Città del Vaticano - Mercoledì 23 aprile 2025, nella Cappella della Domus Sanctae Marthae, si è svolta la seconda stazione del Rito delle Esequie. Un momento carico di spiritualità che ci offre anche l’occasione di considerare dinamiche all’interno del Sacro Collegio che stanno rapidamente prendendo forma.
Il rito è stato presieduto dal Cardinale Camerlengo e al suo fianco era presente il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. Nelle prime file erano presenti il Decano e il sotto-Decano. Alcuni gesti da parte del Cardinale Giovanni Battista Re nei confronti del Cardinale Pietro Parolin, il quale presiederà il Conclave, non sono passati inosservati. Il porporato bresciano ha più volte tenuto da parte l’ex Segretario di Stato facendo capire chiaramente di volerlo tenere in considerazione e metterlo in risalto già fuori dalla Cappella Sistina.
I° Stazione: constatazione della morte e deposizione nella bara
Già nella prima stazione del Rito delle Esequie, che si è svolta lunedì sera, il cardinale Parolin si è presentato nella Cappella nonostante non fosse stato convocato dal Maestro nella Notificazione in quanto la sua presenza non è prevista dal Rito.
La comunicazione correttamente convocava: “l’Eminentissimo Decano del Collegio Cardinalizio, i familiari del Romano Pontefice, il Direttore e il Vice Direttore della Direzione di Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano”.
Avendo, però, Papa Francesco eliminato la Camera Apostolica con Praedicate Evangelium, nella Cappella della Domus rischiava di non esserci nessuno e il Cardinale Kevin Joseph Farrel si ritrova a presiedere uno dei momenti più delicati della vita della Chiesa nonostante i suoi noti problemi con l’alcool e le accuse (assolutamente fondate) mossegli contro, da più parti in questi anni, in merito alla sua vicinanza con Theodore Edgar McCarrick. Papa Francesco lo ha sempre protetto e lo ha messo a capo di numerosi organismi cruciali oltre alla carica di Camerlengo.
Per questo il Segretario di Stato emerito e il Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato si sono presentati alle porte di Santa Marta lunedì sera e sono rimasti al fianco del Cardinale Decano, il primo, e del Segretario del Sacro Collegio, il secondo.
II° Stazione: traslazione della salma nella Basilica Vaticana
Tra gli zucchetti purpurei si è notata la presenza di alcuni che mostrano con sempre maggiore chiarezza la loro intenzione di incidere sull’andamento del prossimo Conclave. Già nelle Congregazioni generali di martedì, ad esempio, si è fatto notare il cardinale Angelo Bagnasco. Nonostante non sia più elettore, da mesi si aggira per Roma, tra le sue sartorie di fiducia da dove elargisce chiacchiere e commenti, per sostenere la candidatura del suo uomo: Peter Erdő. Il cardinale ungherese, già presente oggi, ritiene di poter ottenere un ruolo di primo piano nella scelta del futuro Papa. Eppure, la lezione del passato sembra dimenticata. Bagnasco, Piacenza e altri protagonisti della vecchia (vecchissima, ormai) guardia continuano a muoversi secondo dinamiche che hanno già fatto molti danni alla Chiesa, contribuendo al logoramento del pontificato di Benedetto XVI. È evidente che non hanno ancora compreso quanto poco bisogno abbia oggi la Chiesa di intrighi come i loro che sono stati i primi traditori di Joseph Ratzinger.

L’insofferenza del Sacro Collegio
Intanto, qualcosa sembra muoversi anche sul piano simbolico. A conferma di quanto si sottolinea da anni su queste pagine in merito al fatto che molti porporati di nomina Bergogliana non fossero entusiasti del regnante. Dopo anni di abbigliamento liturgico ridotto all’essenziale, tornano a farsi vedere paramenti dignitosi, decorati con sobrietà ma anche con una cura ormai dimenticata. Questa mattina, il cardinale Kevin Farrell, Camerlengo di Santa Romana Chiesa, indossava un piviale decoroso, segno di un cambiamento che si auspica vivamente all’interno e all’esterno delle mura leonine. È da dodici anni, in effetti, che non si vedeva nulla del genere. Inoltre, lunedì sembra che i cardinali si siano riversati nei sotterranei per recuperare le chiavi delle casseforti e hanno tirato fuori le croci pettorali d’oro, che erano state messe nel cellofan dodici anni fa.
Anche i segretari del Papa oggi sono riusciti a trovare una talare da indossare, nonostante la ferma volontà di non usarla in tutti questi anni.
