Roma - Prima ancora che il Ponte sullo Stretto diventi un cantiere, è inciampato nel vaglio della Corte dei conti. La delibera CIPESS n. 41/2025, con cui il Governo italiano il 6 agosto ha approvato il progetto definitivo e il piano economico-finanziario del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria, è stata sottoposta al controllo preventivo di legittimità dei giudici contabili. In quella sede la Corte ha verificato se l’atto rispettasse le norme italiane ed europee, in particolare su ambiente, appalti e pedaggi, e con la deliberazione SCCLEG/19/2025 ha deciso di ricusare il visto e la registrazione: per il momento, dunque, la delibera CIPESS non può produrre effetti.

Cos'è il controllo preventivo di legittimità?

Il controllo preventivo di legittimità è il controllo che la Corte dei conti svolge sugli atti più importanti del Governo (come delibere del Consiglio dei ministri, del CIPESS, decreti che approvano contratti o programmi di spesa) prima che questi atti producano effetti. In pratica, l’amministrazione invia l’atto alla Corte, che verifica se sia conforme alle leggi e alle norme di bilancio: se tutto è regolare, lo ammette al visto e alla registrazione e da quel momento l’atto diventa efficace; se invece emergono dubbi, la Corte può chiedere chiarimenti, formulare rilievi o rimettere la questione alla Sezione di controllo, che può arrivare anche a ricusare il visto, impedendo all’atto di produrre effetti giuridici.

Cosa dice la deliberazione della Corte dei Conti?

La Corte dei conti, Sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del Governo, con la deliberazione n. SCCLEG/19/2025, adottata il 29 ottobre 2025 e depositata il 27 novembre, ha deciso di ricusare il visto e la registrazione della delibera CIPESS n. 41/2025.

Quella delibera, approvata dal CIPESS il 6 agosto 2025, riguardava il “Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria – Ponte sullo Stretto di Messina”: in un solo atto il Comitato aveva approvato il progetto definitivo del ponte, il Piano economico-finanziario (PEF), vari atti aggiuntivi alla convenzione con la società concessionaria Stretto di Messina S.p.A. (SdM), il quadro prescrittivo ambientale, l’elenco delle opere compensative e il programma di risoluzione delle interferenze (espropri, spostamento di reti, ecc.).

La copertura finanziaria è attestata in 13,532 miliardi di euro, quasi interamente a carico di stanziamenti statali previsti dalle leggi di bilancio 2024 e 2025, con una quota di 370 milioni a carico della società Stretto di Messina, frutto di aumento di capitale effettuato dal Ministero dell’economia e delle finanze.

La Corte spiega di essere chiamata, per Costituzione, a svolgere un controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, soprattutto quando si tratta di grandi investimenti infrastrutturali: lo scopo è evitare, in anticipo, che errori procedurali o violazioni di legge possano mettere a rischio la realizzazione dell’opera o esporre lo Stato a contenziosi.

Nel caso del Ponte, dopo una lunga istruttoria e un contraddittorio con le amministrazioni interessate (Presidenza del Consiglio, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica), il Collegio arriva a una conclusione netta: la delibera CIPESS non può essere dichiarata conforme a legge e il visto viene negato.

Tre motivi centrali: ambiente, appalti, pedaggi

La Corte individua tre blocchi di criticità che ritiene decisivi e sufficienti, da soli, a far cadere la delibera:

1. Violazione delle norme europee sull’ambiente (direttiva Habitat)
2. Violazione delle regole UE sugli appalti per le modifiche dei contratti (art. 72 direttiva Appalti)
3. Esclusione dell’Autorità di regolazione dei trasporti dal PEF e dal sistema tariffario

A questi si aggiungono altri rilievi – su pareri mancanti, motivazione debole, controlli sui requisiti delle imprese – che la Corte segnala come monito per il prosieguo.

