Parlando di omosessualità spesso incappiamo in alcuni personaggi che si dicono portatori del pensiero cattolico che utilizzano la Bibbia come se fosse il prontuario di tutte le risposte per tutti i problemi dell’uomo. Utilizzano la Bibbia come se fosse un libro magico. Hai presente quelle sette che insegnano ai loro adepti ad aprire la Bibbia e dicono: “Quello che ti capiterà sarà quello che Dio ti sta dicendo”? Ecco, si tratta di magia, non è Parola di Dio.

La Bibbia, per noi cattolici, è ben altro. Per quanto questo ci possa spaventare, in quanto fa venire meno tutte le nostre sicurezze, la Bibbia è per noi un luogo sicuro a cui poter attingere ma non risponde a tutte le nostre domande. Anzi, spesso davanti alla Scrittura nascono delle domande. La Bibbia ci educa a stare davanti alle questioni che hanno a che fare con Dio e con l’uomo in un certo modo, quindi lasciandoci senza risposte, con domande…

Se pensiamo ad alcune feste che noi celebriamo, ad esempio l’assunzione di Maria Santissima al Cielo e la sua Immacolata Concezione, che non hanno un riferimento nella Scrittura. Eppure, la Chiesa ha compreso queste cose. Troviamo degli “indizi” ma non c’è scritto tutto perché per noi cattolici non basta la Bibbia ma c’è questa ed anche la storia con la quale è stata interpretata fin dall’inizio, la tradizione, ecc… È bene ricordare che in genere Dio non ci svela mai tutto. Ci dona degli indizi, ci fa arrivare davanti al mistero insieme a Lui e poi ci chiede di completare la riflessione su questo mistero insieme. Guardando, riflettendo, confrontandosi. Questa è la ricchezza della prospettiva cristiana.

Sessualità

Prima di affrontare il tema dell’omosessualità credo sia bene soffermarci su quella che è la sessualità. In Genesi leggiamo: «Non è bene che l'umano sia alla sua solitudine; farò per lui un soccorso come di fronte a lui».

All’interno della Chiesa l’omosessualità viene spesso etichettata come un problema. A volte, però, dimentichiamo che è necessario fare un passo indietro e riflettere sulla sessualità. Dio ci ha creato in un determinato modo e questo prevede che la nostra felicità non è stare da soli.

Non siamo stati creati per la solitudine ma per andare verso qualcuno che è posto “come di fronte a noi”. Sembra che stia di fronte ma in realtà non lo è davvero. A volte è contro, a volte è accanto. Prima di tutto, quindi, è bene ricordare che siamo stati creati per la relazione perché Dio è relazione. Noi veniamo da un Dio che ci ha trasmesso questo codice: non si diventa felici da soli. Nessuno è destinato o condannato a questa esperienza di solitudine.

Allo stesso tempo, però, la relazione con l’altro appare delicata, fragile e complessa.

«E l’umano disse (o si disse): “Questa qui, questa volta, è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne; a questa qui sarà gridato ishshah, «donna», poiché da ish, «uomo», è stata presa questa qui!» Genesi 2, 23. E ancora «Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna» Genesi 2,24.

Questa specifica:“non provare vergogna”, per alcuni autori si può spiegare in questo modo: eravamo in una condizione bella e non c’era la vergogna. Il motivo per cui non c’era la vergogna, però, può anche essere ricercato nel fatto che uomo e donna erano uno di fianco all’altro. Non di fronte. Pensavano di essersi visti e riconosciuti ma in realtà erano l’una accanto all’altro. Per questo non c’era la vergogna. Proviamo a guardare questa immagine.

Innamoramento - Amore

All’inizio di ogni esperienza amorosa – si tratta di una esperienza che abbiamo fatto tutti più o meno - si ha come l’impressione di essere già molto l’uno dentro l’altro. Si tratta di errori di calcolo che abbiamo fatto tutti, cioè di avere l’impressione di essere arrivati già al centro dell’altro e che l’altro sia arrivato al centro di me. Quando poi la storia finisce ci rendiamo conto di come tutto questo non fosse vero, magari.

