Read Pharmakon's article on priestly life and friendship.
Proponiamo ai nostri lettori un articolo sull’amicizia e la vita sacerdotale che è stato pubblicato sulla nostra Rubrica Pharmakon il 27 marzo 2023. Si tratta di un tema particolarmente importante, che apre la riflessione su un tema ancor più prezioso che è quello della relazione. È fondamentale per il sacerdote poter vivere le proprie relazioni con spontaneità, trasparenza e senza alcuna paura. Tale maturità renderà il sacerdote più felice e, di conseguenza, più consapevole.
Per poter ricevere questi articoli riservati agli abbonati, iscriviti a Pharmakon, la rubrica sulla formazione sacerdotale.
Iscriviti ora
«Un amico vuol bene sempre, è nato per essere un fratello nella sventura» (Pro 17,17).
L’amicizia è una delle più belle espressioni della vocazione all’amore, è scegliere di mettere al centro il bene dell’altro e condividere con lui il pane di una quotidianità segnata da gioie e dolori. Come può l’amicizia non essere una schola amoris per un consacrato?
Purtroppo il classico atteggiamento di mettere in allerta sulle “amicizie particolari”,nella formazione al sacerdozio e alla vita religiosa – non solo in passato ma in alcuni contesti anche oggi –, tende a sfigurare il volto dell’amicizia, confondendola con forme di immaturità relazionali (dipendenza, strumentalizzazione dell’altro), mettendo in ombra l’autentico significato dell’amicizia e il suo influsso positivo sulla formazione dei consacrati.
Fin dalle origini, troviamo diversi esempi di amicizia nel cuore del cristianesimo: Gesù e gli amici di Betania; Paolo, Aquila e Priscilla; Basilio e Gregorio Nazianzeno; Francesco e Chiara… Esperienze che rivelano la fecondità delle relazioni, la crescita umana e spirituale degli amici in Dio.
Lo stile relazionale del consacrato non solo richiede la rinuncia dell’esercizio della genitalità, propria del celibe, richiede anche – e soprattutto! – la capacità di vivere e coltivare relazioni profonde, vere e belle. Questa capacità scopre nell’amicizia un efficace spazio di allenamento, in cui vicinanza, attrazione, empatia, reciprocità e affetto avvertono le sfide dell’amore.
Due sono gli atteggiamenti da evitare nei confronti della relazione amicale: l’annullamento dell’affettività (come se fosse possibile!) e la superficialità relazionale (i cosiddetti “legami virtuali”).
Naturalmente l’amicizia nasce da una attrazione spontanea innegabile. Tuttavia è chiamata ad andare oltre, a compiere un ulteriore passaggio. Una vera amicizia comprende l’equilibrio tra autonomia (differenziazione) e dipendenza (bisogno dell’altro). Emerge l’importanza e il valore della solitudine, in essa si misura il grado di maturità di un rapporto di amicizia. La solitudine resta in mezzo agli amici. La relazione non è un luogo di fuga dal sentirsi soli ma è un’esperienza che illumina l’essere soli e permette di assaporare il gusto e la gioia dell’amicizia nel silenzio di se stessi. Vi è, dunque, al cuore dell’esperienza amicale, una necessaria tensione tra presenza e assenza. I tempi dell’amicizia devono trascorrere dalla vicinanza alla lontananza, dallo stare con l’amico allo stare in solitudine. Non è sano essere invadenti o soffocanti nella relazione, occorre imparare a gestire i tempi di frequentazione ed apprezzare la presenza dell’altro. Per questo è fondamentale conoscere la lotta tra il bisogno di amare e quello di essere amati, una lotta che ci abita. Non si può fare a meno di questa tensione ed escluderla (anche inconsapevolmente), annullerebbe l’equilibrio base della relazione e spingerebbe verso l’egoismo e la superficialità. Siamo davanti, quindi, ad un’arte che va imparata gradualmente (senza escludere errori nel processo!).

Tra gli elementi essenziali per la crescita di un’autentica relazione di amicizia nella vita consacrata troviamo: il rispetto e il riconoscimento dell’altro, una sana autonomia, un fine condiviso, «il desiderio di donare all’altro qualcosa della propria ricchezza e di incrementare meglio la vocazione propria e dell’amico» (S. Corrado, Amico di Dio e del mio amico, 277), un’intima relazione con Dio e il desiderio di offrire se stesso. In questo senso, è importante creare rapporti di amicizia con altri consacrati, sacerdoti e/o religiosi, – con i quali poter condividere e sviluppare l’ideale vocazionale – e scoprire in essi non una fuga all’esperienza frustrante dell’offerta di sé – segno di una mancata integrazione vocazionale –, ma un modo di vivere la bellezza di questo dono. L’amicizia, nel processo di formazione continua – nella vita del sacerdote/religioso – ,apre, dilata, allarga il cuore degli amici, per fare spazio all’altro, per imparare ad amare.
Infine, elemento centrale delle amicizie di un consacrato è la presenza di Dio. Egli non toglie importanza alla relazione umana, anzi, fa nascere in essa i frutti dello Spirito Santo (pace, gioia, pazienza, benevolenza, fedeltà, ecc.), rendendo sensibile il suo amore. L’amicizia è mediazione che rivela questa Presenza ma, al tempo stesso, non esaurisce il mistero dell’amore di Dio.
Che cos’è dunque l’amicizia e cosa rappresenta per un consacrato?
È luogo e stimolo di crescita nella propria vocazione, in cui il volere sinceramente il bene dell’altro apre il cuore dell’uomo alla pienezza dell’amore di Dio. «Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro» (Sir 6,14). E il Signore ci dice: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13).
P.R.
Silere non possum - Pharmakon -