Ambiente: la deroga per il ponte e la “direttiva Habitat”

Il ponte e le opere connesse interessano aree protette della Rete Natura 2000, tutelate dalla cosiddetta direttiva Habitat (direttiva 92/43/CEE). Per progetti che possono danneggiare questi siti, il diritto europeo impone una procedura molto rigorosa: una valutazione di incidenza approfondita, la verifica che non esistano soluzioni alternative meno dannose e, solo in casi eccezionali, una deroga motivata da “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” (IROPI), accompagnata da misure di compensazione. Nel caso del Ponte sullo Stretto, la sequenza è questa:

la Commissione tecnica VIA-VAS (CTVA) esprime nel 2024 un parere negativo sulla valutazione di incidenza;
il Consiglio dei ministri, il 9 aprile 2025, approva una relazione IROPI che “supera” quel parere, ritenendo l’opera comunque realizzabile per motivi di interesse pubblico superiore;
il Ministero dell’Ambiente trasmette gli atti alla Commissione europea l’11 giugno 2025;
successivamente Bruxelles, con una nota del 15 settembre 2025, chiede chiarimenti e ulteriori elementi per verificare la conformità al diritto UE.

Secondo la Corte dei conti, qui stanno i primi problemi.

Alternative non valutate davvero

Le linee guida nazionali sulla valutazione di incidenza – richiamate negli atti – dicono che, quando si vuole ricorrere alla deroga IROPI, bisogna dimostrare in modo completo e preciso che non ci sono alternative ragionevoli che riducano l’impatto sui siti protetti. Le alternative vanno confrontate solo su base ambientale, misurando gli effetti sugli habitat e sulle specie.

Per la Corte, questo non è avvenuto:

il parere CTVA n. 19/2024 si limita a riportare le alternative così come descritte dallo stesso proponente (SdM) nei suoi formulari, senza una vera analisi autonoma;
la relazione IROPI afferma, in maniera “estremamente sintetica”, che “date le motivazioni imperative di sicurezza e di sviluppo economico solo il Ponte sullo Stretto, a campata unica, riesce a soddisfare le necessità minimizzando gli impatti ambientali”, ma non entra nel dettaglio degli effetti ambientali delle altre opzioni.

Per il Collegio, così non si può concludere che non esistono soluzioni alternative: manca quella valutazione approfondita che è il “prerequisito” per ricorrere alla deroga.

Motivi “imperativi” e parere della Commissione europea

La Corte ricorda che la direttiva Habitat ammette la deroga IROPI su due piani:

se i motivi riguardano salute dell’uomo, sicurezza pubblica o conseguenze di primaria importanza per l’ambiente, lo Stato può decidere da solo, informando la Commissione;
se invece i motivi sono prevalentemente economici o di altro tipo, serve il parere preventivo della Commissione europea.

Nel caso del ponte, la Corte osserva che la relazione IROPI e gli atti collegati insistono molto su sicurezza e sviluppo economico, ma non chiariscono in modo convincente perché non rientrino nella seconda categoria, quella che richiederebbe un maggior coinvolgimento di Bruxelles.

Il dialogo con la Commissione è un altro punto critico:

la Commissione, nella nota del 15 settembre 2025, chiede chiarimenti dettagliati sia sugli impatti sui siti Natura 2000 sia sui motivi di interesse pubblico prevalente, sottolineando che eventuali carenze devono essere risolte prima di dare il via libera definitivo o iniziare i lavori;
il Ministero dell’Ambiente risponde il 15 ottobre 2025, ma – secondo la Corte – si limita a riprodurre i pareri VIA-VAS già esistenti, senza aggiungere nuove informazioni.

In più, il Ministero delle Infrastrutture, in adunanza, propone una lettura molto restrittiva del principio di precauzione, sostenendo che si applichi solo alla fase di cantierizzazione e non debba incidere sulla libertà di iniziativa economica: una tesi che la Corte definisce non persuasiva. 

Conclusione per questo punto: per la Corte, la delibera CIPESS è illegittima rispetto all’art. 6 della direttiva Habitat, perché la deroga è stata utilizzata senza una vera analisi delle alternative e senza una gestione adeguata del rapporto con le istituzioni europee.

Appalti: contratti “rianimati” e regole sulle modifiche

Il secondo grande capitolo riguarda i contratti con il contraente generale, il Project Management Consultant e il Monitore ambientale, stipulati in passato e poi “caducati”, che il decreto-legge 35/2023 ha rimesso in vita prevedendone l’aggiornamento dei prezzi.

