Il processo Sloane Avenue - le affermazioni della difesa Torzi - il caso Anatrella
Il processo sul palazzo londinese che si sta celebrando in Vaticano sta, ovviamente, attirando l'attenzione di tutta la stampa italiana ed internazionale. Un'attenzione, come abbiamo detto più volte, che ha del maniacale. L'unico interesse è quello di veder saltare, per la prima volta, la testa di un cardinale in un'aula di giustizia in Vaticano. C'è da dire che tutto questo è stato reso possibile dallo stesso Pontefice, il quale è molto attento alla sua immagine ma non di certo a quella del suo Stato.
Su questo processo si stanno facendo fiumi e fiumi di considerazioni e gli strafalcioni non si contano più. Partiamo da chi si straccia le vesti perchè nello Stato della Città del Vaticano ci sia un sistema giudiziario che persegue i reati fino ad arrivare agli storici della Chiesa che da anni parlano di ecumenismo sperando in qualche nomina di Francesco, ma che restano puntualmente a bocca asciutta e twittano a sproposito parlando di "obbedienza". Ci chiediamo perchè non si limitino a scrivere le loro idiozie sull'ecumenismo e basta, ma resteremo senza risposta. Storici della Chiesa poi....Lasciamo perdere. Resta il fatto che su questo processo ognuno dice la sua, abbiamo l'imbarazzo della scelta.
Imbarazzo in Vaticano
Da quando il processo è partito (è davvero partito?) abbiamo espresso forti dubbi. Partendo dalle perplessità sulle parole di Mons. Perlasca fino alla contestazione di tutto l'impianto accusatorio. In questo procedimento, il quale farà sicuramente la storia, abbiamo tutte le violazioni possibili ed immaginabili. Il presidente del Tribunale, pubblico ministero italiano, non ha idea di cosa sia il diritto vaticano e canonico, il promotore di giustizia aggiunto pensa di essere l'Antonio Di Pietro vaticano ma, proprio come lui non ha mai visto un codice canonico in tutta la sua carriera, ecc... Addirittura ad un certo momento si è scelto di andare a prendere una professoressa dall'Università di Foggia per aggiungersi al collegio giudicante. Studi canonistici? Zero. Giampiero Milano, il quale dovrebbe essere l'unico competente lì dentro, si spinge a dire che il Papa non si giudica. Qui una analisi di come queste affermazioni siano errate.
I rescritti firmati da Francesco sembrano un salto nel passato, ed è emblematico che a firmarli sia stato proprio lui. Poi possiamo anche leggere le sciocchezze dei giornalisti che sostengono sempre la teoria del complotto e che quindi il Papa sarebbe stato raggirato dai promotori di giustizia ma non è così. Questo uomo, ogni giorno lo descrivono in modo assurdo, prima grande riformatore poi un'ameba che si fa raggirare. Prima uno che entra e legge, controlla, verifica tutto e poi uno che è vittima di un collegio cardinalizio corrotto. La coerenza è zero. Le persone intelligenti hanno tutti gli elementi per capire che Francesco è un uomo e ha tutte le caratteristiche che lo rendono tale. Sbaglia, ha le proprie convinzioni e soprattutto ha la sua visione della realtà. Come ognuno di noi. La differenza sta nella elasticità, nell'ascoltare gli altri, nel guardare le cose anche da un altro punto di vista. Ma questo abbiamo visto non è una caratteristica dei gesuiti. Senza considerare gli interessi, i quali sembrano chiari in questa vicenda: evitare di perdere soldi che si è coscientemente buttati e fare fuori il cardinale diventato scomodo.
Fatta questa premessa, ieri abbiamo provato un certo sconcerto nell'ascoltare alcune affermazioni.
La difesa di Torzi ignora le basi dell'ordinamento?
La difesa di Gianluigi Torzi, è intervenuta per la prima volta nel presente procedimento. Difatti, le assurdità commesse ai danni di quest'uomo sono numerose. Si parte da un arresto messo in atto all'interno dello Stato al termine di un interrogatorio fino a raggiungere le rogatorie, i rimproveri dei giudici londinesi e le assurdità che sappiamo. Abbiamo più volte ribadito come fu il Pontefice stesso a mettersi a trattare con Torzi. Addirittura i testimoni affermano che il Papa entrò nella trattativa proprio al fine di convincere, vista l'autorità morale, Torzi a desistere dalle sue richieste. Quindi se vogliamo parlare di estorsione, forse sarebbe il caso di valutare l'animus che muoveva Bergoglio in quel momento. E certamente se in quell'aula ci fossimo stati noi con Perlasca, Diddì avrebbe avuto ben poco da urlare che non era vero.
