Diocesi di Pisa

Termina il proprio mandato S.E.R. Mons. Giovanni Paolo Benotto, Arcivescovo di Pisa dal 2 febbraio 2008. Un regno molto lungo e Benotto è stato definito da molti il "più cattolico della Toscana", almeno fino al 12 gennaio 2022. A succedergli è stato chiamato padre Saverio Cannistrà, sacerdote professo dell'Ordine dei Carmelitani scalzi. 

Si tratta di una diocesi molto particolare e che da tempo vive un grave dramma anche per quanto riguarda il proprio futuro. Le vocazioni sono pochissime e il problema è il rettore del seminario. Si tratta dell'arcidiocesi che vide sulla cattedra l'ideologico Alessandro Plotti che ha formato molti dei preti al governo ed ha ordinato anche Cannistrà. In una realtà come quella pisana la nomina di un carmelitano che ha creato grandissima divisione all'interno dell'ordine di cui è stato preposto generale è un vero e proprio cammino verso il suicidio. 

Chi è il nuovo Arcivescovo?

S.E. Mons. Saverio Cannistrà, O.C.D., è nato a Catanzaro il 3 ottobre 1958. Dopo la Laurea in Filologia romanza presso la Scuola Normale Superiore di Pisa ha avuto un’esperienza lavorativa come redattore presso una casa editrice. Il 17 settembre 1985 è entrato nel noviziato della Provincia Italiana di Toscana dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi e ha emesso la Professione Perpetua il 14 settembre 1990. Il 24 ottobre 1992 è stato ordinato sacerdote.

Ha ricoperto i seguenti incarichi e svolto ulteriori studi: Dottorato in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Gregorianadi Roma (1998); Docente di Teologia trinitaria presso la Pontificia Facoltà Teologica e Istituto di spiritualità “Teresianum” di Roma (1995-2003); Professore di Cristologia e Antropologia Teologica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale di Firenze (2003-2009). Nel 2007 è stato eletto membro del Consiglio di presidenza dell’Associazione Teologica Italiana.

Nella Provincia Toscana dei Carmelitani Scalzi è stato: Consigliere Provinciale (1996-2002); Maestro dei postulanti e degli studenti (1999-2008); Provinciale (dal 2008). È stato inoltre Preposito Generale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi (2009-2021). È membro del Consiglio Presbiterale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Firenze ed attualmente è Vicario parrocchiale nella Chiesa di San Pancrazio a Roma.

Gravi problemi nella Chiesa Pisana

L'Arcidiocesi di Pisa, come la maggior parte di quelle toscane, gode di pessima salute. Come più volte è stato rilevato su queste pagine, infatti, uno degli indicatori è proprio il Seminario. A Pisa, per anni a Santa Caterina si sono verificati eventi preoccupanti. Dapprima con il regno di Roberto Filippini, il quale era stato presentato più volte a Roma per una nomina episcopale e durante il pontificato di Benedetto XVI la Santa Sede ha sempre espresso un no categorico. Le posizioni di Filippini, infatti, erano ben altra cosa rispetto alla dottrina cattolica. Negli anni in cui era rettore, nel Seminario Arcivescovile che si è andato sempre più svuotando, era presente come Padre Spirituale don Severino Dianich, più volte richiamato dalla Santa Sede per le sue posizioni palesemente fuori dalla comunione. 

Nel 2015, distrutta la scuola genovese e regnante Francesco che ha sempre fatto di tutto per lanciare frecciatine al Monastero Mater Ecclesiae, Filippini viene nominato vescovo di una diocesi che ora si avvia verso l'unificazione. Ultimo vescovo di Pescia, Filippini non ha fatto altro che accelerare questo processo senza offrire alcun futuro a questa Chiesa. Negli anni in cui è stato rettore a Pisa ha portato all'ordinazione personaggi che hanno dato grossi problemi all'Arcidiocesi. A proposito, bisognerebbe in tale sede ricordare a don Maurizio Gronchi, proveniente da questa decadente Chiesa, che prima di dare lezioni di moralità al vescovo di Piazza Armerina e a don Giuseppe Rugolo - accusati falsamente di abusi e copertura di abusi - sarebbe bene si preoccupasse di chi è stato ordinato a Pisa e durante gli anni del seminario erano stati trovati nelle medesime camere non proprio a leggere il Santo Vangelo. Uno è poi finito a fare il segretario all’Arcivescovo Benotto. Sarebbe bene guardare in casa propria prima di elargire lezioni. 