In realtà, per arrivare davvero ad essere l’uno l’aiuto per l’altro ci vuole molto tempo. Il vero amore arriva con il tempo. Non si tratta di quell’impressione che solitamente si percepisce all’inizio di grande intesa, di grande intimità con cui sembra accendersi una fiamma all’inizio dell’innamoramento. In quel momento si ha subito l’impressione di essere una cosa sola con l’altro. C’è una canzone che fa’: “Che grande differenza c'è tra innamorarsi e amare. La prima è un ascensore, la seconda sono scale”. Resto sempre colpito da questi giovani autori emergenti perché nelle loro canzoni scrivono dei versi che sono veramente poesia ed hanno grandi verità. Spesso, poi, ci fanno anche capire che hanno grande sete di Dio, nonostante come Chiesa continuiamo a dire che i giovani non cercano Dio.

Questo verso, però, ha una grande verità. C’è differenza fra quello che è l’innamoramento e l’amore vero. Arrivare ad essere una cosa sola con l’altro è molto difficile. Anche se all’interno della nostra società il pudore non c’è più e la nudità è stata sdoganata, per cui ci si spoglia immediatamente quando ci si incontra, questo non è garanzia che il rapporto durerà tanto. Anzi! Mi fa sorridere leggere sulla stampa alcuni articoli. Qualche tempo fa lessi che uno studio di Harvard aveva stabilito che se due persone non vanno a letto insieme la prima volta che si incontrano, la storia dura un po’ di più. Menti eccelse, ci sarebbe da dire.

Però, effettivamente, siamo in un tempo in cui dobbiamo ricodificare queste regole che un tempo avevamo, ci venivano consegnate. Pensiamo alla castità, questo mostro del quale solo come Chiesa continuiamo a parlarne ostinatamente. Che cos’è? Semplicemente la gradualità dell’amore. Non è come la vuole vendere qualcuno: “La Chiesa non vuole che voi facciate…”. La Chiesa, madre premurosa, vuole soltanto che ciò che facciamo sia duraturo nel tempo. Null’altro. Nei nostri corpi c’è scritta una difficoltà grande: uscire da noi stessi ed andare veramente davanti all’altro per poterlo servire e poter essere serviti dall’altro. È un viaggio che dura tutta la vita. Non possiamo pensare di bruciare le tappe e non è a questo livello una questione di omosessualità o eterosessualità. Si tratta di un discorso molto più profondo. La manifestazione genitale è un momento, una stagione, ma il viaggio è ben più impegnativo e lungo.

Omosessualità e Sacra Scrittura

Spesso ci imbattiamo in articoli o vere e proprie discussioni dove vi è chi utilizza la Scrittura contro gli omosessuali. Ci sono blog che ne hanno fatto la propria crociata personale offrendo una immagine dei cristiani cattolici che è veramente triste. Credo che sia necessario prendere la Scrittura in mano – consapevoli della premessa che abbiamo fatto – e leggerla pesando ciò che viene detto guardando al contesto e tutto ciò che possiamo dire. Guardiamo a due racconti in particolare.

Gli angeli e la distruzione di Sodoma

«I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. E disse: «Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono. Non si erano ancora coricati, quand'ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!». Lot uscì verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé, disse: «No, fratelli miei, non fate del male! Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all'ombra del mio tetto». Ma quelli risposero: «Tirati via! Quest'individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E spingendosi violentemente contro quell'uomo, cioè contro Lot, si avvicinarono per sfondare la porta. Allora dall'interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero il battente; quanto agli uomini che erano alla porta della casa, essi li colpirono con un abbaglio accecante dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta. Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandati a distruggerli». Lot uscì a parlare ai suoi generi, che dovevano sposare le sue figlie, e disse: «Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!». Ma parve ai suoi generi che egli volesse scherzare. Quando apparve l'alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed esci per non essere travolto nel castigo della città». Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuori della città. Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: «Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!». Ma Lot gli disse: «No, mio Signore! Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande misericordia verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. Vedi questa città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù - non è una piccola cosa? - e così la mia vita sarà salva». Gli rispose: «Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato. Presto, fuggi là perché io non posso far nulla, finché tu non vi sia arrivato». Perciò quella città si chiamò Zoar. Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, quand'ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore; contemplò dall'alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace. Così, quando Dio distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato» Genesi 19, 1-29.

“Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!»”.