Detto questo, siamo rimasti sconcertati dall'ascoltare alcune affermazioni. La difesa di Torzi riferisce:
In particolare, il codex iuris canonici dedica un’intera sezione (libro VII, parte IV) al “processo penale”.
Il Capitolo I della citata sezione viene dedicato alla disciplina della cd. “
indagine previa”, ovverosia un’attività che l’Ordinario (il Vescovo diocesano) deve svolgere prima di decidere se appare opportuno, nell’interesse della Santa Sede, procedere ad una procedura giudiziale penale o meno.
In particolare, il canone 1717 c.i.c., al § 1, prevede che “…
ogniqualvolta l’Ordinario abbia notizia, almeno probabile, di un delitto, indaghi con prudenza, personalmente o tramite persona idonea, sui fatti, le circostanze e sull’imputabilita’, a meno che questa investigazione non sembri assolutamente superflua”.
All’esito di siffatta indagine,
ex canone 1718 c.i.c., “… qualora gli elementi raccolti sembrino bastare l’Ordinario decida:
- se si possa avviare il processo per infliggere la pena o dichiararla;
- se cio’, atteso il can. 1341, sia conveniente;
- se si debba ricorrere al processo giudiziario, oppure, a meno che la legge non lo vieti, si debba procedere con decreto extragiudiziale.”
Tale
iter processuale, tuttavia, non veniva seguito e, per i motivi che verranno rassegnati di seguito, questa difesa ritiene che ciò integri una nullità della citazione a giudizio e dell’intera attività di indagine.
Ancora una volta, in vero, i Promotori di Giustizia si attribuivano una facoltà della quale non erano titolari.
Come ormai pacifico nella dottrina canonistica, infatti, “…
l’unico vero titolare dell’azione penale [e’] il Vescovo diocesano” (Cfr. Joaquin Llobell, Giusto processo e “amministrativizzazione” della procedura penale canonica, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale).
Per la precisione, “…
il Vescovo diocesano ha la completa disponibilita’ dell’azione penale (che richiede un particolare fumus boni iuris emerso dall’indagine previa o dall’evidenza del delitto)” (Cfr. Joaquin Llobell, Giusto processo e “amministrativizzazione” della procedura penale canonica, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale).
Affermazioni gravi
Ci siamo a lungo pizzicati per svegliarci dal sogno ma purtroppo era realtà. Sono affermazioni gravi che rischiano di far perdere di credibilità. I legali di Torzi confondono in toto il processo penale canonico e il processo penale vaticano. È certamente vero che l'ordinamento giuridico vaticano riconosce nell'ordinamento canonico la prima fonte normativa e il primo criterio di riferimento interpretativo. Lo abbiamo ribadito dal primo momento e siamo felici che gli avvocati lo abbiano capito. Ma i due procedimenti sono chiaramente distinti. Sono i principi canonistici che debbono ispirare il processo vaticano ma il processo canonico resta quello canonico. Basti guardare la sentenza del professor Dalla Torre che parla dei due procedimenti (vaticano e canonico) nello Stato della Città del Vaticano in merito ad un ecclesiastico accusato di detenzione di materiale pedopornografico. Ne parla chiaramente Marco Felipe Perfetti qui.
Ma poi come si può solo lontanamente pensare che il titolare dell'azione penale, in Vaticano, possa essere il vescovo? A cosa servirebbero i Promotori di Giustizia? Dove sarebbero poi i reati, ai sensi della legge canonica, da perseguire?
Non vi e’ in atti, tuttavia, alcun provvedimento del Vescovo diocesano che veniva del tutto espropriato dai Promotori di Giustizia della propria prerogativa di essere il titolare dell’azione penale.