Quello che fu il vicerettore di Roberto Filippini, don Francesco Bachi, venne nominato nel 2015 Rettore. Da quell’anno, la grave crisi che il Seminario stava già vivendo è peggiorata. Non solo Bachi è noto nello Studio Teologico per le sue richieste di “far superare gli esami” a quegli alunni che non riescono a superare gli esami, ma è l’uomo che ha creato seri problemi anche fra il Seminario – che recentemente è divenuto anche ufficialmente Interdiocesano – e diverse diocesi.

Non solo Francesco Bachi, che è sempre stato visto anche dal clero diocesano come un “ragazzino che chiacchiera dell’uno e dell’altro”, ha sempre portato avanti una linea che non è certo la formazione dei seminaristi ma piuttosto la propria ideologia. Stiamo parlando di un personaggio che è simile a tanti, i quali demonizzano chi è più vicino alla tradizione, che acclamano alla Chiesa povera e senza onori ma allo stesso tempo fanno di tutto per ottenere il monsignorato a quarant’anni, il canonicato e seguono con attenzione l’andamento dei soldi. Parlano ed insultano coloro che etichettano come carrieristi ma poi sono i primi che portano all’ordinazione i loro “fedelissimi” e addirittura li inviano in quei Collegi Romani – ai quali questi ambivano solo per poter contattare porpore et similia - che sono rinomati per essere fucine di “ambiziose vipere”.

Il clima creato nel seminario di Pisa da Francesco Bachi è stato talmente nauseabondo che da quando è stato nominato rettore molti se ne sono andati.
Addirittura, una diocesi, ora guidata da un vescovo ben saldo sia dal punto di vista della fede che del governo, al tempo ritirò i propri seminaristi e li inviò a Padova perché era impossibile proseguire la formazione dei propri preti in una realtà come Santa Caterina. Altri hanno preso ed alzato i tacchi perché schifati da questo modo di portare avanti il Seminario che non è quello di formare ma di chiacchierare, alludere, fare gossip e perseguitare coloro che non sono nelle sue grazie. Non potendo attingere nel territorio diocesano dove le persone intelligenti hanno capito che a Santa Caterina è bene non mettere piede per mantenere la sanità mentale, il buon Rettore ha deciso di attingere all'Estero andando a recuperare gente dal Sud America. Se c'è una colpa che Giovanni Paolo Benotto ha è proprio quella di aver scelto in modo molto superficiale i propri collaboratori e quando gli è stato fatto notare - anche dai confratelli vescovi - la grave inettitudine di queste persone non vi ha posto rimedio.

Bisogna, inoltre, qui specificare che la Stampa in questi mesi ha parlato di Mons. Simone Giusti come possibile successore di Giovanni Paolo Benotto. È un altro esempio di come questi giornalisti non abbiano per nulla chiaro come stiano le cose qui in Vaticano. Simone Giusti, pupillo di Mauro Piacenza, non solo ha creato seri e gravi danni alla diocesi di Livorno ma non avrà alcun futuro proprio per questo legame con il presule traffichino genovese. 

Proprio come Francesco Bachi, inoltre, Simone Giusti è noto per le sue azioni all'interno dello Studio Teologico a favore di quei seminaristi che accoglie dalle diverse parti del mondo ma che non sono in grado neppure di superare un esame di teologia con un misero diciotto. La soluzione di questi vescovi è quella di contattare le Facoltà e chiedere che gli esami vengano fatti superare nonostante la palese impreparazione. Giusti, inoltre, a Livorno non è noto solo per aver riempito la diocesi di foresti ma anche per la sua smania di potere e denaro manifestata anche al Santuario Regionale di Montenero dove da anni litiga ferocemente - compiendo abusi di potere gravissimi - con la comunità monastica dei monaci di Vallombrosa. Ma è noto, alla Santa Sede non importa nulla fino a quando non ci sono scandali economici. 

M.P.
Silere non possum


Lettera alla Chiesa di Dio che è in Pisa
 del Rev.do P. Saverio Cannistrà O.C.D.

