Lunedì 6 gennaio 2025 Papa Francesco ha nominato Suor Simona Brambilla alla guida del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di vita apostolica. Si tratta di una scelta che è destinata a far discutere per due motivi particolari:
1. i laici non hanno potestà di governo e pertanto non possono essere a capo di un dicastero,
2. i media vaticani hanno messo in risalto, fin dal primo momento, come questa nomina sia importante per via del fatto che è la prima donna a capo di un Dicastero.
Oltre al danno, però, arriva anche la beffa. L'uomo che era stato da tempo collocato idealmente alla guida del Dicastero, il salesiano Artime, in realtà è stato nominato Pro-Prefetto del Dicastero. A Castro Pretorio qualcuno sorride e fa notare che si tratta di una vera e propria Bergoglianata. Ángel Fernández Artime, infatti, aveva iniziato a strofinarsi le mani quando era stato chiamato ad indossare la berretta cardinalizia da Papa Francesco. Le voci insistenti e le rassicurazioni del Papa stesso in questi mesi gli avevano fatto credere che "manca poco ed è fatta". Artime era a Valdocco quando nel 2015 lo sprintoso Papa Francesco davanti ai salesiani disse: «A volte mi chiedono: non servono decisioni più forti riguardo alle donne nella Chiesa? Certo. Ma credi che nominare una donna capo dicastero sia una decisione forte? Questo è un funzionalismo. La donna nella Chiesa ha lo stesso lavoro della Madonna la mattina di Pentecoste»
Dopo dieci anni quel Rettore Maggiore si ritrova a fare da passa carte proprio ad una suora, con la beffa anche di indossare una berretta porpora. «Questo è ciò che non hanno capito questi entusiasti della prima ora. Il Papa li chiama e come li porta sù, poi li butta giù. Oppure, li porta sù come vuole lui, addirittura umiliandoli. Queste, poi, sono le categorie più pericolose perché sono quelli che poi rientrano fra gli "insoddisfatti". E quando una persona è insoddisfatta, diventa una mina vagante. In questo pontificato non c'è un solo uomo (o donna, visto il momento) che si possa dire essere soddisfatto al 100% di ciò che il Papa gli ha fatto fare».Il problema, poi, è tutt'altro che aleatorio anche per quanto riguarda la concreta attività del Dicastero per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Come abbiamo raccontato nel podcast, una religiosa a capo di un dicastero così delicato è un dramma. Silere non possum in questi anni ha raccontato le diverse problematiche che riguardano questo Dicastero e la deriva che ha raggiunto il suo apice con l'abusatore di coscienze e grande traffichino di denaro José Rodríguez Carballo.
Potestà di governo: laici e suore non l'hanno
La Chiesa si governa con la teologia, il diritto canonico e tutto quanto concerne lo studio della Scrittura. Non ci si muove ad "umori", altrimenti potremmo mettere in discussione anche le stesse parole di Cristo. Proprio per questo, né religiosi né laici hanno potestà di giurisdizione. Non è una scelta che la Chiesa può fare, a sentimento. Si tratta di una questione molto chiara: la potestà di governo discende dalla potestà d'ordine. Chi ha ricevuto l'ordinazione può governare, chi non l'ha ricevuta non può.
Come superare questo impasse? Dimostrando teologicamente e canonicamente che questa affermazione non è qualcosa che ha voluto Cristo stesso ma è una "regola" che la Chiesa ha introdotto ed è superabile. Semplice, non chiediamo altro a S.E.R. il Sig. Cardinale Gianfranco Ghirlanda da anni. Il gesuita represso, però, non è mai riuscito a dimostrarlo. Non lo ha fatto nei banchi della Gregoriana dove insegnava le sue teorie uffa e non lo ha dimostrato neppure alla pubblicazione di Praedicate Evangelium, la Costituzione Apostolica che da' per scontato questo assunto ma in realtà non è mai stato fatto uno studio che lo giustifichi. Non lo ha fatto Ghirlanda, non lo ha fatto neppure il suo sguattero Interlandi e non lo ha fatto nessuno. Al momento ciò che è certo è quanto prevede il Codice di Diritto Canonico al canone 129: «Sono abili alla potestà di governo, che propriamente è nella Chiesa per istituzione divina e viene denominata anche potestà di giurisdizione, coloro che sono insigniti dell'ordine sacro, a norma delle disposizioni del diritto». Il secondo comma prevede: «Nell'esercizio della medesima potestà, i fedeli laici possono cooperare a norma del diritto». Pertanto, Suor Brambilla, al massimo, poteva essere chiamata a "cooperare" non di certo a governare nel Dicastero.
