Arrested and convicted Bishop Rolando José Álvarez Lagos. Ortega's dictatorship continues to persecute the Church and the Pope remains silent.
Ore di paura in Nicaragua, dove il dittatore Daniel Ortega sta continuando la sua lotta spietata contro la Chiesa Cattolica e i suoi fedeli servitori. Il governo dispotico di quest'uomo è imbarazzante. È scandaloso il silenzio della Santa Sede, del Papa e anche della comunità internazionale, la quale dovrebbe assicurare i diritti umani fondamentali.
Giovedì, 9 febbraio 2023, S.E.R. Mons. Rolando José Álvarez Lagos, vescovo di Matagalpa e amministratore apostolico di Estelí, è stato privato della cittadinanza e condannato a 26 anni di carcere.
Un passo indietro
Nel marzo 2022 il governo del Nicaragua ha ritirato il gradimento nei confronti di S.E.R. Mons. Waldemar Stanislaw Sommertag, Nunzio Apostolico in Nicaragua. All'arcivescovo è stato intimato di lasciare immediatamente il Paese.
"Tale misura appare incomprensibile – ha sottolineato la Santa Sede in un comunicato - perché nel corso della sua missione monsignor Sommertag ha lavorato con profonda dedizione per il bene della Chiesa e del popolo nicaraguense, specialmente delle persone più vulnerabili, cercando sempre di favorire i buoni rapporti tra la Sede Apostolica e le autorità del Nicaragua".
Uno degli ecclesiastici che ha sempre denunciato l'operato del governo sandinista è S.E.R. Mons. Rolando José Álvarez Lagos, il quale ha più volte alzato la voce contro Daniel Ortega riferendo che quest'ultimo calpesta i diritti umani. Il prelato è stato seguito e pedinato dalla polizia per molto tempo.
A giugno 2022, il governo ha annunciato la chiusura di 101 ONG in Nicaragua e la chiusura di canali televisivi cattolici. Anche le Missionarie della carità hanno dovuto abbandonare il Paese.
Dopo che il vescovo ha denunciato questi atti, il 4 agosto 2022 gli è stato impedito di uscire di casa per celebrare la messa nella Cattedrale di San Pietro. Nonostante fosse, di fatto, agli arresti domiciliari, questi gli sono stati confermati solo il 19 agosto successivo.
Solo il 21 agosto 2022, Papa Francesco, durante l'Angelus ha detto: "Seguo da vicino con preoccupazione e dolore la situazione creatasi in Nicaragua, che coinvolge persone e istituzioni. Vorrei esprimere la mia convinzione e il mio auspicio che, per mezzo di un dialogo aperto e sincero, si possano ancora trovare le basi per una convivenza rispettosa e pacifica. Chiediamo al Signore, per l'intercessione della Purissima, che ispiri nei cuori di tutti tale concreta volontà".
Parole che sono troppo timide e dimostrano, ancora una volta, che il Papa non grida a difesa dei propri fedeli ma continua a mantenere il "profilo basso" anche nei confronti dei dittatori.
La Fondazione di diritto pontificio "Aiuto alla Chiesa che soffre" ha riferito: "Il Nicaragua continua a essere convulso dalla crisi iniziata più di quattro anni fa. La situazione in questo Paese centroamericano è critica, con grande polarizzazione e scontro. Crediamo che la preghiera sia più importante che mai in questo momento"
La dottoressa Regina Lynch ha sottolineato: "Stiamo assistendo a un tentativo di mettere a tacere la Chiesa in Nicaragua. E non c'è una soluzione facile. Dobbiamo sostenerli il più possibile. Dobbiamo pregare affinché ci sia una soluzione pacifica e non un ulteriore aumento delle ostilità".
La Chiesa Cattolica in Nicaragua, in meno di quattro anni, ha subito più di 190 attacchi, tra cui un incendio nella cattedrale di Managua. Lo ha rivelato un report del maggio 2022.
Oltre all'espulsione del Nunzio, il governo ha vietato le processioni di strada, interrotto le celebrazioni religiose e la polizia ha intimidito i fedeli nelle chiese. Diversi presbiteri sono imprigionati nel Paese.
Tentativo di espulsione di Mons. Álvarez
Come i migliori dittatori, Daniel Ortega, teme profondamente la Chiesa Cattolica e teme, in generale, coloro che si mostrano dissidenti nei confronti del suo governo dispotico. Non può certo permettere che un vescovo manifesti contro di lui.
Il vescovo Álvarez ha dimostrato di non avere paura di Ortega e del suo sistema e il dittatore non sopporta che vi siano dei contestatori che possano tirarsi dietro il popolo.
Giovedì 09 febbraio 2023, il governo ha organizzato una vera e propria deportazione di 222 oppositori al regime con direzione Stati Uniti. Tutti esiliati perché "traditori della Patria". Fra queste vi era anche Monsignor Álvarez. Il prelato, però, si è rifiutato di essere esiliato negli Stati Uniti e ha detto alle autorità che avrebbe "dovuto prima incontrare i suoi confratelli a capo della Conferenza Episcopale". Per questo motivo la polizia lo ha arrestato e condotto presso il carcere di La Modelo (Tipitapa).
