Questa mattina, 6 giugno 2024, il Santo Padre Francesco ha ricevuto la plenaria del Dicastero per il Clero. Il Pontefice riconosce di utilizzare un sistema che non funziona e che Silere non possum condanna da anni. «Tante volte - dice il Papa - ho messo in guardia contro i rischi del clericalismo e della mondanità spirituale, ma so bene che la grande maggioranza dei sacerdoti si prodiga con tanta generosità e spirito di fede per il bene del santo Popolo di Dio, portando il peso di tante fatiche e affrontando sfide pastorali e spirituali a volte non facili».  Se può essere comprensibile, infatti, richiamare"le pecorelle perdute", allo stesso tempo non ha alcuna utilità, anche pedagogica, la continua invettiva che il Papa fa contro i preti. Ci racconta molto di lui e di una sua esperienza che, evidentemente, non deve essere stata positiva. Ci spiace. Dopo 11 anni di illazioni, insulti e accuse, forse sarebbe il caso di iniziare a parlare della bellezza del sacerdozio durante questo anno della preghiera. Questa mattina una frase siamo riusciti a strappargliela, ne siamo felici. 

Il Papa rivolge ai presbiteri un invito molto importante: «Tessere una forte rete di rapporti fraterni è un compito prioritario della formazione permanente: il vescovo, i sacerdoti tra loro, le comunità nei confronti dei loro pastori, i religiosi e le consacrate, le associazioni, i movimenti: è indispensabile che i sacerdoti si sentano “a casa”». Saper tessere relazioni sane e mature è assolutamente necessario perchè il sacerdote possa essere felice. Non una lista di relazioni da poter "vantare" e per la sola paura della solitudine, ma relazioni profonde che possano offrire al sacerdote supporto, confronto, coinvolgimento. Anche sulla solitudine faremo una riflessione nella sezione Pharmakon perchè stiamo assistendo ad una deriva preoccupante anche all'interno dei seminari. La solitudine non è qualcosa da rifuggire e da demonizzare. Questa diventa un problema quando il prete la vive con insofferenza ed è realmente una solitudine, ovvero assenza di relazioni, a 360 gradi. É bene ricordare, però, che vi è una solitudine positiva che è necessaria per il chierico. Si tratta di tempo per sé stessi e per il Signore. Anche nei seminari assistiamo a programmazioni spasmodiche da parte di questi formatori che hanno la fobia di lasciare solo il seminarista. Una sera c'è la riunione di comunità, quella dopo il confronto sulla Parola, poi la preparazione di eventi, poi la parrocchia, poi l'oratorio, ecc... Il chierico non è mai solo nella sua stanza. Il chierico non è mai solo libero di pregare, meditare, pensare e riflettere. Poi ci meravigliamo che le persone vanno in crisi. Questo accade anche dopo l'ordinazione quando si entra nel preoccupante loop degli oratori e delle parrocchie. Ogni sera un incontro: fidanzati, ministranti, catechisti, grest, consiglio pastorale, affari economici, ecc... Il prete non è mai solo. In questi casi la solitudine non è assenza di persone attorno al prete ma assenza di relazioni profonde che possano servire al sacerdote anche per confrontarsi e sentirsi supportato. Se non insegniamo a vivere anche la dimensione della solitudine rischiamo di alimentare l'idea che "basta avere persone attorno che non ci facciano pensare" per star tranquilli. Non funziona così. 

Le vocazioni e l'idea sessantottina del giovane

Per quanto riguarda le vocazioni il Papa, purtroppo, dimostra di non essersi accorto che le nuove generazioni di oggi sono diverse da quelle che lui ha conosciuto come provinciale dei gesuiti. Francesco dice: «Non possiamo rassegnarci al fatto che per tanti giovani è scomparsa dall’orizzonte l’ipotesi di una offerta radicale di vita». Questa frase offre una immagine falsa della realtà. Oggi, più che mai, ci sono giovani che stanno ricercando proprio esperienze di vita forti che possano offrire radicalità e non "esperimenti a tempo". Lo dimostrano le certose e i monasteri che vivono con rigore la loro regola di vita. In queste realtà stanno aumentando i membri. Lo dimostrano i seminari "tradizionali" che sono pieni di giovani. Certo, ci sono altri rischi in queste realtà e sono certamente l'esteriorità, il rischio di non curare relazioni sane, ecc... Ma è normale che vi siano e si possono affrontare. Questa, però, è la chiara dimostrazione che oggi i ragazzi cercano nella Chiesa ciò che non trovano nel mondo. In una società dove tutto è relativo i seminaristi vogliono vivere la loro vita di dono al Signore con radicalità e convinzione. Inutile, poi, lamentarsi se non ci sono ordinazioni in quelle diocesi dove ci sono sempre stati tanti preti. Se i seminari sono guidati da rettori che amano fare "incontri della Parola" con chitarrine e sandali, i giovani preferiscono starsene a casa propria. 

Infine, continuare a parlare di "vocazioni matrimoniali" ogni volta che si dovrebbe parlare di "vocazioni al ministero ordinato" è la dimostrazione che qualcuno non ha ben chiaro qual è il problema. Dei problemi della famiglia ne parleremo nella plenaria del Dicastero competente, no? Se ogni volta che dobbiamo focalizzarci sul problema volgiamo lo sguardo altrove forse non lo risolveremo mai. È davvero così difficile dire: la colpa è nostra perchè non preghiamo per le vocazioni, non offriamo percorsi radicali per chi accede al seminario, siamo pieni di ideologie, pensiamo di dover creare automi ad immagine e somiglianza del rettore o vescovo di turno e quando un giovane ci dice che vorrebbe entrare in seminario noi lo invitiamo a desistere da questa idea? È arduo ammetterlo? Forse sì. 

d.G.C.