Eccellenza Reverendissima,
confratelli nel sacerdozio,
carissimi fratelli e sorelle tutti,
Papa Francesco mi ha chiesto di mettermi al servizio del popolo di Dio che è in Pisa. Ho accettato in spirito di fede e di obbedienza, consapevole dei miei molti limiti. Cercherò di svolgere questo compito così bello e così grande nell’unico modo che conosco: pregando, meditando e ascoltando la Parola di Dio, nei tanti modi e forme in cui quotidianamente ci raggiunge. Desidero con tutto il cuore annunziare, celebrare, testimoniare ciò che a mia volta ho ricevuto. So che in questo compito, che supera le capacità di un uomo, non sarò solo. Ricordo una frase di santa Teresa di Gesù, mia madre nel Carmelo, che diceva: «L’obbedienza dà la forza». Penso che tanti di noi ne hanno fatto l’esperienza: la grazia non abbandona chi si mette al servizio del disegno di Dio. Al contrario, sovrabbonda e ricolma e rende capaci di compiere ciò che né l’intelligenza riesce a comprendere, né l’abilità umana a realizzare.

Non so, invece, che cosa esattamente mi attenda, non ho programmi né agende. Avrò bisogno di tempo per vedere, ascoltare, imparare. Per ora non ho che il mio piccolo “eccomi” da presentare al Signore e a voi, fratelli e sorelle. Ma sono felice di essere stato inviato proprio a Pisa, città che amo, nella quale ho studiato, ho scoperto la mia vocazione religiosa e sono stato ordinato presbitero. Con gioia mi preparo a percorrere con voi i sentieri di questa storia e di questa terra che il Signore mi ha donato ora come mie. E già vi ringrazio per la vostra accoglienza benevola e indulgente: ringrazio mons. Giovanni Paolo, i preti, i religiosi e religiose, i laici e le laiche e tutti gli uomini e donne di buona volontà di questa diocesi. Vi chiedo di pregare per me. Affidatemi in modo particolare all’intercessione di san Ranieri, nostro patrono.

Vi rivolgo queste poche parole che il cuore mi detta in questo momento, dal luogo in cui ho vissuto e lavorato, e soprattutto amato, negli ultimi due anni e mezzo, e cioè la chiesa e la comunità di san Pancrazio a Roma. Rendo grazie al Signore per questo tempo che mi ha concesso. Ho trovato tanti fratelli e sorelle che mi hanno testimoniato la loro vita di fede, il loro amore per Gesù e per la Chiesa, il loro impegno concreto per i più poveri e bisognosi.

Ringrazio Dio per la comunità carmelitana in cui ho avuto il privilegio di trascorrere questi anni, in particolare per il dono inestimabile dei miei fratelli più giovani, a me affidati come formatore. Lasciare tutto questo, lasciare questi amici, fratelli e figli non è un piccolo sacrificio, anche se so che in realtà non li sto lasciando, ma consegnando nelle mani di chi me li aveva affidati solo per un tempo. Mi pare di capire ora che il Signore ha voluto farmi crescere nell’esperienza della paternità, perché potessi esercitarla più ampiamente verso tutto il popolo di Dio.

Vi parlo da un luogo sacro e ricco di storia, quello in cui un giovane di nome Pancrazio 17 secoli fa ha dato la vita per Cristo. Da questo luogo anche un grande pastore e dottore della Chiesa, san Gregorio Magno, ha predicato sulla carità fraterna, che è dare la vita per gli amici. Metto queste memorie di storia personale e collettiva nel bagaglio che porto con me. Spero che non sia troppo ingombro perché ho bisogno di tanto spazio vuoto per accogliere la ricchezza che mi attende nella mia nuova patria. Ma il bagaglio che si porta nel cuore non pesa e non ingombra. Le dimensioni del cuore sono proporzionali alla carità che lo abita. Ed è questo che chiedo al Signore per me e per voi. Uniamoci in questa preghiera: Dilata i nostri cuori, Signore, rinnovali e fortificali con il soffio del tuo Spirito. Amen