Cosa ci dice la Scrittura? Ci sono gli abitanti di Sodoma che chiedono a Lot di aprire la porta per abusare di questi ospiti, non riusciranno a farlo perché Lot verrà aiutato a chiudere la porta e non farli entrare. Questo desiderio, non realizzato ma comunque espresso, comporterà che Dio farà piovere fuoco e zolfo sulla città di Sodoma che verrà distrutta.

Il delitto di Gaaba

«Quando furono vicino a Iebus, il giorno era di molto calato e il servo disse al suo padrone: «Vieni, deviamo il cammino verso questa città dei Gebusei e passiamovi la notte». Il padrone gli rispose: «Non entreremo in una città di stranieri, i cui abitanti non sono Israeliti, ma andremo oltre, fino a Gàbaa». Aggiunse al suo servo: «Vieni, raggiungiamo uno di quei luoghi e passeremo la notte a Gàbaa o a Rama». Così passarono oltre e continuarono il viaggio; il sole tramontava, quando si trovarono di fianco a Gàbaa, che appartiene a Beniamino. Deviarono in quella direzione per passare la notte a Gàbaa. Il levita entrò e si fermò sulla piazza della città; ma nessuno li accolse in casa per passare la notte. Quand'ecco un vecchio che tornava la sera dal lavoro nei campi; era un uomo delle montagne di Efraim, che abitava come forestiero in Gàbaa, mentre invece la gente del luogo era beniaminita. Alzati gli occhi, vide quel viandante sulla piazza della città. Il vecchio gli disse: «Dove vai e da dove vieni?». Quegli rispose: «Andiamo da Betlemme di Giuda fino all'estremità delle montagne di Efraim. Io sono di là ed ero andato a Betlemme di Giuda; ora mi reco alla casa del Signore, ma nessuno mi accoglie sotto il suo tetto. Eppure abbiamo paglia e foraggio per i nostri asini e anche pane e vino per me, per la tua serva e per il giovane che è con i tuoi servi; non ci manca nulla». Il vecchio gli disse: «La pace sia con te! Prendo a mio carico quanto ti occorre; non devi passare la notte sulla piazza». Così lo condusse in casa sua e diede foraggio agli asini; i viandanti si lavarono i piedi, poi mangiarono e bevvero.Mentre aprivano il cuore alla gioia ecco gli uomini della città, gente iniqua, circondarono la casa, bussando alla porta, e dissero al vecchio padrone di casa: «Fà uscire quell'uomo che è entrato in casa tua, perché vogliamo abusare di lui» Gdc 19, 11-22.

La scena che ci viene proposta, come possiamo vedere, è sempre la medesima. Qualcuno che viene ospitato e gli uomini della città hanno un desiderio incontrollato. In questo racconto, però, possiamo cogliere un interessante particolare. Continuando nella lettura possiamo vedere che non gli sarà permesso di abusare di quest’uomo ma sarà offerta loro la concubina del levita: Essi la presero e abusarono di lei tutta la notte fino al mattino; la lasciarono andare allo spuntar dell'alba”. Questa donna morirà. 

Questo episodio, però, ci dice davvero molto su ciò che la Scrittura condanna. Il fatto che questi uomini volessero abusare di un uomo ci fa dire che questo desiderio era omosessuale. Ma come potrete ben evincere dal racconto, in realtà questi abuseranno di una donna, ovvero di colei che gli viene offerta. La prima “cosa” che hanno sottomano, insomma. Questo racconto della Bibbia, quindi, non ci parla dell’omosessualità per come la conosciamo noi oggi: l’amore di due persone dello stesso sesso. Questo racconto ci parla di una volontà di abusare: uomo o donna che sia. Gli esegeti ci spiegano, poi, che in realtà si tratta di una incapacità di accogliere il forestiero, lo straniero. Queste persone vogliono abusare di qualcuno che non vogliono accogliere, non sono capaci di accogliere.

Sia il delitto di Gaaba, sia la distruzione di Sodoma non sono testi che ci dicono qualcosa sull’omosessualità, su cosa Dio pensi di un omosessuale. Questi testi ci dicono che Dio giudica negativamente coloro che non sono capaci di accogliere lo straniero e ne abusano.