Si tratta di considerazioni semplici ma che al momento non sono alla moda. E, soprattutto, non convengono a qualcuno. Pensiamo, ad esempio, ad Andrea Tornielli, noto a Chioggia per aver fatto i giochi da mughetto ai tempi delle scuole superiori. Non conviene a Tornielli spiegare al mondo sui media vaticani che lui non potrà mai essere a capo di alcunché perché non è ordinato. Non conviene neppure al fratello di Ernesto Maria Ruffini, recentemente scaricato anche dall'Agenzia delle Entrate. Paolo Ruffini dal 5 luglio 2018 è stato chiamato alla guida del Dicastero per la Comunicazione. Una famiglia di enfant prodige, peccato non sappiano parlare neppure il dialetto palermitano, figuriamoci l'italiano. Aldilà dell'incompetenza che li caratterizza, però, c'è un problema essenziale: non può essere a capo di un Dicastero un laico che non ha ricevuto l'ordinazione. Non c'è discussione.
Da tempo, invece, la volontà è quella di offrire zuccherini alla stampa e alle masse facendo vedere che "anche noi abbiamo le donne nei luoghi di comando". Sulla sua paginetta, che ci costa milioni di euro ogni anno e non viene consultata neppure dai dipendenti stessi del Dicastero che passano le loro giornate su Silere non possum, Tornielli ha titolato: "Suor Simona Brambilla è la prima prefetto donna in Vaticano".
Alcune religiose fanno notare: «È svilente anche per Brambilla questo titolo. L'unica dote che ha è quella di essere donna? Ha studiato per molti anni ed ha diverse esperienze e nel titolo bisogna scrivere che è donna? Perché non titolare: "Una psicologa come Prefetto"? O comunque qualcosa che metta in evidenza le sue competenze non il suo sesso biologico».
Il problema è sempre lo stesso ed è una questione che anche i vescovi diocesani devono affrontare: non è possibile tenersi in casa delle persone incompetenti che lavorano al fine di compiacere altri e non fare il bene della Chiesa. Non c'è un solo Ufficio Comunicazioni Sociali di una diocesi che abbia alla guida una persona competente, che sa di cosa parla, e che svolga il suo lavoro al fine di trasmettere una immagine sana di Chiesa, che difenda la Chiesa di fronte ai media affamati e che, soprattutto, svolga il proprio lavoro con la consapevolezza che deve far passare il Vangelo attraverso i social e i giornali.
Per questo motivo spesso i Papi, anche Francesco, hanno parlato di una comunicazione che non deve seguire le logiche odierne dell'informazione. "Il Titolo di donna a capo del dicastero tira", affermano al Dicastero. A noi interessa? No. Non è questo il nostro compito. Vogliamo trasmettere l'immagine di una donna che sia alla pari dell'uomo? Bene, facciamolo partendo da Mulieris Dignitatem. Come ha spiegato più volte anche Papa Francesco, non è ricoprendo ruoli che sono destinati all'uomo (come la guida dei dicasteri in forza del ministero) che la donna risulterà "emancipata". La donna sarà tale solo quando assolverà, proprio come l'uomo, al compito che Dio stesso le ha affidato. Se ne facciano una ragione i vari carrieristi come Tornielli, Ruffini e Monda e anche quelli che millantano il titolo di teologi come quei grilli parlanti che non si sanno neppure sbarbare davanti allo specchio alla mattina.
p.L.V.
Silere non possum