Si tratta degli unici, in tutta la storia dello Stato della Città del Vaticano, rescripta SEGRETI. Ovvero, mai pubblicati né nel sito ufficiale della Santa Sede o dello Stato né negli Acta Apostolicae Sedis. Domandiamoci il perchè.
Con questi atti d'imperio il Pontefice affida dei poteri ai magistrati che né lui né la Commissione per lo Stato della Città del Vaticano ha mai previsto con legge ordinaria. Eppure le raccomandazioni sono state molteplici negli anni in materia di danaro.
La mancanza del principio di legalità in questi atti è palese. Si autorizza un modo di procedere che però non è quello previsto, normalmente, dalla legge. Tale principio è fondamentale. Si tratta di un principio di civiltà giuridica, che garantisce la tutela dell'affidamento che i cittadini ripongono nella riconducibilità delle proprie azioni e dei rapporti giuridici che li vedono coinvolti ad una norma vigente e quindi conoscibile nel momento in cui tali azioni e rapporti hanno luogo.
Bisogna poi precisare che l'art. 238 c.p.p. prevede:
"Il giudice [istruttore] può ordinare negli uffici postali e telegrafici il sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi, o di altra corrispondenza, che abbia ragione di credere spediti dall'imputato, o a lui diretti anche sotto nome diverso, o comunque attinenti al reato.
Per procedere al sequestro può delegare ufficiali o agenti di polizia giudiziaria; ma l'apertura delle corrispondenze sequestrate non può essere operata che dal giudice.
Il giudice può accedere agli uffici telefonici per intercettare o impedire comunicazioni, o assumerne cognizione."
Non si ravvede, in quanto scritto dal Pontefice, una autorizzazione fornita ai promotori di giustizia, pertanto sorgono ulteriori perplessità sull'operato di questi soggetti a digiuno di diritto canonico.
G.M.
Silere non possum