Città del Vaticano – «L’obbedienza, nel suo significato più profondo di ascolto fattivo e generoso dell’altro, è un grande atto d’amore con cui si accetta di morire a sé stessi perché il fratello e la sorella possano crescere e vivere». Con queste parole, Papa Leone XIV ha accolto questa mattina in Udienza i Partecipanti ai Capitoli Generali e alle Assemblee di varie Congregazioni e Istituti religiosi, tra cui i Missionari del Preziosissimo Sangue, la Società di Maria (Maristi), i Frati Francescani dell’Immacolata e le Orsoline di Maria Immacolata.
Il Pontefice ha voluto soffermarsi su tre dimensioni fondamentali della vita consacrata: la vita comune, «luogo di santificazione e fonte di ispirazione»; l’obbedienza come atto d’amore, radicata nel Vangelo e testimoniata dai Padri della Chiesa; e infine l’attenzione ai segni dei tempi, che i fondatori e le fondatrici hanno saputo leggere con coraggio e discernimento.
La memoria delle fondazioni
Il Papa ha ricordato figure come Brigida di Gesù Morello, promotrice della dignità della donna già nel XVII secolo, San Gaspare del Bufalo, che diffuse la devozione al Sangue di Cristo nella Roma dell’Ottocento, e padre Jean-Claude Colin, ispirato dall’umiltà di Maria di Nazaret. Non ha mancato di menzionare la nascita, negli anni Novanta del Novecento, dei Frati Francescani dell’Immacolata, eredi di san Francesco e di san Massimiliano Kolbe.

Una ferita ancora aperta
La presenza di questo Istituto non è secondario. I Francescani dell’Immacolata, infatti, hanno vissuto anni turbolenti durante il pontificato di papa Francesco, segnati da commissariamenti, divisioni interne e un ridimensionamento della loro presenza pubblica. L’attenzione di Leone XIV verso di loro appare dunque come un gesto non solo di riconoscimento, ma anche di incoraggiamento a proseguire il cammino con rinnovata serenità.
Oltre le nostalgie
Il Papa ha invitato i consacrati a non fermarsi a una sterile “archeologia spirituale”, ma a custodire e riscoprire le intuizioni originarie, traendone nuova linfa per il servizio della Chiesa e del mondo. «Lavorare nella memoria viva degli inizi – ha detto – non significa coltivare inutili nostalgie, ma ritrovare la scintilla ispiratrice per metterla a frutto nel servizio dell’oggi».
Una missione silenziosa ma feconda
Al termine dell’incontro, Leone XIV ha ringraziato i religiosi per il bene compiuto spesso lontano dai riflettori, ma prezioso agli occhi di Dio. Un bene che, ha ricordato, «non passa inosservato» e che continua a generare frutti di santità e di speranza nelle comunità in cui questi Istituti sono presenti.
p.G.A.
Silere non possum