festa perché sono docili, sono servi, non perché sono eroi, non perché sono protagonisti» ha sottolineato l'Arcivescovo.
Omelia di S.E.R. Mons. Mario Delpini
- L’esperienza dell’impossibile.
Sì, abbiamo dentro un desiderio di bene, un orientamento a fare del bene, una specie di sogno di essere buoni e di dare gioia a quelli che amiamo, una sorta di legge che ci prescrive di fare il bene ed evitare il male. Ma non ci riusciamo, i nostri propositi si rivelano spesso e presto impraticabili. Sì, siamo d’accordo che questa situazione di guerre è insopportabile, che la crudeltà che uccide, tormenta, spaventa, tortura è intollerabile, che sono inammissibili gli sperperi enormi per distruggere e uccidere, per rovinare città e paesi. Sì, vorremmo la pace, la riconciliazione ma siamo impotenti, non riusciamo neppure a far sentire la nostra voce, il nostro sdegno. Sì, vorremmo una città dove sia bello abitare, una città giovane, una città accogliente, una città con tanti bambini contenti e tante famiglie serene. Ma constatiamo che la città invecchia, le famiglie sono stanche per la frenesia quotidiana e per le tensioni esasperanti che le attraversano. Sì, ci impegniamo per vivere con coerenza e per annunciare con gioia il vangelo di Gesù, la speranza che offre; sì, ci piacerebbe costruire comunità unite, liete, ricche di futuro. Ma se ci mettiamo a calcolare i risultati, constatiamo il nostro fallimento. Ecco non sono necessari molti esempi per constatare il realismo di quello che Paolo scrive: nella logica della “legge” gli adempimenti sono impossibili, la legge è impotente. Che cosa si può pensare della storia dell’umanità? La storia umana è una storia di fallimenti e di sconfitte del bene.
2. La storia umana è storia di salvezza.
Eppure lo sguardo credente legge la storia umana come storia della salvezza. Che cosa di buono può venire da questa serie di generazioni di uomini impastati di santità e di peccato? A che serve, quale messaggio può offrire il lungo elenco di nomi di personaggi famosi e sconosciuti, ammirevoli e spregevoli? Ecco, questa storia del male scoraggiante e del bene precario e fragile è la storia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo. Dunque dentro il destino di impotenza e di sconfitta c’è una rivelazione dell’opera di Dio che salva. Paolo invita condividere la sua fede: Dio ha reso possibile quello che era impossibile alla Legge e ai buoni propositi, mandando il proprio Figlio in una condizione di fragilità, come quella di tutti, perché si apra la via della salvezza, per coloro che camminano non secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Nella celebrazione della solennità della Natività della Beata Vergine Maria noi siamo raccolti per ricevere ancora la rivelazione della salvezza che il Padre compie: è la salvezza che si compie per grazia e si compie nel frammento di una libertà che si apre al dono dello Spirito: Lo Spirito di Dio abita in voi … e colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo dello Spirito che abita in voi.
3. Ti basta la mia grazia: abbiamo bisogno di Gesù e del dono del suo Spirito.
Dunque Dio opera in Gesù la sua salvezza e la rende accessibile e disponibile per tutti: non come una utopia che crea d’incanto una società perfetta, un mondo felice, una soluzione definitiva ai problemi che affliggono l’umanità. L’opera di Dio si compie in Gesù e noi professiamo che proprio in lui incontriamo la verità di Dio e la rivelazione del suo amore, proprio in Gesù, figlio di Davide, figlio di Abramo. Noi desideriamo fissare lo sguardo su Gesù per imparare tutto quello che c’è da sapere e tutto quello che si può dire di Dio. Perciò cerchiamo di correggere l’inclinazione diffusa a immaginare un Dio, senza dipendere dalla rivelazione di Gesù. Il ricordo del concilio di Nicea, che il nostro Padre Ambrogio ha predicato con tanto vigore e costanza, può essere per noi un rimprovero: si ha infatti l’impressione che il linguaggio diffuso e anche la pratica ordinaria orientano a dimenticare la mediazione di Gesù, a fare a meno di lui. Un sintomo preoccupante è la consuetudine di abbandonare la celebrazione del segno che Gesù ha indicato perché si celebri il memoriale della sua opera di salvezza, cioè l’eucaristia. La Messa sembra ridotta a una cerimonia che può piacere o annoiare. Molti dichiarano che non hanno bisogno di partecipare alla celebrazione della Pasqua di Gesù per essere brava gente e per fare tanto bene. Forse per questo i buoni propositi sono troppo inconcludenti, forse per questo l’impegno risulta frustrante, forse per questo il cristianesimo si presenta con una sorta di tristezza per l’elenco delle cose che si dovrebbero fare, ignorando la gioia di essere in comunione con Gesù, con la pienezza della sua gioia.
4. La vita è una vocazione a servire: coloro che sono ammessi tra i candidati sono un segno per tutti.
L’opera di Dio si compie in Gesù e Gesù entra nella storia umana come la voce amica che chiama alla sequela. La salvezza che Dio opera in Gesù non è in primo luogo un evento cosmico, ma una comunione, una relazione personale, la vocazione. Sono qui davanti a noi uomini di fede che si fanno avanti per dichiarare che intendono la loro vita come risposta al Signore che li chiama, per servire la Chiesa, il popolo cristiano al quale saranno destinati. Il servizio ministeriale non è una scelta di cui ciascuno è il protagonista, con la presunzione di rendersi utile, con la convinzione di avere qualche cosa da dare al Signore e alla Chiesa. È piuttosto la risposta alla chiamata della Chiesa, di questa concreta comunità cristiana che sceglie, dopo attento discernimento, persone disponibili a far parte del clero diocesano per continuare la missione della Chiesa. Noi facciamo festa e ci congratuliamo per il passo che compiono, ma facciamo festa perché sono docili, sono servi, non perché sono eroi, non perché sono protagonisti.
In Maria si rivela per tutta la Chiesa il modello del discepolo:
- in primo è docile alla voce amica e sconcertante di Dio che la chiama: vive la sua vocazione;
- in secondo luogo non vive se non in relazione a Gesù e non può fare nulla e non vuole essere nessuno se non la serva del Signore.
Durante la celebrazione eucaristica ha avuto luogo anche il Rito di ammissione di 3 candidati al sacro ordine del diaconato e del presbiterato: i seminaristi Simone Bestetti, Giovanni Corti e Alessandro Zannini; e 8 candidati al diaconato permanente: Simone Aimini, Davide (rel. Maria) Belloni, Riccardo Egidio Crippa, Vito Curatolo, Fabrizio Lanzanova, Andrea Magrini, Gian Celeste Pedroni e Fedele Luigi Zamboni.