Nel Piano economico-finanziario approvato dal CIPESS confluiscono così:

10.508.820.773 euro per il contraente generale;
289.474.195 euro per il Project Management Consultant;
43.763.671 euro per il Monitore ambientale.

La norma di riferimento, richiamata dallo stesso decreto 35/2023, è l’art. 72 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti: stabilisce quando un contratto pubblico può essere modificato senza dover rifare la gara (ad esempio se le modifiche non sono sostanziali o stanno entro certi limiti di valore).

Per la Corte, qui c’è un doppio problema.

Il CIPESS non ha verificato davvero il rispetto delle regole UE

La delibera CIPESS approva il PEF e “prende atto” del costo complessivo dell’opera, ma – sottolinea la Corte – non contiene alcuna valutazione esplicita su come le modifiche ai contratti siano state verificate alla luce dell’art. 72. Le note istruttorie del Ministero delle Infrastrutture e la relazione della società Stretto di Messina si limitano, secondo il Collegio, a dichiarazioni di conformità basate su una lettura “minimale” dell’art. 72 e richiamano un parere legale che però non risulta agli atti, senza fornire dati finanziari dettagliati che consentano un vero controllo. Di conseguenza, è la stessa Corte dei conti a doversi assumere l’onere di verificare se quelle modifiche siano o meno legittime.

Modifiche sostanziali che richiederebbero una nuova gara

Dopo aver ricostruito l’evoluzione dei contratti e del quadro finanziario, il Collegio ritiene che siano integrati i presupposti del paragrafo 1, lettera e) e del paragrafo 4 dell’art. 72, cioè proprio quelli che portano alla conclusione che bisogna indire una nuova procedura di gara.

In sintesi, per la Corte:

la situazione economica e finanziaria dell’opera è radicalmente cambiata rispetto al momento in cui furono aggiudicati i contratti originari;
la rideterminazione del costo complessivo, con aggiornamento dei prezzi dei contratti “caducati”, e il nuovo regime di finanziamento alterano in modo sostanziale l’equilibrio economico della concessione;

questo complesso di modifiche è tale che, se fosse stato conosciuto all’epoca, avrebbe potuto attrarre altri operatori e determinare un diverso esito della gara.

Perciò, la Corte non condivide l’idea che ci si trovi di fronte a un semplice “aggiornamento del corrispettivo” consentito dall’art. 72: a suo avviso le modifiche sono sostanziali e quindi non compatibili con il mantenimento degli stessi contraenti senza un nuovo confronto concorrenziale.

Pedaggi e tariffe: il ruolo escluso dell’Autorità dei trasporti

Il terzo fronte riguarda il Piano economico-finanziario anche nella parte in cui definisce il sistema tariffario (pedaggi, criteri di calcolo, equilibri economici).

La delibera CIPESS, sulla base delle indicazioni delle amministrazioni, ha ritenuto che non fosse necessario acquisire il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART), richiamando essenzialmente solo l’art. 43 del decreto-legge 201/2011.

La Corte obietta che questa è una lettura parziale:

l’art. 37 dello stesso decreto attribuisce ad ART una competenza generale su trasporti e accesso alle infrastrutture, compresa la definizione dei criteri per tariffe, canoni e pedaggi, tenendo insieme equilibrio economico delle imprese e tutela degli utenti;
la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ricordata in delibera, sottolinea che le attribuzioni dell’Autorità comprendono l’intero settore dei trasporti e dell’accesso alle infrastrutture;
anche la normativa europea più recente valorizza, per radicare la competenza delle autorità nazionali di regolazione, il fatto che sia previsto un pedaggio, più che la categoria tecnica della strada.

Inoltre, la stessa Amministrazione, in adunanza, ammette che la classificazione del ponte come “strada extraurbana di categoria B” deriva da una ricostruzione per approssimazione, perché il collegamento è talmente peculiare da non rientrare facilmente nelle categorie già previste. Per il Collegio, proprio questa particolarità – un’infrastruttura unica, a pedaggio, con forte impatto sugli utenti – rende ancora più evidente la necessità di coinvolgere un soggetto indipendente come ART, che la legge ha chiamato a fissare i criteri per le tariffe.