Processo politico
Venerdì 10 febbraio 2023, ovvero il giorno seguente a questo episodio, S.E.R. Mons. Rolando José Álvarez è stato condotto davanti ad un tribunale, processato e condannato a ventisei anni di carcere "per tradimento" ed altri reati contestati ad hoc.
Le parole del despota
Come è noto, quando non vi sono altri modi per "mettere fuori gioco" qualcuno, lo si addita come "pazzo". Il dittatore Daniel Ortega ha scelto di intraprendere questa strada, proprio quando ha capito che l'unico modo per mettere a tacere quest'uomo sarebbe ucciderlo.
Daniel José Ortega Saavedra, alla radio e alla televisione, ha riferito che il vescovo Álvarez si è rifiutato di salire a bordo dell'aereo. "Ha cominciato a dire che non se ne sarebbe andato. Che prima doveva incontrare i vescovi. E chiede un incontro con i vescovi. Una cosa assurda da fare se c'è una disposizione dello Stato nicaraguense che non può essere messa in discussione", ha lamentato il dittatore.
"Non so cosa pensi quest'uomo che, di fronte a una decisione dello Stato nicaraguense, dice di non rispettare una risoluzione di un potere statale che gli ordina di lasciare il Paese", ha aggiunto.
Ortega ha un odio profondo nei confronti della Chiesa ma disprezza completamente anche il diritto, come i migliori dittatori fanno. L'espulsione da un Paese può avvenire solo e soltanto dopo un procedimento che abbia garantito al soggetto espulso tutti i diritti di difesa. Non dimentichiamo, però, che il ragionamento del despota è il medesimo che qualcuno fa da anni anche all'interno della Chiesa. Ciò che infastidisce il despota, infatti, è che Álvarez riferisca di dover conferire con le autorità ecclesiastiche e ci tiene a precisare che, invece, il vescovo deve essere trattato come tutti gli altri.
Non dimentichiamo che anche durante i peggiori regimi, la Chiesa Cattolica, grazie al suo status è riuscita a salvare VITE. Non poltrone, ma vite!
Poi, sempre in televisione, Ortega ha insultato Álvarez e lo ha definito pazzo: "Quello che abbiamo è un comportamento arrogante, da parte di qualcuno che si considera il capo della Chiesa in Nicaragua, il leader della Chiesa latinoamericana. E pensa che sta per candidarsi alla carica di Sua Santità, il Papa. È fuori di testa. Ora che è arrivato a La Modelo, ci è arrivato come un pazzo", ha detto.
Chiaramente il vescovo non ha mai detto di essere candidato a diventare Papa, ma Ortega lo vuole consegnare alla collettività come un pazzo mitomane da non seguire. "Non accetta di essere messo in una cella dove ci sono centinaia di prigionieri", ha lamentato.
A conferma del fatto che in Nicaragua non esista alcun diritto, sempre venerdì, l'Assemblea, controllata dal governo sandinista, ha approvato una riforma che priva della nazionalità chiunque venga dichiarato "traditore della Patria".
Tra le persone rilasciate ci sono gli ex candidati presidenziali Juan Sebastián Chamorro e Félix Maradiaga, oltre ad altre figure politiche, giornalisti, accademici e altri membri della società civile.
La Chiesa in Nicaragua è abbandonata a sé stessa
Se c'è da bacchettare i presbiteri e i vescovi, Francesco non si tira mai indietro ma se si tratta di difendere i fedeli cattolici e i chierici, il Papa non è poi così deciso. Anzi! Sul volo di ritorno dal Viaggio Apostolico in Kazakistan, Francesco disse: "Sul Nicaragua, le notizie sono chiare, tutte. C'è dialogo, in questo momento c'è dialogo. Si è parlato con il governo, c'è dialogo. Questo non vuol dire che si approvi tutto quel che fa il governo o che si disapprovi tutto. No. C'è dialogo, e quando c'è dialogo è perché c'è bisogno di risolvere dei problemi. In questo momento ci sono dei problemi. Ma continuare con il dialogo. Mai, mai fermare il dialogo. Ci sono cose che non si capiscono. Mettere in frontiera un Nunzio è una cosa grave diplomaticamente, e il Nunzio è un bravo ragazzo che adesso è stato nominato da un'altra parte. Queste cose sono difficili da capire e anche da ingoiare".
Queste parole sono molto gravi. Il governo sandinista di Ortega sta letteralmente tentando di mettere a tacere la Chiesa Cattolica e la natura di questo odio è la medesima che guida tanti sostenitori di Papa Francesco. La Chiesa non deve essere troppo ingombrante e non deve avere un ruolo politico. Questo ha sempre spaventato i sandinisti, basti pensare a quando in Nicaragua arrivò San Giovanni Paolo II, il quale non utilizzò affatto le parole che utilizza Papa Francesco oggi.