Il corretto iter procedimentale, infatti, avrebbe imposto che la notitia criminis fosse stata trasmessa “… al Vescovo diocesano [al quale], in quanto titolare della potestà esecutiva e dell’azione penale, spetta avviare l’indagine previa (cfr. Cc. 1717-1719) alla fine della quale dovrà decidere se archiviare la causa per mancanza di fumus boni iuris della notitia seu denuntiatio criminis … o, invece, “se si debba ricorrere al processo giudiziale, oppure, a meno che la legge non lo vieti, si debba procedere con decreto extragiudiziale (c. 1718 § 1, 3). Qualora sia adoperato il processo giudiziale, l’Ordinario del luogo dovra’ trasmettere gli atti dell’indagine al promotore di giustizia affinche’ presenti al giudice il libello di accusa”
Cfr. Damian G. Astigueta, “
L’investigazione previa”, in Andrea D’Auria – Claudio Papale (a cura di), I delitti riservati alla CDF; Francisco Javier Ramos, “La investigacion previa en el Codigo de Derecho Canonico (cc. 1717-1719, CIC)”, in Studi in onore di Antoni Stankiewicz; Anzelm Szuromi, “Le particolarita’ dell’indagine previa nel processo penale canonico” in Studi in onore di Antoni Stankiewicz.
Ma ve lo immaginate un provvedimento del vescovo di Roma che richiede una misura cautelare? Sarebbe scoppiato il finimondo. Già ora l'incompetenza regna sovrana, resta soltanto che vengano messe in testa queste cose a Pignatone e stiamo freschi. Non è sufficiente sfogliare un codice o dei libri ma bisogna anche conoscere la base dell'ordinamento. Se noi prendiamo un libro che parla dell'ordinamento finlandese e lo applichiamo all'Italia solo perchè c'è scritto "giudice" e "promotore di giustizia" o "azione penale", siamo lontani anni luce dalla competenza. Ma poi basterebbe veramente poco, quando abbiamo un problema dermatologico, alziamo il telefono e chiediamo una consulenza al dermatologo. Possibile che nella Repubblica Italiana ci sia ancora la convinzione del "so tutto io, faccio tutto io"? Cioè sono gli stessi legali di Torzi a citare i titoli di questi testi. Si parla di delicta reservata mica di reati dell'ordinamento vaticano. L'indagine previa non sono le indagini preliminari, è tutt'altra cosa.
Il codice deontologico forense della Repubblica Italiana recita:
L’avvocato deve svolgere la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando la qualità della prestazione professionale.
La qualità della prestazione può essere possibile solo e soltanto conoscendo l'ordinamento in cui si svolge attività all'estero e/o avvalendosi di validi collaboratori che possano consigliare e vagliare quanto scritto o detto. Non scherziamo, per favore.
Il procedimento penale oltre Tevere
Il processo penale è sacro. Questo lo hanno dimenticato in molti. Non è sacro perchè è in Vaticano ma è sacro sempre e ovunque. Questa sacralità oggi è completamente dimenticata perchè si scontra con la discussione in pubblica piazza, sui media che contribuiscono a darne una visione morale e che risente dell'assenza di tecnicismi. Anche l'avvocato in aula riveste un ruolo, il magistrato idem. Se l'avvocato non è decoroso, se il magistrato non conosce l'ordinamento, se tutto l'impianto traspare un gioco politico e di potere, quale sarà la percezione dell'imputato? Sarà legittimato a disconoscere quel procedimento. Già nella Repubblica Italiana questo avviene ogni giorno. Vogliamo questo modus operandi anche oltre Tevere? Oggi piacciono i processi di pancia, immediati, sentenze social emesse a suon di tweet. Provvedimenti che eliminano l'accusato, perchè la società non vuole farsi carico di queste persone.
Il caso Anatrella
Lo abbiamo visto anche con il caso di Tony Anatrella che in questi giorni è stato pubblicamente infamato perchè risulta fra i partecipanti al Simposio sul Sacerdozio che si è svolto in Vaticano. Si tratta di un presbitero francese che è accusato di aver molestato diversi suoi pazienti. Difatti, il sacerdote, avrebbe abusato di alcune persone durante le sedute psicologiche, visto che esercita come psicologo.
E qui nascono diverse riflessioni. In primo luogo è bene precisare che, grazie alle norme introdotte dal Cardinale Joseph Ratzinger, il sacerdote sta subendo un processo canonico (il quale non è ancora terminato) per le accuse che gli sono state rivolte. In questo momento il procedimento è innanzi alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Specifichiamo che è grazie al Cardinale Ratzinger perchè le tre accuse che sono state formulate contro il sacerdote, innanzi alla giustizia francese, non sono state esaminate perchè i presunti reati erano prescritti. Come abbiamo spiegato anche nei giorni scorsi, visti i numerosi attacchi a Benedetto XVI, nella Chiesa la prescrizione di questi reati è di VENTI ANNI. Nella maggior parte degli Stati la prescrizione è di DIECI anni. Detto questo, Anatrella è INNOCENTE, sino a che una sentenza di condanna non passerà in giudicato.