Proseguiamo ed incontriamo tre altri punti dove nella Scrittura si fa riferimento all'omosessualità:

“La donna non si metterà un indumento da uomo né l'uomo indosserà una veste da donna; perché chiunque fa tali cose è in abominio al Signore tuo Dio” Deuteronomio 22, 5

"Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna: è cosa abominevole" Levitico 18,22

“Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro” Levitico 20,13

L’errore che solitamente facciamo – lo scrivevo poco fa - con la Scrittura è quello di prendere delle frasi scritte in un determinato contesto e le facciamo risuonare in un contesto che non è più il loro. Dobbiamo chiederci quale portata possono avere per noi che le ascoltiamo. La prima cosa da fare, quindi, è quella di cercare di comprendere il contesto in cui sono state scritte. Il contesto della Legge è quello di un popolo che sta imparando a vivere e sta ricevendo da Dio le istruzioni per sopravvivere, non estinguersi e vivere dentro una certa fedeltà all’ordine naturale delle cose che si trova nella realtà. Queste indicazioni, quindi, sono molto legate all’idea che la sessualità – nel codice di santità del Levitico – è vista come il linguaggio che serve alla procreazione. Vengono, quindi, squalificati tutti gli atti che non sono aperti alla vita. Vengono citati i casi più clamorosi di questo tipo di attività sessuale, cioè quando si ripiega sullo stesso sesso. Ci troviamo in un contesto nel quale non esistevano né i preservativi né gli anticoncezionali. Chiediamoci: se ci fossero state tutte queste cose, forse avremmo trovato altre clausole piuttosto che questa? Ciò che il Legislatore divino voleva dire è: vivete la sessualità secondo quella che è la pienezza intesa da Dio, non prendetene solo un aspetto, altrimenti andrete verso la lussuria, l’egoismo.

Anche in questo caso, però, è bene ricordare che si tratta di parole che sembrano chiarire qualcosa che riguarda atti eterosessuali ed omosessuali. Gli atti non aperti alla vita possono essere, sia omosessuali che eterosessuali. Si sta citando un esempio che palesemente non è aperto alla vita. Leggendo con attenzione questi testi, quindi, non c’è nulla contro l’omosessualità ma, piuttosto, ci dice che il progetto della sessualità è qualcosa di molto impegnativo per tutti.

San Paolo e l'omosessualità

«Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né depravati (Malakoi), né sodomiti (Arsenokoitai), né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapinatori erediteranno il regno di Dio» 1 Corinzi 6, 9-10

In questo elenco Paolo mette molti tipi di ingiustizie che l’essere umano si ritrova a vivere. Non è un discorso sull’omosessualità. Alcuni atti, anche di tipo omosessuale, possono esprimere un certo disordine, ci dice. Questo anche in riferimento agli atti eterosessuali. San Paolo parla di entrambi perché cita anche l’adulterio. Poi fa un elenco variegato. Noi, però, siamo qui a parlare di omosessuali. Chiediamoci il perché. Anche nella prima lettera a Timoteo Paolo fa riferimento ad alcuni atti, di natura attiva in questo caso, che possono esprimere un disordine. L’elenco però è lungo e non c’è un giudizio sugli uomini e sulle persone ma su alcuni atti che potrebbero essere disordinati:

«Noi sappiamo che la legge è buona, se uno ne fa un uso legittimo; sappiamo anche che la legge è fatta non per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e gl'irreligiosi, per coloro che uccidono padre e madre, per gli omicidi, per i fornicatori, per i sodomiti, per i mercanti di schiavi, per i bugiardi, per gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina, secondo il vangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato» 1Timoteo 1, 8-11

Nella lettera ai romani possiamo osservare che per la prima volta nella Scrittura si parla di omosessualità femminile.

«In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in sé stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa» Romani 1,18-32.

È bene notare che non si sta parlando di persone che sono omosessuali ed hanno una stabile attrazione verso persone dello stesso sesso. Si parla di uomini che, già impegnati con la loro moglie, ogni tanto vanno con uomini e compiono atti ignominiosi.