Il rito: curiosità e riflessioni
La celebrazione è stata segnata dalla presenza del collegio dei Penitenzieri, composto dai frati minori conventuali, che ha accompagnato la salma del Papa. Tutta la processione con il clero ha preceduto la salma, alla quale hanno fatto seguito i fedeli. Nei mesi scorsi, la stampa aveva accolto il nuovo Rito delle Esequie con il consueto entusiasmo ipocrita e retorico che accompagnava ogni scelta di Papa Francesco. Eppure, oggi possiamo constatare che nulla è realmente cambiato nella sostanza. “Cambiare tutto per non cambiare nulla”, dice qualcuno.
C’è chi ha parlato, nelle ultime ore, dell’“assenza del catafalco” come di un “segno di semplicità”. In realtà, la scelta non aggiunge né toglie nulla di sostanziale. Al contrario, sembra che un gesto che avrebbe potuto permettere ai fedeli di sentirsi più vicini al Papa e di vederlo meglio per l’ultima volta sia stato scientemente evitato. Una scelta in linea con l’approccio che Francesco ha sempre avuto riguardo alla propria salute: silenzio, riserbo assoluto, nessuna comunicazione. Probabilmente sapeva che la morte sarebbe stato uno dei pochi momenti che non avrebbe potuto gestire fino in fondo. Così ha scelto di limitare anche quello, proteggendo la sua immagine fino all’ultimo: meglio una bara che il catafalco, contro lo sguardo curioso. Anche la traslazione è avvenuta secondo lo stesso schema. Che il Papa sia nella bara o sul catafalco, poco cambia. La bara, tra l’altro, era chiaramente aperta: eppure la stampa ha parlato di un funerale “come quello di ogni comune mortale”. Non ci risulta, però, che per i funerali della gente comune si organizzi una processione con la bara aperta. E questo la dice lunga sulla vacuità di certe affermazioni. Parole vuote, funzionali a un racconto già scritto e con un chiaro intento: descrivere il Papa buono, vittima della Chiesa cattiva.
Per evitare che i fedeli non vedessero neppure il volto del Papa, infatti, è stata fatta la scelta di non mettere la bara su un supporto, come nella cappella della Domus, ma si è scelto di metterla su un tappeto in terra.
Croci pettorali d’oro che rispuntano come funghi, paramenti decorosi spolverati e tirati fuori dai cassetti…Questi gesti, tutt’altro che marginali, mostrano una insofferenza che è andata crescendo in questi anni nei confronti di un un pontificato che si è rivelato, per molti, eccessivamente ideologico. Papa Francesco ha spesso speso ingenti somme per acquistare nuovi paramenti in nome della sobrietà, ignorando quelli già presenti, accusati di essere “fastosi” solo da una stampa ignorante e analfabeta. Un paradosso che ha segnato questi dodici anni: si è predicata la povertà, ma si sono spesi milioni per cambiare i contenitori, senza mai toccare davvero il contenuto. In quelle strutture dove si rubava, sono semplicemente stati cambiati i ladri.
La Guardia Svizzera Pontificia: fedele a Pietro sempre
Ad accompagnare e scortare la salma del Pontefice defunto c’era la Guardia Svizzera Pontificia, un corpo fedelissimo al Papa che, negli ultimi anni, ha dovuto subire le umiliazioni più dolorose. Di questo parleremo presto in un approfondimento dedicato. La loro presenza non è solo una formalità rituale o un atto di protocollo: è il segno visibile di come si è sempre mossa la vera Chiesa. Non come fanno certi “cristiani atei” di oggi, pronti a proclamare “io amo Papa Francesco” ma poi, alla sua morte, a tornare ad odiare la figura del Successore di Pietro. La Chiesa autentica è quella che ama il proprio pastore anche quando questo amore costa fatica, anche quando quel pastore è causa di profondo turbamento e umiliazione. Lo può criticare, certo, ma lo onora, lo accompagna e gli resta accanto anche quando le sue scelte si oppongono alla volontà di Dio. Oggi, la Guardia Svizzera Pontificia ha compiuto un gesto silenzioso, come compie tutto il suo servizio, ma potente: ha accompagnato il Papa anche in questo passaggio decisivo della sua vita — e della vita della Chiesa.
Questo pomeriggio alle 17 i porporati presenti in Urbe, i quali stanno aumentando sempre più, saranno chiamati alla Seconda Congregazione Generale preparatoria e, fra le altre cose, dovranno decidere chi saranno i cardinali predicatori "di specchiata dottrina, saggezza ed autorevolezza morale" a cui affidare il compito di dettare due ponderate meditazioni circa i problemi della Chiesa e dovranno anche "stabilire il giorno e l'ora in cui dovrà essere loro rivolta la prima di dette meditazioni" come prevede UDG al punto 13.
d.A.W.
Silere non possum