Ortega sabotò Giovanni Paolo II
Nel Viaggio Apostolico del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II in Portogallo, Costa Rica, Nicaragua, Panama, El Salvador, Guatemala, Honduras, Belize, Haiti dal 02 al 10 marzo 1983 avvennero due episodi che hanno dell'incredibile. Al tempo, a guidare il Paese c'era già Daniel Ortega, il quale aveva cacciato il dittatore Somoza.
Giovanni Paolo II si recò a Managua in Nicaragua il 04 marzo. Durante quella celebrazione eucaristica, Wojtyła pronunciò parole forti. Nella prima parte dell'omelia il Pontefice parlò dell'unità della Chiesa. "I testi biblici che sono stati appena proclamati in questa Eucaristia ci parlano di Unità. […] La Chiesa è la famiglia di Dio, e come in una famiglia deve regnare l'unità nell'ordine, così anche nella Chiesa", sottolineò il Pontefice.
Nel corso di quella parte di omelia, l'impianto acustico funzionò senza alcun problema. Quando il Papa iniziò a parlare di una Chiesa che doveva essere necessariamente unita a quella di Roma, all'insegnamento dei Pastori, l'impianto iniziò a non funzionare più.
"Una prova dell'unità della Chiesa in un determinato luogo - disse Wojtyła- è il rispetto per gli orientamenti pastorali dati dai Vescovi al proprio clero e ai fedeli. Questa azione pastorale organica è una grande garanzia dell'unità ecclesiale: un dovere che grava specialmente sui sacerdoti, i religiosi e gli altri agenti della pastorale. […] Cari fratelli: abbiate ben presente che ci sono casi in cui l'unità si salva solo quando ognuno è capace di rinunziare a idee, piani ed impegni propri, anche se buoni – tanto più quando mancano del necessario riferimento ecclesiale! – per il bene superiore della comunione col Vescovo, col Papa, con tutta la Chiesa". I membri del governo fecero di tutto per evitare che quelle parole si sentissero. Infatti, solo chi era vicino al palco riuscì a sentire cosa dicesse Giovanni Paolo II. Non solo, ma si aggiungevano anche le grida dei militanti sandinisti a coprire la voce del Papa polacco.
Addirittura, in quella celebrazione eucaristica il canto finale fu sostituito con l'inno sandinista.
La storia insegna
Un altro momento caratterizzò quel viaggio apostolico del Santo Padre Giovanni Paolo II. Quando giunse in Nicaragua, al termine della Cerimonia di benvenuto, il Pontefice sfilò davanti al governo schierato. Solitamente, il protocollo prevede che i Capi di Stato si fermino a salutare i membri del governo che hanno di fronte. In quella occasione Ortega disse a Giovanni Paolo II: "Non siamo tenuti a fermarci, possiamo procedere". Il guerrigliero nicaraguense era in palese imbarazzo perché nel suo governo c'erano quattro religiosi ed era consapevole che questo era in palese contrasto con la normativa canonica.
Wojtyła però volle fermarsi, andò davanti al gesuita Ernest Cardenal, il quale era ministro della Cultura, e lo rimproverò. A nulla valse il fatto che il religioso si inginocchiò e si tolse il basco. Giovanni Paolo II lo redarguì perchè non indossava l'abito e perchè la sua condizione non era in comunione con il Papa.
Il nuovo codice di diritto canonico, peraltro pubblicato pochi mesi prima, ribadiva il divieto per i chierici di partecipare attivamente alla vita politica.
Il Papa protegga i suoi figli
Le parole del Papa e del Segretario di Stato, S.E.R. il Sig. Cardinale Pietro Parolin, sono state inadeguate e inefficaci sino ad ora. Auspichiamo vivamente che vi sia una condanna ferma di questo modus agendi della dittatura sandinista. Anche la scelta di nominare S.E.R. Mons. Waldemar Stanisław Sommertag, quale nuovo Nunzio Apostolico in Senegal, Cabo Verde, Guinea-Bissau e Mauritania è stata incomprensibile.
Per quale motivo Francesco non pronuncia parole di condanna verso il governo di Ortega? Addirittura, Bergoglio ha tolto le sanzioni canoniche che Giovanni Paolo II aveva inflitto a Ernest Cardenal, il sacerdote disobbediente che il Papa redarguì pubblicamente durante il suo viaggio nel Paese.
Non dimentichiamo che Cardenal, il 19 luglio 1979, entrò a Managua con le truppe rivoluzionarie abbattendo il regime di Anastasio Somoza Debayle e favorendo Ortega. Proprio da lui venne nominato Ministro della Cultura. Non dimentichiamo che Cardenal è stato uno dei promotori della Teologia della Liberazione. Tutti i nodi tornano al pettine.
L.M.
Silere non possum