Sembra quindi che, nelle prime comunità cristiane, quello che si voleva elencare fra le cose che non andavano bene secondo l’ordine stabilito da Dio, erano momenti di puro piacere e di egoismo. Anche in San Paolo, quindi, non troviamo un discorso elaborato e compiuto sull’omosessualità. Si trova una denuncia, abbastanza chiara, riguardo ad atti omosessuali che venivano recepiti, senza neppure troppo discernimento, come tendenzialmente negativi. Vengono letti a partire da una prospettiva di egoismo, fatti per puro piacere. Condannati perchè non c'è amore. Questo perché evidentemente era ciò che Paolo si ritrovava davanti, era ciò che accadeva. Sporadicamente uomini sposati andavano con uomini per puro piacere, per egoismo, lussuria. Paolo non aveva di fronte a sé esperienze positive di vita cristiana vissuta da parte di persone che vivevano una attrazione unica verso persone dello stesso sesso ma aveva di fronte persone che si ripiegavano sul sesso fine a sé stesso, orge, situazioni di ricerca del piacere fine a sé stesse.

Omosessuali nella Scrittura

Potremmo chiederci: Ma nella Sacra Scrittura c’è qualche forma di approvazione delle relazioni omosessuali? La risposta non è facilmente e semplicemente no. Ci sono alcune storie che vengono prese in considerazione e sulle quali gli esegeti hanno scritto molto. 

Una di queste è la storia fra Gionata e Davide dove emerge un rapporto molto profondo: «Tu eri carissimo per me, come un fratello. Per me il tuo amore era dolce più che l'amore di donna» 2Sam 1, 26. Si può dire che era una relazione omosessuale? No, sarebbe una forzatura. Possiamo però pensarlo, immaginarlo. Non si può escludere. Del resto, una cosa è certa, a quel tempo sicuramente c’erano storie di amore omosessuale.

Un altro riferimento è la storia del Centurione romano e il suo schiavo.

I Vangeli ci raccontano: «Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente». Gesù gli rispose: «Io verrò e lo curerò». Ma il centurione riprese: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch'io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va', ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa». All'udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va', e sia fatto secondo la tua fede». In quell'istante il servo guarì» Mt 8,5-13.

Gesù e quest’uomo non si sono mai visti eppure il Signore non ha mai parlato così bene di una persona in tutti i Vangeli: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande». Pur non avendolo mai visto è consapevole che questo Centurione manda prima gli scribi e i farisei e poi i suoi amici da Gesù e gli dice: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito». Si tratta di quelle parole che pronunciamo ogni giorno nella Santa Messa. Gesù, infatti, non entrerà in casa sua.

Questo racconto ci viene offerto da San Luca con queste parole: «Un centurione aveva un servo, a lui molto caro, che era infermo e stava per morire» Lc 7, 2. Su questo “a lui molto caro” si è detto molto ed è legittimo perché per un centurione romano un servo malato è un problema e, soprattutto, non se ne cura. Lo butta via e ne prende un altro. Invece, in questo caso quest’uomo smuove tutti per poter arrivare a Gesù. Possiamo chiederci: “Lavorava bene? Lavorava più degli altri?” Può essere. Oppure c’era una relazione fra loro due. Non è sconveniente pensarlo. Pensate se fosse davvero così, dovremmo spiegare ai blog psico repressi che Gesù ha fatto l’elogio più grande proprio ad un omosessuale. Ma questo non dovrebbe stupirci. I riferimenti potrebbero essere molti, ci sono anche espressioni greche che specificano determinate tipologie di amore anche in riferimento ai discepoli e Gesù stesso, fra Lazzaro e Gesù, ecc… Si tratta però, come sempre, di voler cercare delle risposte nella Scrittura che non ci vengono offerte, non sono necessarie. È come se volessimo sapere, leggendo l’episodio delle nozze di Cana, come era vestita la sposa. La Scrittura non lo dice. Non ci importa.

È bene anche sottolineare che nella Scrittura è molto chiaro un atteggiamento che manifestava Gesù di misericordia nei confronti delle persone che, nell’ambito della sessualità o nell’ambito di quelle cose che socialmente mettevano le persone ai margini, manifestava una grande pazienza e misericordia da parte di Dio. Pensiamo alla donna adultera, la donna peccatrice, il lebbroso, indemoniato di gerasa, emorroissa, cieco nato, etiope, ecc…Ciò che possiamo dire con certezza, quindi, è che la Scrittura condanna con chiarezza la sessualità disordinata, fine a sé stessa. Non condanna chi ama. 

p.R.P.

Silere non possum