Da qui la conclusione: escludere l’Autorità di regolazione dei trasporti dal procedimento di approvazione del PEF costituisce violazione degli artt. 37 e 43 del d.l. 201/2011 ed è un ulteriore profilo di illegittimità.

Ulteriori nodi segnalati dalla Corte

Oltre ai tre pilastri principali, la delibera elenca una serie di ulteriori rilievi, definiti “non dirimenti” ma rilevanti per indirizzare le scelte future delle amministrazioni.

Parere NARS e quadro prescrittivo

La Corte segnala la mancata acquisizione del parere del NARS (Nucleo di consulenza per la regolazione dei servizi di pubblica utilità) sull’aggiornamento del PEF, nonostante l’esistenza di norme che prevedono un suo coinvolgimento nei piani economico-finanziari delle concessioni.

Esprime poi dubbi sull’adeguatezza del progetto definitivo, alla luce dell’imponente quadro di prescrizioni ambientali e tecniche che lo accompagna, chiedendo maggiore chiarezza su come siano stati quantificati i relativi oneri.

Requisiti delle imprese e controlli nel tempo

La Corte richiama il principio di continuità dei requisiti di gara: le imprese che hanno ottenuto l’affidamento devono mantenere per tutta la durata del contratto i requisiti generali e speciali che avevano al momento della gara. Le attestazioni fornite dall’Amministrazione su questo punto sono giudicate non documentate e quindi non sufficienti.

Motivazione “rinforzata” e trasparenza

Un altro passaggio riguarda la motivazione della delibera CIPESS:

l’Ufficio di controllo aveva già rilevato un difetto di motivazione, soprattutto su aspetti delicati come ambiente, appalti e PEF;
in adunanza, le amministrazioni hanno cercato di colmare queste lacune con spiegazioni aggiuntive;
la Corte però avverte che integrare la motivazione solo a posteriori, di fronte alla Corte, non è compatibile con l’esigenza di trasparenza che dovrebbe permettere a tutti i cittadini di leggere le ragioni delle scelte direttamente nella delibera pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

Il ruolo del Consiglio Superiore dei lavori pubblici

Infine, la Corte torna sul parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici:

la delibera CIPESS richiama un parere del 1997, nel quale si prevedeva che il progetto esecutivo del ponte dovesse tornare all’esame dell’Assemblea del Consiglio Superiore;
il Ministero delle Infrastrutture ha ritenuto che la delibera CIPESS, in base al d.l. 35/2023, potesse sostituire quel passaggio;
per la Corte, questa lettura non è condivisibile: l’acquisizione di un nuovo parere sarebbe stata coerente con quanto disposto nel 1997 e funzionale a un’istruttoria più aggiornata, anche perché nel frattempo il progetto è stato modificato e il contesto normativo è cambiato.

Che cosa significa, in pratica

La parte conclusiva della deliberazione è chiara: “la delibera n. 41/2025 del CIPESS (…) non può essere dichiarata conforme a legge” e per questo la Corte “delibera di ricusare il visto e la conseguente registrazione del provvedimento”.

Tradotto in termini semplici:

l’atto con cui il Governo ha approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto e il relativo Piano economico-finanziario è, per la Corte dei conti, giuridicamente non regolare;
le criticità principali riguardano il rispetto delle norme europee su ambiente e appalti e il mancato coinvolgimento dell’Autorità di regolazione dei trasporti sulle tariffe;
finché questi punti non vengono affrontati con nuovi atti conformi alla legge, il percorso amministrativo dell’opera resta bloccato a livello di controllo preventivo di legittimità.

Tutto ciò emerge dalla deliberazione n. SCCLEG/19/2025 della Corte dei conti: un provvedimento molto tecnico, che però - letto con attenzione - racconta in modo abbastanza lineare perché, su un’opera simbolo come il Ponte sullo Stretto, la magistratura contabile ha scelto di fermarsi e dire di no.

G.B.C.
Silere non possum