Silere non possum

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Desidero salutarvi con affetto e vorrei ringraziare anzitutto tutti i Membri del Dicastero per il Clero: siete venuti a Roma dai quattro angoli del mondo per offrire il vostro importante contributo alla riflessione sul ministero ordinato e, con voi, ci sono anche i Consultori del Dicastero. Grazie per la vostra presenza. E grazie al Cardinale Prefetto e agli altri Superiori e Officiali del Dicastero, soprattutto per il lavoro che svolgete ogni giorno, spesso nel silenzio e nel nascondimento, al servizio dei ministri ordinati e dei Seminari.

In questa occasione, vorrei anzitutto far giungere la mia gratitudine, il mio affetto e la mia vicinanza ai sacerdoti e ai diaconi del mondo intero. Tante volte ho messo in guardia contro i rischi del clericalismo e della mondanità spirituale, ma so bene che la grande maggioranza dei sacerdoti si prodiga con tanta generosità e spirito di fede per il bene del santo Popolo di Dio, portando il peso di tante fatiche e affrontando sfide pastorali e spirituali a volte non facili.

La vostra Assemblea Plenaria si concentra in particolare su tre campi d’attenzione: la formazione permanente dei sacerdoti, la promozione delle vocazioni e il diaconato permanente. Vorrei soffermarmi brevemente su ciascuno di questi temi.

La formazione permanente. Si tratta di un tema di cui si parla molto specialmente in questi ultimi anni, e che è stato già richiamato dalla Ratio fundamentalis del 2016. Anche il prete è un discepolo alla sequela del Signore e, perciò, la sua formazione deve essere un cammino permanente; questo è tanto più vero se consideriamo che, oggi, viviamo in un mondo segnato da rapidi cambiamenti, nel quale emergono sempre nuove domande e sfide complesse a cui rispondere. Perciò, non possiamo illuderci che la formazione in Seminario possa bastare ponendo basi sicure una volta per tutte; piuttosto, siamo chiamati a consolidare, rafforzare e sviluppare quanto abbiamo in Seminario, in un percorso che ci aiuti a maturare nella dimensione umana, a crescere spiritualmente, a trovare i linguaggi adeguati per l’evangelizzazione, ad approfondire quanto ci serve per affrontare adeguatamente le nuove questioni del nostro tempo.

Mi piace qui ricordare che la Scrittura dice: «Vae soli – guai a chi è solo, perché se cade non ha chi lo rialzi» (Ec 4,10). Quanto è importante questo per il prete: il cammino non si fa da soli! Eppure, purtroppo, tanti sacerdoti sono troppo soli, senza la grazia di un accompagnamento, senza quel senso di appartenenza che è come un salvagente nel mare spesso burrascoso della vita personale e pastorale. Tessere una forte rete di rapporti fraterni è un compito prioritario della formazione permanente: il vescovo, i sacerdoti tra loro, le comunità nei confronti dei loro pastori, i religiosi e le consacrate, le associazioni, i movimenti: è indispensabile che i sacerdoti si sentano “a casa”. Voi come Dicastero avete già iniziato a tessere una rete mondiale: vi raccomando, fate di tutto perché quest’onda continui e porti frutti nel mondo intero. Adoperatevi con creatività perché questa rete si rafforzi e offra sostegno ai sacerdoti. Voi avete un ruolo chiave per questo!

La cura delle vocazioni. Una delle grandi sfide per il Popolo di Dio è il fatto che, in sempre più aree del mondo, sono in forte calo le vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata, e in alcuni Paesi si stanno quasi spegnendo. Ma è in crisi anche la vocazione al matrimonio con quel senso di impegno e di missione che richiede. Per questo, negli ultimi Messaggi per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ho voluto allargare lo sguardo all’insieme delle vocazioni cristiane e l’ho rivolto in particolare a quella vocazione fondamentale che è il discepolato, in conseguenza del battesimo. Non possiamo rassegnarci al fatto che per tanti giovani è scomparsa dall’orizzonte l’ipotesi di una offerta radicale di vita. Dobbiamo invece riflettere insieme e restare attenti ai segnali dello Spirito e anche questo compito voi potete portarlo avanti grazie alla Pontificia Opera delle vocazioni sacerdotali. Vi invito a riattivare questa realtà, con modalità adatte ai nostri tempi, magari creando rete con le Chiese locali e individuando le buone pratiche da far circolare. Questa è un’opera importante!

Infine, il diaconato permanente. È stato reintrodotto dal Concilio Vaticano II e, in questi decenni, ha visto una ricezione molto variegata. Ancora oggi, tuttavia, ci si interroga spesso sulla specifica identità del diaconato permanente. Come sapete, la Relazione di sintesi della prima Sessione dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre scorso, ha raccomandato «di effettuare una valutazione sull’attuazione del ministero diaconale dopo il Concilio Vaticano II» (Relazione di sintesi 11 g) e invita pure a puntare, tra i vari compiti dei diaconi, più decisamente alla diaconia della carità e al servizio dei poveri (4 p e 11 a). Accompagnare queste riflessioni e questi sviluppi è un compito del vostro Dicastero alquanto importante. Vi incoraggio a lavorare per questo e a mettere in campo tutte le forze necessarie.

Cari fratelli e sorelle, grazie ancora. Lavorate sempre perché il popolo di Dio abbia pastori secondo il cuore di Cristo e cresca nella gioia del discepolato. La Vergine Maria, Madre e modello d’ogni vocazione, vi accompagni. Anch’io vi accompagno con la mia preghiera. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.