In secondo luogo. Questo sacerdote ha chiaramente dei problemi psicologici, addirittura è un promotore delle teorie di guarigione dall'omosessualità. Per fortuna queste pratiche di “conversione” oggi sono punite, in Francia, con una pena che va dai due ai tre anni di carcere e 30.000-45.000 euro di ammenda. Ma qui allora bisogna chiederci, come mai quest'uomo esercitava come psicoterapeuta nonostante queste sue idee idiote? Ricordiamoci che uno dei fedelissimi di Papa Francesco, il canossiano Amedeo Cencini, è anche lui convinto che dall'omosessualità si può guarire ed esercita come psicologo iscritto all'albo degli psicologi del Veneto. I giornalisti non hanno nulla da dire a riguardo? Prevenire non è meglio che curare?
In terzo luogo. Si rifletta su che cosa è la pena e sopratutto la pena canonica. La pena non è fine a se stessa, ma un mezzo, l'extrema ratio, che viene utilizzato per correggere la persona e ristabilire l’ordine violato. Tenendo sempre presente il Can. 1752 CJC: servata aequitate canonica et prae oculis habita salute animarum, quae in Ecclesia suprema semper lex esse debet. Pertanto, è sempre sbagliato auspicare che queste persone spariscano dalla faccia della terra ma, se le condotte sono provate, è dovere della Chiesa favorire un percorso psichiatrico che li porti a guarire da queste malattie. Il disturbo pedofilico, non lo vogliamo capire ma è una malattia! I malati non si portano in carcere ma si curano! Ciò significa che li si mette in strutture idonee e da li non escono fino a che non hanno terminato il loro percorso.
Infine, sembra che al sacerdote sia stata inflitta una pena!? (Can. 1332 CJC) o un provvedimento cautelare?! ( Can. 1722 CJC) che gli chiede di non partecipare ad eventi pubblici. Qui ovviamente bisogna tenerlo in considerazione e, se così fosse, lo stesso dovrebbe essere richiamato dal suo ordinario. Allo stesso tempo deve essere chiaro che la capacità coercitiva dell'ordinamento canonico è particolarmente debole e quindi non si può pensare che si vada ad intervenire impedendo la partecipazione ad un Convegno. Come sapientemente ha risposto l'Em.mo Sig. Cardinale Ouellet, l'ente organizzatore non poteva sapere nè chi fosse e difficilmente gli avrebbe potuto impedire la partecipazione visto che è un evento a cui tutti potevano iscriversi. Questo, nonostante si svolga in Vaticano, proprio perchè come si diceva sopra sono due ordinamenti differenti. È però indecoroso vedere canonisti che si scaglino contro questi soggetti adducendo che "la sua presenza è inopportuna e ad ogni modo ferisce nuovamente le vittime”. Questi avvocati dovrebbero sapere quanto abbiamo detto qui sopra ed evitare lo show giornalistico. Se ci prestiamo a questi tritacarne è la fine. La competenza di questi giornalisti è chiara a tutti. Addirittura i giornalisti di Askanews che vanno a confondere la Segnatura Apostolica con la Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano. Vogliamo davvero trasformare il processo in uno show di questa bassezza e ignoranza?
In conclusione
Fatta questa parentesi sul caso Anatrella, torniamo sul processo vaticano e auspichiamo che il procedimento venga trattato con più serietà. Per fortuna abbiamo ascoltato numerose eccezioni che colgono il punto e vanno a scardinare la vergognosa attività dell'Ufficio del Promotore di Giustizia ma non è possibile sentire assurdità come quella del vescovo-magistrato vaticano. Già abbiamo vescovi che vorrebbero mettere le telecamere nelle case canoniche dei loro preti e nei seminari, ci manca solo che gli diamo questa speranza.
Gli avvocati non sono né giocolieri da circo, né conferenzieri da salotto: la giustizia è una cosa seria.
Piero Calamandrei
F.P.
Silere non possum