Diocesi di Aosta

Pubblichiamo il comunicato che S.E.R. Mons. Franco Lovignana, vescovo di Aosta, ha gentilmente fatto pervenire a seguito della nostra ferma condanna nei confronti di una puntata di un podcast valdostano alla quale hanno preso parte alcuni sacerdoti della diocesi di Aosta. 
Silere non possum, pur apprezzando l'idea di un momento al quale prendevano parte i presbiteri, aveva scritto: «Un altro aspetto preoccupante, che riguarda in modo particolare uno di questi sacerdoti ma è un modus agendi di diversi, è quello di utilizzare parolacce o termini sconvenienti» e ancora «Se la partecipazione ad un podcast diventa il modo per far ridere i giovani di persone, abbastanza ridicole, che salgono su un palco, ridono in modo sguaiato e raccontano la vita sacerdotale mettendo in evidenza esperienze ridicole vissute, questo non ha nulla a che vedere con l'evangelizzazione, il saper stare fra la gente e il modo sano di relazionarsi». 

Il 31 dicembre 2024 S.E.R. Mons. Lovignana ha affermato: «Non posso non rimarcare che il modo in cui sono stati affrontati alcuni temi delicati (in primis la morte, i Sacramenti e i Sacramentali), le risate scomposte e in particolare il linguaggio volgare e grossolano, sono effettivamente offensivi verso le persone e verso la sacralità della vita ecclesiale e svilenti il ministero sacerdotale. Al riguardo approfitto per fare pubblicamente ciò che ho fatto in privato con diversi fedeli che sono venuti a parlarmi e cioè chiedere scusa a nome dei miei confratelli se questi modi e queste parole sono stati occasione di scandalo». Il vescovo ha poi correttamente sottolineato un aspetto che anche Silere non possum ha sempre messo in evidenza e riguarda la maggior parte dei presbiteri, non solo quelli di Aosta, che svolgono ogni giorno il loro ministero con dedizione e serietà. «Tuttavia, desidero sottolineare come normalmente tutti i nostri sacerdoti svolgano con dedizione, coscienza e amore il loro ministero a servizio delle comunità e questo con grande generosità e spirito di sacrificio» ha scritto il presule. 


Un anno si chiude. Un anno si apre.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Le due invocazioni del Salmo 66 che accompagna la celebrazione del 1° gennaio dicono bene i sentimenti che proviamo quando passiamo da un anno all’altro: abbiamo bisogno che il Signore abbia pietà di noi, con le nostre debolezze e i nostri peccati, e del mondo intero, con le sue violenze e ingiustizie; soprattutto abbiamo bisogno che volga su di noi e sul mondo il suo sguardo benevolo e misericordioso e ci dia pace! È questa la preghiera che desidero condividere con tutta la Diocesi in questo ultimo scorcio dell’anno. E l’augurio che formulo per tutti è che l’anno che inizia sia occasione di un incontro vivo e personale con Gesù, l’unico capace di rinvigorire la speranza in questo momento tanto faticoso e difficile. Ci impegniamo per recuperare la gioia di vivere e per aiutare fratelli e sorelle a fare altrettanto.

In modo particolare vorrei che avessimo tre attenzioni: sostenere le giovani famiglie perché possano con gioia trasmettere la vita; accompagnare i giovani, soprattutto i più fragili, perché non perdano mai il gusto della vita; intraprendere percorsi di perdono per guarire le relazioni malate della nostra vita.

Questo augurio non è però sufficiente, perché non posso tacere ciò che è sulla bocca di tutti, ossia lo show che ha visto come protagonisti quattro sacerdoti della nostra Diocesi e che ha avuto un’enorme visibilità, suscitando reazioni contrastanti.

Finora non ho preso posizione pubblicamente, limitandomi a dire il mio pensiero ai quattro interessati. Ho fatto così per non alimentare ulteriormente le polemiche. Tuttavia, dopo tanti commenti, richieste di chiarimento, generalizzazioni e illazioni sul comportamento dei preti della Diocesi, ritengo che sia utile dire una parola ufficiale da parte della Diocesi e del Vescovo, raccontando i fatti così come hanno coinvolto la Diocesi stessa e il Vescovo.

Diverse persone domandano: «Il Vescovo ha autorizzato?». Il conduttore di Illumina Aosta ha chiesto, attraverso il Vicario Generale, se era possibile invitare dei sacerdoti al suo show. La mia risposta è stata che non ritenevo di dover autorizzare o censurare un invito rivolto ai sacerdoti, uomini adulti e responsabili, capaci di valutare la propria preparazione e capacità per intervenire o meno in uno spettacolo pubblico. Sono abituato a fidarmi dei miei sacerdoti. Punto. Da lì in poi il Vescovo non ha più saputo nulla se non a cose avvenute. Nessuno dei sacerdoti ha chiesto autorizzazione, e neppure era necessaria.

Altre persone chiedono: «Il Vescovo approva?». Dico subito che credo che i quattro sacerdoti abbiano agito in buona fede e abbiano cercato di mostrare un volto simpatico del prete e anche di dire una parola di Vangelo in un ambiente leggero. In parte forse ci sono anche riusciti. Fatta salva dunque la loro buona fede, non posso non rimarcare che il modo in cui sono stati affrontati alcuni temi delicati (in primis la morte, i Sacramenti e i Sacramentali), le risate scomposte e in particolare il linguaggio volgare e grossolano, sono effettivamente offensivi verso le persone e verso la sacralità della vita ecclesiale e svilenti il ministero sacerdotale. Al riguardo approfitto per fare pubblicamente ciò che ho fatto in privato con diversi fedeli che sono venuti a parlarmi e cioè chiedere scusa a nome dei miei confratelli se questi modi e queste parole sono stati occasione di scandalo.

Questo scivolone sarà occasione per noi sacerdoti di riflettere insieme sul nostro modo di porci in relazione con la gente per essere davvero vicini senza svalutare il messaggio di cui siamo servitori.

Tuttavia, desidero sottolineare come normalmente tutti i nostri sacerdoti svolgano con dedizione, coscienza e amore il loro ministero a servizio delle comunità e questo con grande generosità e spirito di sacrificio. Di questo voglio ringraziarli pubblicamente, anche come riparazione per alcuni apprezzamenti ingenerosi apparsi in qualche articolo.