Città del Vaticano - Nei giorni scorsi, Silere non possum ha portato alla luce una questione tanto delicata quanto preoccupante: la pressione esercitata da cardinali ultraottantenni su coloro che avranno il compito effettivo di eleggere il prossimo Pontefice. A parlare sono stati alcuni membri del Sacro Collegio, giovani, europei e no, che hanno denunciato un clima di condizionamento da parte di chi, pur non potendo partecipare attivamente al voto, continua ad esercitare un’influenza indebita e invadente.

Gli sponsor del Cardinale Fernando Filoni

La questione, già di per sé seria, si intreccia con un’altra dinamica tutt’altro che marginale: la prepotenza, sempre più visibile, di alcuni cardinali italiani. Nomi e comportamenti ben noti, spesso accompagnati da carriere costruite più sull’appartenenza a circoletti clericali o su fedeltà personali che sulla competenza pastorale o spirituale. Emblematico è il caso del cardinale Fernando Filoni. Il suo ingresso nella curia romana fu garantito da un legame diretto con il cardinale Tarcisio Bertone, suo relatore di tesi. Fu proprio Bertone a volerlo in Segreteria di Stato, più per bisogno di un fedelissimo che per reale merito. La carriera di Filoni proseguì poi in Propaganda Fide, dove gestì ingenti fondi economici, e oggi gode dell’appoggio del Cammino Neocatecumenale, movimento deviato che continua a sostenerlo con convinzione. Non dimentichiamo cosa disse l’abusatore di coscienze Kiko Argüello su Benedetto XVI: “Speriamo che muoia”. 

Nonostante tutto, Filoni crede di avere qualche chance in questo Conclave, mostrando un’ambizione che non sembra affievolita né dall’età né dalla crescente diffidenza che molti suoi confratelli nutrono nei suoi confronti. Il sistema di potere che ruota attorno a figure come quella di Filoni non si limita alle sacre stanze. Si estende, e non poco, al mondo dell’informazione. Nei giorni scorsi il porporato, pugliese levantino, ha rilasciato considerazioni alla stampa che lo seguiva prima di entrare nell’aula nuova del Sinodo: “Sempre nella continuità ma non fotocopie”, ha detto. Oggi ha rilasciato un'ulteriore intervista ad uno dei giornalisti della cricca legati ai portavoce dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Sono le frequentazioni di Filoni a definire chi è. Francesco Antonio Grana, giornalaio noto agli ambienti sacri per le sue doti diffamatorie contro quei prelati che gli hanno negato quanto lui chiedeva, sta portando avanti una “propaganda Filoniana” stucchevole. Nella Sala Stampa della Santa Sede alcuni suoi colleghi definiscono le sue esternazioni: “Sfacciate e stucchevoli”. 

L’operato di Grana, però, è dettato più da interessi personali che da reale vocazione alla verità. La logica è quella del do ut des: sostegno mediatico in cambio di favori o di un accesso privilegiato a determinati ambienti. Un meccanismo ben noto a chi frequenta il microcosmo vaticano, in cui il giornalismo si fa spesso strumento di potere e non di trasparenza. Silere non possum ha già portato alla luce il modus agendi di Grana ed è in possesso di centinaia di messaggi whatsapp in cui parla di centimetri, suscitando non poca ilarità fra il clero che lo guarda con commiserazione. “Scrive cose che fanno venire ribrezzo e poi scrive articoli di fuoco o fa dirette web dove parla di clero deviato, clero infedele, ecc…”, racconta un prelato. Si tratta, ancora una volta, di quelle persone represse che sputano veleno sugli altri accusandoli delle peggiori cose ma nel privato fanno cose ben peggiori. 

Silere non possum
ha già parlato anche della dinamica, non sfuggita ai dirigenti della Sala Stampa, che vede questi personaggi invitare giovani negli uffici di Via della Conciliazione con la promessa di “esclusive” o “opportunità” in cambio di compiacenze, in una spirale tossica che nulla ha a che fare con la dignità del servizio ecclesiale o con l’etica dell’informazione.

La Missa pro eligendo: solo gli elettori

In questo contesto viziato e poco edificante, i cardinali elettori giovani – pur con tutte le difficoltà che li attendono – non sono affatto ingenui. Osservano, riflettono e esprimono già ora perplessità su quello che è un nuovo errore istituzionale commesso da Diego Ravelli. A tornare sotto i riflettori è infatti la gestione della Missa pro eligendo Pontifice. Come già accaduto nel 2013 con Guido Marini, anche questa volta un ultraottantenne, Giovanni Battista Re, presiederà la celebrazione alle ore 10 nella Basilica Vaticana. Un gesto che, seppur non formalmente proibito, contraddice lo spirito della normativa vigente.

La Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis è chiara a riguardo. Nella Parte Seconda, Capitolo III – L’inizio degli atti dell’elezione – si legge: “Celebrate secondo i riti prescritti le esequie del defunto Pontefice, preparato quanto è necessario per il regolare svolgimento dell’elezione, il giorno stabilito, ai termini del n. 37 della presente Costituzione, per l’inizio del Conclave tutti i Cardinali converranno nella Basilica di San Pietro in Vaticano […] per prender parte ad una solenne celebrazione eucaristica con la Messa votiva pro eligendo Papa”. Il testo specifica che tale Messa si celebra al mattino, così che nel pomeriggio possa iniziare il Conclave. Ma quel che più conta è il principio: si tratta di un atto proprio dei cardinali elettori, non di coloro che, per età, sono esclusi dal voto. “Tutti i cardinali” si riferisce a tutti i porporati elettori, non tutto il Collegio. 

L’ Ordo Rituum Conclavis conferma la centralità liturgica e simbolica della Missa pro eligendo. Eppure, a dispetto delle indicazioni normative e del buon senso ecclesiale, Giovanni Battista Re – nonostante l’età e l’inidoneità formale – è deciso a voler prendere la parola davanti all’intero Sacro Collegio.

Nel 2013 l'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice scrisse: "La Messa sarà celebrata dal Signor Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio. Potranno concelebrare tutti i Signori Cardinali". Oggi afferma: "Gli Em.mi Cardinali che concelebrano sono pregati di trovarsi...".

Sarà poi, un altro ultraottantenne, Raniero Cantalamessa, a tenere una meditazione ai cardinali chiusi nella Cappella Sistina, subito dopo il tradizionale Extra omnespronunciato da Mons. Diego Ravelli, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie. È legittimo, allora, che i cardinali elettori si domandino: perché questa volontà di guidare il Conclave pur essendone esclusi?  La Chiesa, già ferita da decenni di scandali, ha bisogno di rigore, trasparenza, rispetto delle norme e delle competenze. Ogni atto simbolico – come quello della Missa Pro Eligendo – deve riflettere l’integrità e la legittimità del processo. La pressione indebita di porporati fuori quota, le manipolazioni giornalistiche, le cordate ecclesiali sostenute da movimenti e interessi personali rappresentano una minaccia seria alla libertà del voto e all’autenticità del discernimento. 

Il prossimo Conclave si giocherà dunque non solo sulla scelta di un nuovo Papa, ma anche sulla capacità della Chiesa di liberarsi da logiche mondane e clientelari che sono state esacerbate da Francesco. È un’occasione decisiva per riscoprire la verità del Vangelo anche nella procedura più delicata e solenne che la Chiesa conosca: l’elezione del Successore di Pietro. I giovani cardinali hanno il diritto – e il dovere – di non farsi influenzare e contagiare da determinate logiche.

d.F.L.
Silere non possum