p. Saverio Cannistrà

Lettera alla Chiesa di Dio che è in Pisa
di S.E.R. Mons. Giovanni Paolo Benotto

Carissimi,
dopo 17 anni di servizio episcopale alla Chiesa pisana, è giunto il momento di consegnare i compiti e le responsabilità di pastore e guida della nostra diocesi a S.E. Padre Saverio Cannistrà OCD, che  il Papa ha nominato nuovo arcivescovo metropolita di Pisa.
Anch’io, con l’apostolo Paolo a Timoteo vorrei poter ripetere in piena verità: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”(2Tim 4,7).
Senza falsa umiltà e senza presumere di me stesso, ringrazio il Signore per avermi accompagnato sempre con la sua grazia in tutto il mio cammino di vita e nel servizio di prete e di vescovo. Sicuramente avrei potuto fare di più e meglio e per questo chiedo perdono per le mie inadempienze.
Desidero ringraziare tutti: sacerdoti, diaconi, religiose, religiosi e fedeli laici di tutte le età e le condizioni per l’affetto, l’amicizia e il senso di famiglia che ho sperimentato in ciascuno dei nove vicariati della nostra diocesi; nelle singole parrocchie e nelle Unità pastorali, come pure nelle Associazioni e nei Movimenti ecclesiali.

Quando il 2 febbraio 2008 veniva reso noto il mio trasferimento da Tivoli a Pisa – un ritorno a casa – risuonava dentro di me un detto antico: “Nemo propheta in patria”; oggi, non dico di essere stato profeta, ma posso dire di non essermi mai sentito estraneo a nessuno e a nessuna comunità non solo ecclesiale, ma anche sociale o culturale.

Un grazie affettuoso voglio esprimerlo a tutti coloro che più da vicino mi hanno aiutato e sostenuto nel portare il peso, ma anche la gioia, del lavoro pastorale quotidiano, senza risparmio e  con grande ed efficace generosità. A tutti il Signore doni l’abbondanza delle sue benedizioni. Che cosa farò, una volta che sia arrivato in mezzo a noi il nuovo arcivescovo?

È ovvio che prete e vescovo sono e tale rimango, e senza difficoltà, se non quella dell’età anagrafica e delle conseguenti problematiche che ne conseguono, mi metterò a servizio dei confratelli e della nostra gente nell’esercizio del quotidiano servizio presbiterale. Comunque si vedrà strada facendo.

Oltre a quanto ci è stato comunicato dalla Nunziatura Apostolica in italia, desidero aggiungere qualche parola per presentare il mio successore.

Saverio Cannistrà arrivò a Pisa dalla sua terra di origine, quale giovane studente universitario della Scuola Normale Superiore, e a Pisa, oltre che studiare andò scoprendo e maturando la sua vocazione religiosa alla quale il Signore lo chiamava presso il Convento dei Padri Carmelitani Scalzi di San Torpè. Non solo Saverio divenne frate carmelitano, ma proprio qui a Pisa, in San Torpè, fu ordinato presbitero dall’Arcivescovo Alessandro Plotti il 24 ottobre 1992. In quella occasione, per le precarie condizioni del cerimoniere arcivescovile mons. Innocenzo Barozzi, l’arcivescovo mi chiese di guidare il rito di ordinazione, avendo anch io la possibilità, come presbitero, di imporre le mani sul capo dell’ordinando.

Per Padre Saverio, Pisa è stata una seconda patria e senza dubbio la Chiesa pisana è stato il grembo materno in cui è maturata la sua vocazione, ricevendone il sigillo presbiterale.

Studio, vita religiosa comunitaria, insegnamento teologico e poi un servizio a livello mondiale come Preposito generale dei Carmelitani Scalzi con la responsabilità anche delle comunità Carmelitane femminili, Padre Saverio ha avuto come orizzonte del suo servizio la Chiesa universale.

Con la nomina di Padre Saverio ad arcivescovo di Pisa, il papa ci ha fatto davvero un bel regalo e una gradita sorpresa. Ed un regalo ancora più bello è che Padre Saverio riceva la sua consacrazione episcopale nel nostro Duomo la domenica 11 maggio, giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.

Da parte mia, fin da ora, offro al nostro nuovo arcivescovo la mia più cordiale e fraterna collaborazione, e credo, ben conoscendovi, che non mancherà neppure da parte di tutti i membri della Chiesa pisana la disponibilità generosa a mettersi in  gioco nel servizio ecclesiale.

Chiedo a tutti di pregare per il nuovo arcivescovo. Affidiamolo e affidiamoci tutti insieme alla Vergine Santa che veneriamo come Madonna di sotto gli Organi e a San Ranieri nostro Patrono perché sappiamo camminare con rinnovato entusiasmo sulla via del Vangelo e della carità, per essere tutti insieme segno splendente della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica in Cristo Signore “Luce del Mondo” come ci dice il grande mosaico del Pantocratore che domina l’abside della nostra chiesa cattedrale.

+ Giovanni Paolo, arcivescovo